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Capo Colonna: quando la storia nuota nel cemento.
Nella martoriata Calabria, terra di bellezze storico-paesaggistiche inestimabile, s’inserisce una nuova storia, forse tra le più brutte degli ultimi anni. Questa terra, abbandonata alla n’drangheta e a poteri esclusivamente lobbystici, subisce una nuova ferita inferta proprio in uno dei suoi luoghi simbolo; Capo Colonna nei pressi di Crotone. Il nuovo scempio vedrà la realizzazione di un grande parcheggio in prossimità dell’importantissima area archeologica di Capo Colonna. No non siamo in un film di Antonio albanese con protagonista il suo rinomato e avvezzo alla delinquenza personaggio, Cetto La Qualunque. Siamo nella Calabria del 2015, terra che evidentemente ha smesso di credere che la spinta per la rinascita provenga da ciò che la natura e la storia hanno lasciato in eredità.
Mi davo alla depravazione solitariamente io, di notte, di nascosto, pavidamente, sudiciamente, con una vergogna che non mi lasciava nei momenti piú ripugnanti e che anzi in quei momenti giungeva fino alla maledizione. Già allora portavo nell'anima mia il sottosuolo. Avevo una tremenda paura che in qualche modo mi vedessero, m'incontrassero, mi riconoscessero. E giravo per vari luoghi molto oscuri.
(da “Memorie del sottosuolo” di F.Dostoevskij)
Sono solo 154 pagine ma raramente tanta saggezza fu racchiusa in uno spazio così limitato. Parlo di “Se Venezia muore” (Einaudi, Euro 11) di Salvatore Settis, che il 9 dicembre è stato presentato a Venezia in un Palazzo Franchetti incapace di contenere gli uditori convenuti numerosissimi. Tre sono le cose che mi hanno colpito di più in questa breve ma densissima opera.
Un vero e proprio evento, un avvenimento unico e memorabile per chiunque riuscirà ad assistervi: il Die Soldaten in queste settimane in scena alla Scala entra da protagonista nell’offerta culturale italiana odierna.
Nonostante l’opera, in coproduzione col prestigioso Festival di Salisburgo (è stato proprio il sovrintendente Pereira a curare il sodalizio tra la città austriaca e Milano), sia già andata in scena a Salisburgo nel 2012, l’allestimento scaligero ha un sapore di unicità. Innanzitutto è la seconda volta in assoluto che Die Soldaten viene rappresentata in Italia, per la prima volta al Piermarini. E poi, la diversità tra il palcoscenico e gli spazi in generale della Scala, campione dei cosiddetti “teatri all’italiana”, e il Teatro Felsenreitschule, la vecchia Cavallerizza dell’Arcivescovado di Salisburgo, ha imposto al regista Hermanis grosse e significative modifiche nell’impianto complessivo della messa in scena. Lo spettacolo che ha debuttato alla Scala il 17 gennaio è, quindi, senza dubbio nuovo.
Ancora una volta il cinema italiano mostra la sua carenza principale: la mancanza di scrittori. Se leggete i nomi degli sceneggiatori dei titoli di coda, vedrete che sono circa 10 che fluttano insieme ai soliti attori, registi, produttori e distributori (in primis Rai Cinema e Medusa). Questo succede da anni e i risultati sono sotto gli occhi di tutto.
Sicilia araba: quando l’integrazione era un fattore sociale.
Il gran parlare di questi tristi giorni, disegnati dal sangue sparso di vittime innocenti sull’altare dell’odio e dell’intolleranza rimanda l’attenzione di tutti e di tutte su questioni che non possono passare in secondo piano se pensiamo e vogliamo anzi pretendiamo una società migliore.
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