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Lo scorso anno si era affacciato nelle nostre sale un curioso filmetto con una trama tanto improbabile quanto curiosa nel quale si immaginava che il giovane Abramo Lincoln avesse un’identità segreta: giovane di bottega, studente di legge e poi politico in carriera di giorno e cacciatore di vampiri di notte (La leggenda del cacciatore di vampiri diretto da Timur Bekmambetov conosciuto per aver messo su pellicola i primi due capitoli –I guardiani della notte e I guardiani del giorno- di una trilogia Fantasy dello scrittore russo Sergej Luk'janenko).
Su Abramo Lincoln è uscita negli USA, e fra pochi giorni anche in Italia, l’ultima fatica di Steven Spielberg il quale, dopo Amistad, tratta un’altra volta il tema della lotta contro la segregazione razziale nel suo paese.
L'undici dicembre 2012 è morto all'età di 92 anni Ravi Shankar, lasciando quasi 70 anni di attività musicale, probabilmente il più famoso compositore e musicista indiano contemporaneo. Molto legato alla tradizone, è stato il più convinto ambasciatore della musica indiana nel mondo e ha potuto vantare prestigiose collaborazioni, come quelle con Yehudi Menuhin e con George Harrison, o come quella con la London Symphony Orchestra per la quale compose un concerto per sitar e orchesta che fu diretto da André Previn. Nato nel 1920 a Varanasi, all'età di dieci anni Shankar si recò per la prima volta in Europa con suo fratello il coreografo Uday Shankar, grazie al quale si avvicinò alla danza e agli strumenti indiani. Durante i tour col fratello in Europa ed in America scoprì la musica classica occidentale ed il jazz. Nel 1938 decise di dedicarsi completamente alla musica, studiando il sitar (importante strumento musicale a corde) e diventando allievo del musicista Allauddin Khan, che lo iniziò compiutamente al complesso mondo della musica classica indiana.
Sergio Algozzino, scrittore, disegnatore e colorista palermitano, ha iniziato la sua brillante carriera nel 2000 sulle pagine di Fandango della Panini Comics, per la quale ha lavorato, negli anni successivi, anche su diversi episodi di Piccoli Brividi e AniMarvel.
La sua grande passione per la musica lo ha portato a omaggiare il cantautore genovese Fabrizio De Andrè, prematuramente scomparso l’11 gennaio di 14 anni fa, con una delicata opera pubblicata nel 2008 da Becco Giallo, e rieditata nel 2012 in una nuova versione riveduta, corretta e interamente acquerellata a mano.
Ballata per Fabrizio De Andrè non è un volume biografico, né uno sterile tributo al genio del cantante: è più simile a una rappresentazione teatrale su carta, dove una semplice stanza vuota si trasforma in un palcoscenico immaginario su cui recitano, uno a uno, molti dei personaggi delle canzoni di Faber, da Andrea al Suonatore Jones, da Bocca di Rosa a Piero.
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Se l’Italia fosse realmente una repubblica fondata sul lavoro molti problemi del paese sarebbero risolti. Chi lavora e lo riesce a fare con dignità sente il peso diretto delle responsabilità legate alle sue azioni. Questa è una delle lezioni di Viareggio, dove i ferrovieri e i familiari delle vittime si ritrovano uniti nel sostenere una battaglia che cerca verità e giustizia. Di questo parla lo spettacolo “Non c’è mai silenzio”, andato in scena a Firenze come prima nazionale, al Teatro Puccini, l’8 gennaio, grazie anche a Libera e all’ARCI.
Lo sguardo del pubblico accoglie una scenografia essenziale, dove due figure si muovono con gesti semplici e lineari, come se per un’ora e mezzo si stesse assistendo allo scorrere di una scena di vita reale, fluida e priva di interruzioni. Dall’ottima interpretazione di Elisabetta Salvatori ci si lascia trasportare in un insieme di colori, odori e suoni (realizzati anche dalle non invadenti esecuzioni di Matteo Ceramelli): il tutto a trasmettere il senso di una strage che doveva essere evitata.
Nella lunga storia e nelle vicissitudini riguardanti la Porta del Paradiso, c’è un episodio significativo che torna alla mente da quando, nel settembre 2012, il capolavoro di Lorenzo Ghiberti ha finalmente trovato la giusta collocazione, post restauro, all'interno del museo dell’Opera del Duomo di Firenze; un episodio che nel 1946 convinse definitivamente il restauratore Bruno Bearzi a tentare un saggio di pulitura sulla Porta, con la convinzione di trovare sotto la patina secolare l’antica doratura.
Era il gennaio del 1943 quando in piena guerra mondiale, la Soprintendenza fiorentina e la Direzione Generale Antichità e Belle Arti stabilirono che il patrimonio artistico fiorentino protetto in loco un po' in tutta la città non era più al sicuro, a causa delle sempre più frequenti incursioni aeree, così come non era più sufficiente la protezione in mattoni utilizzata per proteggere le porte del Battistero e la decisione fu quindi quella di trasferire la gran parte delle opere fuori città.
La Porta del Paradiso – assieme all’altra porta del Ghiberti e a quella del Pisano - fu così smontata e trasportata all'interno della galleria ferroviaria Sant'Antonio a Incisa Valdarno, ovvero uno dei rifugi prescelti per il ricovero dell’arte fiorentina, su indicazione di Ugo Procacci all'epoca giovane funzionario della Soprintendenza. La galleria, fuori uso da tempo, parve un’ottima e sicura soluzione fino alla primavera del 1944, quando l’esercito tedesco ne ordinò l’evacuazione per motivi strategici. Fu nel momento in cui le opere tornavano a Firenze che accadde l'episodio chiave: durante il trasporto, il legno utilizzato per l’imballaggio delle sculture sfregò inavvertitamente uno dei bronzi portando in luce l’oro sottostante. E così, nel marzo del 1946, fu possibile per Bearzi effettuare una prima verifica sulla Porta che confermò quanto da lui ipotizzato: la patina - un mix di cera e polvere - aveva non solo coperto la doratura del 1452 ma anche “le finissime rifiniture con cui gli artisti avevano terminato le dieci storie delle formelle”. Dal luglio di quello stesso anno il lavoro del restauratore ebbe definitivamente inizio con il via libera dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma.
Il 24 giugno del 1948, in occasione della festa del patrono della città di Firenze, dopo circa due anni dall’inizio dei lavori, i preziosi battenti accompagnati da una cerimonia solenne poterono finalmente tornare al loro posto.
Oggi possiamo nuovamente apprezzare la Porta com'era, il desiderio di Bernard Berenson di poter un giorno musealizzarla per tenerla lontana da ogni rischio derivante dall'esposizione esterna si è concretizzato e dopo il dramma dell’alluvione del ’66 e i problemi dovuti all’inquinamento atmosferico, che ne hanno messo a serio rischio la conservazione, il nuovo restauro ci dà quasi la sensazione di poterla ammirare come fu possibile per i contemporanei del Ghiberti nel 1452 ma anche come i fiorentini nel 1948 grazie all'operato di Bruno Bearzi.
(Bibliografia: P. DE ANNA, Le guerre del paradiso: i restauri di Bruno Bearzi, 1943-1966, Firenze, Polistampa, 2009)
La solitudine è certamente il tema attorno al quale gira tutto il film.
La necessità di Calvin, un ragazzo poco più che adolescente, che portato al successo come scrittore da un romanzo che ha spopolato tra i suoi coetanei, si ritrova a vivere una vita piena di agi ma nella quale le uniche compagnie sono quella del fratello maggiore e del cane.
Ruby Sparks è un film del 2012 diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris, che dopo il grande successo di Little Miss Sunshine tornano alla regia in coppia. L'idea, originale nella sua semplicità, è di Zoe Kazan, classe 1983, che dopo molte esperienze, anche rilevanti come attrice (una su tutte, Revolutionary Road, 2008), esordisce come sceneggiatrice.
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