Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.
Immagine liberamente tratta da pixabay.com
Guardate, fratelli miei, la primavera è arrivata;
la terra ha ricevuto l'abbraccio del sole
e noi vedremo presto i risultati di questo amore!
Ogni seme si è svegliato.
E così anche tutta la vita animale.
E grazie a questo potere che noi esistiamo.
Noi perciò dobbiamo concedere ai nostri vicini,
anche ai nostri vicini animali,
il nostro stesso diritto di abitare questa terra.
(Tatanka Iyothanka, Toro Sefuto, popolo Sioux)
Tra le iniziative della mostra Wo Lakota, organizzata dall’Associazione culturale Wambly-Gleska (Aquila Chiazzata) e presentata da Sergio Susani e Alessandro Martire Pelnty, direttore dell’Associazione, e inaugurata il 6 ottobre a Palazzo Medici Riccardi, mercoledì 8 ve ne è stata una molto particolare e suggestiva, innanzitutto per il contesto e l’ambientazione.
Nell’olimpo dei grandi poeti della musica popolare nordamericana insieme a Bob Dylan e Neil Young, Leonard Cohen ha rappresentato il lato più esistenzialista ed introspettivo della grande tradizione cantautorale. Laddove in Dylan il conflitto è fra un popolo di ultimi e reietti contro una società spietata ed emarginante e in Young fra la compagna, simbolo di pace e armonia, e l’urbanizzazione modernista espansionistica e crudele, in Cohen il conflitto è tutto interiore all’essere umano, ai suoi turbamenti religiosi e morali, alle sue contraddizioni e paure, alle sue pulsioni, ai suoi desideri, alle scelte sbagliate e ai rimorsi come ai ricordi felici e agli incontri inaspettati.
Il nuovo Popular Problems esprime al meglio la filosofia coheniana e vive delle immagini prodotte dalle sue parole, un microcosmo di dolori, gioie, speranze, delusioni. Tutti stati d’animo personali che in Cohen acquistano però sempre una dimensione collettiva, finendo per esprimere in fondo quelli che sono i problemi che condividiamo e ci accomunano con tutti gli altri. La grandezza di Cohen sta proprio nell’universalizzare in questioni metafisiche e morali, situazioni individuali.
Italia, 1973, di Ansano Giannarelli, drammatico
Ai nostri giorni l’importante tradizione italiana di cinema rivoluzionario vive un momento di crisi, dopo aver dato luogo a una consistente stratificazione di opere cinematografiche capaci di coniugare l’alta qualità artistica, lo sperimentalismo tecnico, l’aspirazione a parlare alle (e dialogare con le) masse popolari, fare del cinema, in quanto elemento di costruzione e di possibile decostruzione ideologica, non più solo uno strumento di dominio della classe borghese subordinato a una logica di profitto, ma uno strumento di elaborazione e di autoemancipazione della classe lavoratrice.
Articolo scritto da Chiara Del Corona e Lorenzo Palandri
Nell’ambito delle giornate dedicate alla Nazione Lakota, il 9 ottobre si è tenuta a Palazzo Medici Riccardi la conferenza dal titolo “Per un'Autostoria dei Primi Americani attraverso l’arte e la musica” presentata dalla Professoressa Naila Clerici che oltre ad insegnare Storia delle popolazioni indigeni persso L’università di Genova è anche presidente dell’associazione culturale, onlus, Soconas Incomindios, che riunisce coloro che ha il fine di promuovere in Italia la conoscenza delle culture, della storia e delle problematiche attuali dei nativi americani e favorire “la comprensione di un diverso lontano per capire meglio la nostra realtà e le dinamiche della comunicazione interculturale”.
La professoressa ha esordito sottolineando il termine auto storia coniato da un indiano Sioux canadese col quale si intende un diverso modo di raccontare la storia seguendo il punto di vista dei nativi stessi. I quali pur non avendo lasciato narrazioni scritte ci comunicano le proprie tradizioni e vicende storiche attraverso musica e arte. Proprio da queste inizia l’esposizione della Professoressa, che attraverso una raccolta di immagini figurativi ci ha portato all’interno del loro mondo così ricco e affascinante.
Un eroe dall’identità confusa e senza passato, come insegna la trilogia del dollaro di Leone. Un cattivo stereotipato che ricalca lo stile del Kevin Spacey di House of Cards. La caratterizzazione del vendicatore sullo stile cinematografico della Marvel e alcuni richiami espliciti a recenti film di successo (il più evidente è lo Sherlock Holmes di Robert Downey Jr.). Una parte della critica ha contestato la superficialità della sceneggiatura, quando in realtà in campo c’è una storia semplice e diretta, che esplora senza timore le vie della vendetta. La violenza degli omicidi, il sangue che scorre lungo tutta la pellicola, l’autocompiacimento dei dialoghi e l’uso perfetto della colonna sonora (di discutibile gusto, ma comunque ben utilizzata): aspetti che si possono apprezzare oppure trovare irritanti, a prescindere da come si sviluppano. Il livello qualitativo è ovviamente inferiore ai film in cui si è scolpito il mito di Clint Eastwood, ma sono poche le pellicole derivative in cui i registi riescono a gestire tanti elementi in modo efficace.
Tutti dietro ad una palla. 22 uomini intorno ad un campo in erba. Spesso parliamo di questo sport solamente perché è l’argomento principe in Italia, nel bene e nel male. Ma una buona fetta di seguaci segue il calcio per passione, quasi con adorazione. Anche nel mondo dei videogiochi questa passione viene ricreata e, grazie alle ultime innovazioni, con ogni minimo dettaglio possibile. Come dimenticare, per esempio, il proliferare di tanti videogiochi anni 90 sul calcio: Virtua Soccer, This is Football, Winning Eleven, Fifa. Alcuni di questi presenti nelle sale giochi. La mia memoria mi riporta addirittura ad un cabinato con tanto di pallone da calciare. Ma
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