Cultura

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Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.

Immagine liberamente tratta da pixabay.com

Dopo Star Wars: Il Risveglio della Forza (senza spoiler)

La Disney ha in mano anche Marvel e Star Wars. Nelle catene dei multisala e all’interno del sistema pubblicitario la promozione di Guerre Stellari è stata impressionante, a rappresentare la quantità di risorse che è stata investita in questo rilancio della saga.

Nel segno di Joy Division e New Order: Peter Hook in concerto
live report del concerto di Poter Hook & The Lights al Viper di Firenze del 10 Dicembre

A ricreare l'atmosfera della Manchester che fu, ci pensa la proiezione dell'eccentrico film semi-documentaristico "24 Hour Party People", proiettato prima del concerto su una parete del Viper. Ma, in una sala gremita e molto eterogenea anagraficamente, tutti aspettano lui, Peter Hook, lo storico bassista dei Joy Division e new Order che con il supporto dei The Lights è venuto per suonare i pezzi storici dei due gruppi simbolo della scena new wave, ancora oggi fra i più influenti nell'ambito della musica rock alternativa.

Tutti si aspettavano qualcosa di più di una semplice serata tributo e per fortuna così è stato. I molto bravi Lights accompagnano magistralmente un Peter Hook che ha il grande pregio di rileggere i brani dei due gruppi e offrirne una versione personale. In diversi frangenti, Hooky si permette il lusso di fare ciò che non è mai stato, ovvero la rockstar, mettendosi sul bordo del parco in pose plastiche a eseguire dei riff di basso di buon impatto, lui che ha influenzato intere generazioni di musicisti col suo basso pulsante e ossessivo. Anche i pezzi, sono generalmente interpretati con una maggiore predisposizione rockettara, oltre che con un più moderno piglio elettronico per quanto riguarda i pezzi dei Joy Division, pur senza snaturarli.

Hook e i Lights iniziano la loro lunga maratona musicale (complessivamente, il concerto è durato circa due ore e mezzo) proponendo prima alcuni brani dei New Order. Già in questa prima fase emerge la nota stonata della serata, ovvero la voce di Hooky, poco brillante, e che sembra non riuscire a raggiungere certe tonalità. Rispetto a Bernard Sumner, cantante dei New Order (che hanno di recente prodotto un nuovo album ma senza Peter), Hook appare un dilettante, ma il trasporto di gioielli come "Dreams Never End" e "Ceremony", copre gli scarabocchi vocali di altri pezzi in cui non riesce a essere altrettanto incisivo ("Temptation", "Age of Consent"). Peccato per la mancanza nella scaletta di un classico come "Blue Monday" che i nostri avevano già portato su altri palchi.

Meglio il lungo set, a sua volta diviso in tre parti, in cui vengono proposti in maniera sistematica e quasi filologica tutti i pezzi dei Joy Division presenti nel loro due album ufficiali, i seminali Unknown Pleasures (1979) e Closer (1980), più alcuni dei loro fulminanti singoli. Anche qui, però, con le dovute differenze. Su Closer, che Peter Hook & The Lights hanno cominciato a portare in tour solo da pochi mesi, si percepiscono ancora piuttosto nettamente le indecisioni vocali di Hook alle prese con del materiale poco rodato dalla band, la quale comunque restituisce in maniera più che discreta la disperata grandezza monumentale e decadente del disco, con lo stesso Hooky che dà il meglio di sé quando si tratta di fornire una interpretazione personale nelle rarefatte ed atmosferiche gemme conclusive di "The Eternal" e "Decades".

Il meglio del concerto si ha però nel finale, quando Hook e i Lights si scatenano sulle note dell'inossidabile capolavoro Unknown Pleasures. Qua, la voce baritonale di Peter riesce a non far rimpiangere (troppo) Ian Curtis, mostrando una maggiore scioltezza e disinvoltura, mentre dietro i Light sono bravissimi a ricostruire le impalcature oscure, nervose, ansiogene delle varie "Shadowplay", "She's Lost Control" o "Disorder". Il pubblico, risponde con grande trasporto emotivo, e si scatena negli atti conclusivi dove, nel tripudio generale, vengono proposte in sequenza "Digital", "Transmission" e l'immancabile "Love Will Tear Us Apart".

Nonostante il prezzo più che abbordabile, Peter Hook & The Lights non si risparmiano. Benissimo la parte strumentale, con il basso di Hook in grande evidenza e i Lights in forma strepitosa. Così e così invece la voce di Hooky che però a modo suo e con mestiere si difende, lui che comincia ad avere una certa età e un cantante professionista non è mai stato. Viene così rafforzata la legittimità di questa ibrida operazione a metà fra il revival e il tributo che intrattiene senza troppe presunzioni e senza far torti a nessuno. Difficile aspettarsi di più.

Steven Spielberg e il ruolo del dialogo nella storia

Signori e signore, preparate i calici. Il vero Steven Spielberg è tornato. Decisamente. Se ci sono due generi in cui eccelle, sicuramente ci sono i film d'intrattenimento per famiglie e il filmone storico tratto da storie vere. Ed ecco quindi, per la prima categoria, che a settembre 2016 (in Italia) tornerà a divertire grandi e piccoli con il "Gigante Gentile", tratto da Roal Dahl. Il prossimo 16 dicembre invece uscirà, per la seconda categoria, "Il ponte delle spie". Oggi ve ne parlerò, in anteprima.

Lunedì, 14 Dicembre 2015 00:00

Lectio magistralis: Fare e disfare il genere #2

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Entra allora in scena un altro medico, Milton Diamond, un noto endocrinologo che sostiene invece una tesi opposta a quella di Money, vale a dire la tesi essenzialista: secondo tale teoria, la natura dell’identità di genere non è affatto neutra o frutto di una genesi sociale e culturale, bensì è ormonale, genetica. Se alla nascita vi è la presenza genetica del cromosoma Y, anche in assenza del pene e anche in seno a un’educazione “femminile”, resta inevitabilmente la presenza di un istinto sessuale maschile, di preferenze e desideri da maschio, perché il cromosoma Y “agisce implicitamente nella strutturazione del senso e dell’autoconsapevolezza di persona sessuata” (Fare e disfare il genere). Questa presenza originaria del cromosoma maschile prescinde dunque, per Diamond, dal fatto che l’organo sessuale ci sia o non ci sia, perché quella mascolinità genetica resta, anche laddove non appare. Brenda trova allora in questa idea un sostegno e una speranza di poter diventare il maschio che sente di essere e assume il nome di David. Così si affida nelle mani dell’endocrinologo e a 14 anni decide di farsi somministrare il testosterone e di farsi asportare i seni. A 15-16 anni a Reimer viene dunque implementato un “fallo” (Diamond usa proprio tale termine nei suoi appunti) che si avvicina solo in parte alle normali funzioni e quindi di conseguenza solo in maniera ambivalente permette a David di accedere alla norma: David non è in grado di eiaculare, benché provi un certo piacere, e urina dalla radice del pene. Anche in quest’altro sviluppo della vicenda di David si assiste però, di nuovo, a una strumentalizzazione del suo caso per dimostrare una tesi che si sostiene: anche Diamond si serve perciò di Reimer per capovolgere la tesi del costruttivismo di genere attraverso la nozione di un nucleo costitutivo del genere, legato inestricabilmente all’anatomia natale e al determinismo biologico.

Sabato, 12 Dicembre 2015 00:00

Lectio magistralis: Fare e disfare il genere

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Una lezione davvero interessante quella tenutasi giovedì 3 dicembre, durante il corso di filosofia politica a scienze politiche presso il Polo Universitario di Novoli. La docente del corso, la professoressa Brunella Casilini ha voluto fare un regalo ai suoi studenti (e a tutti coloro, colleghi, laureandi, studenti di altre facoltà che hanno assistito alla lectio magistralis) invitando ad approfondire uno dei testi in programma, “Fare e disfare il genere”, di Judith Butler con Federico Zappino, studioso di filosofia politica e uno dei massimi esperti del pensiero della filosofa statunitense, nonché traduttore e curatore della recente nuova edizione (Mimesis) del succitato testo, oltre ad aver tradotto e curato anche “La vita psichica del potere” (anch’esso edito da Mimesis) e aver pubblicato, insieme a Lorenzo Coccoli e Marco Tabacchini “Genealogie del presente. Lessico politico per tempi interessanti.”(Mimesis, 2014)

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