Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.
Immagine liberamente tratta da pixabay.com
Alle 15 iniziano ad entrare i primi di quei 30/40 mila che alzeranno la polvere dell’ippodromo delle Capannelle. Gli stand sono abbastanza numerosi e permettono di non precipitarsi sotto al sole, ma che senso avrebbe accamparsi davanti ai cancelli o comunque arrivare ore prima se non per conquistarsi uno spazio per scorgere qualcosa che non siano soli gli schermi e il video in diretta?
Due ore dopo, intorno alle 17, appare un uomo con testa di gufo. La voce dei Kvelertak prova da accendere gli animi, senza però entusiasmare eccessivamente. Tra il cantato in norvegese e una qualità audio non eccellente, si può solo apprezzare una mezz’ora di metal onesto ma sacrificato come carne da cannone.
Dimenticatevi il Dazieri che avete conosciuto e riscoprite le capacità di scrittura di uno dei migliori autori italiani contemporanei, declinate in forma di thriller.
Una discesa nell’incubo di Colomba e Dante, i due protagonisti di una lunga trama che si fa sempre più coinvolgente e riesce a declinarsi in un contesto non banale né limitato. Lei agente in aspettativa che cerca di capire se sarà ancora in grado di riprendere la propria vita dopo il Disastro. Lui, che sopravvive tenendo insieme la propria fragilità dopo essere cresciuto in completo isolamento (rapito), con le capacità deduttive dei migliori investigatori ma con altrettanti complessi.
L’orrore del passato che si mescola con quello presente, avvolto in una sana dose di mistero da districare: gli elementi classici del thriller tenendo lontano gli elementi del noir o del pulp.
Ogni anno la Cineteca di Bologna ci sorprende. Ecco un esempio di Italia che investe e con le sue tecnologie riesce a dare una ventata di novità e di considerevole prestigio ai fasti del tempo che fu. Dopo la versione integrale di "C'era una volta in America", ancora una volta tocca ai film di Sergio Leone subire questo importante restauro. Non opere qualsiasi, bensì la celeberrima "Trilogia del Dollaro".
Stavolta non è stato inserito nessun materiale inedito ma le immagini e il suono sono stati nettamente migliorati (quest'ultimo a tratti potrebbe risultare addirittura fastidioso da quanto è puro). Il risultato è un autentico colpo da 90. È vero potreste godervelo anche comodamente seduti sul divano ma se siete come Joe, che "a casa mia stavo malissimo", andate al cinema.
Siamo ormai in estate e il cinema in Italia non è come in altri Paesi dove la programmazione è spalmata sui 12 mesi. Finito giugno inizia l'epoca delle arene estive, delle repliche fino all'ultima settimana di agosto dove vengono lanciate delle anteprime nelle località balneari. Quest'anno però a giugno abbiamo avuto l'ennesima riprova che l'Italia è anche il Paese del "meglio tardi che mai": infatti tra il 12 e il 19 sono usciti due grandi film, bistrattati dalle distribuzioni, usciti nei Paesi di origine addirittura tra il 2008 e il 2013. Sto parlando del secondo film di Ari Folman (noto per "Valzer con Bashir") intitolato "The Congress" e l'esordio alla regia dell'acclamato sceneggiatore Charlie Kaufman ("Essere John Malkovich") con "Synecdoche New York".
Ma andiamo per ordine.
In un'età caratterizzata da un aprioristico desiderio di nuovo, la storia – ridotta a semplice narrazione di ciò che è stato – sembra non raccogliere più interesse alcuno. In questo contesto, però, resiste e si rafforza l'antica ipocrisia della venerazione di chi non c'è più, che trasforma gli anniversari - festosi o luttuosi che essi siano - in grandi e acritiche celebrazioni volte a santificare eroi del giorno dopo, spogliati delle proprie idee e slegati dalla propria storia. Se questa è ormai la consuetudine, non c'è da stupirsi se il compito di dare il via alle celebrazioni per il trentennale dalla scomparsa di Enrico Berlinguer sia stato affidato a Walter Veltroni e al suo docufilm sulla vita del leader comunista. In fondo a chi affidare il compito di travisare una storia se non a chi, dopo aver ricoperto diversi incarichi nel PCI, ha dichiarato di non essere mai stato comunista?
“Ho l’hype a mille”.
È vero: l’inglese ha sostituito, anche troppo, molte parole italiane. E nel mondo dei videogiochi sempre più nuovi termini in lingua straniera sostituiscono quelli italiani. Cos’è l’hype per esempio? L’hype nel mondo videoludico è l’attesa per un nuovo videogioco. Attraverso l’hype si capisce se un titolo può avere successo o meno. Le maggiori case produttrici giocano molto su questa attesa. Con video del gameplay, con trailer, con prove alla mano, esse possono totalmente cambiare il futuro di una società di videogiochi, sia in positivo che in negativo. I luoghi dove farlo sono le fiere dei videogiochi, create dalle associazioni di promozione delle stesse aziende, dove è possibile anche ai videogiocatori di provare molti titoli in anteprima.
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