Alessandro Zabban

Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

Uno degli esempi più lampanti della crisi della sinistra italiana è la divisione ideologica rispetto a molte questioni geopolitiche e crisi internazionali che continuano a emergere nel caotico periodo che stiamo vivendo. Emblematica di questa incapacità di una visione coerente e unitaria, è la crisi ucraina che fin dai suoi albori si è caratterizzata per la sua forte connotazione propagandistica.

Sleepdrunk Seasons #2: i protagonisti della nuova scena islandese

La nuova centralità assunta dalla musica Islandese nel panorama internazionale ha permesso negli ultimi dieci anni un proliferare di formazioni e progetti volti alla sperimentazione nei territori più variegati della galassia rock. Se nel precedente articolo (vedi qua) abbiamo provato a mettere in evidenza gli elementi generali che compongono e costituiscono la nuova generazione islandese, è ora il momento di passare in rassegna i protagonisti di questo movimento.

Una delle tante vie islandesi alla musica alternativa è quella di un pop sofisticato, classicista e fastoso. Protagonisti assoluti di questo genere sono una delle prime band a emergere dal sommovimento culturale avvenuto a metà del decennio scorso: gli Hjaltalín.

Primo di due articoli che si occupano degli ultimi dieci anni di musica islandese

Prima degli anni ottanta, la scena musicale islandese era estremamente chiusa e autoreferenziale: a dominare erano cantautori e complessi di musica tradizionale vichinga, i quali però, al di fuori del territorio nazionale, suscitavano più l’interesse degli etnomusicologi che degli appassionati.

Live report del concerto del gruppo bergamasco a Firenze

Nel panorama della musica indie italiana, pochissimi gruppi possono vantare una carriera brillante e coerente quanto quella dei Verdena. Emersi, giovanissimi, dall’underground lombardo con un paio di inni adolescenziali di scuola grunge contenuti sul già interessate omonimo album di esordio del 1999, il trio bergamasco ha poi intrapreso un sentiero di crescita musicale coraggioso e complesso iniziato con Solo un Grande Sasso (2001, Blackout) e culminato con l’ambiziosissimo e decisamente riuscito doppio Wow (2011, Universal) e con il nuovo Endkadenz Vol. 1 (2015, Universal).

Scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo […], scegliete la vita”.

Tutti questi pressanti imperativi sociali, efficacemente descritti nella scena iniziale di Trainspotting e a cui il protagonista Mark Renton cerca disperatamente di fuggire, sulle note di Lust for Life di Iggy Pop, in nome di una vita più autentica e più libera, sono già il passato. Il sistema non ti chiede più di rispettare un orizzonte normativo ristretto e monotono; al contrario: la società e le forme economiche che la sorreggono gridano in coro la tua libertà rispetto alle istituzioni tradizionali, la tua autonomia e autenticità rispetto all’automatismo fordista, la tua originalità rispetto al livellamento massimalista prodotto dal welfare state, la tua flessibilità rispetto alla ripetitività del posto fisso.

John Carpenter è molto probabilmente conosciuto più per i suoi film che per le sue colonne sonore. Ma anche coloro che hanno approfondito maggiormente l’elemento musicale del maestro di New York non possono che rimanere sorpresi nel venire a sapere che il sessantasettenne artista americano ha finalmente deciso di incidere un disco autonomo rispetto alla sua carriera cinematografica, un album compiuto di per sé e non un mero supporto per le immagini di uno dei suoi film. Non stupisce allora che Lost Themes (2015), uscito questo febbraio, da considerare a tutti gli effetti il suo esordio, abbia suscitato un certo interesse, non solo in ambito musicale.

Lunedì, 16 Febbraio 2015 00:00

Capitalismo e crisi fra Ideologia e Utopia

Capitalismo e crisi fra Ideologia e Utopia
Cronache del tentativo di assolutizzare la libertà di mercato e dei suoi fallimenti recenti

 

Mai come oggi viviamo in un mondo dominato dall’ideologia. Il trionfo del neoliberismo e la caduta del muro di Berlino hanno reso la rappresentazione del mondo fondata sul libero mercato l’unica egemone rendendo sempre più difficile all’individuo, in mancanza di altre visioni del mondo verso cui indirizzarsi, sfuggire alle sue maglie. Essendo così inserito all’interno di una cultura unitaria e priva di dialettica, l’individuo è indotto a ritenere che tutte le grandi ideologie siano morte e che qualsiasi altra alternativa utopica sia condannata al fallimento, in quanto la libertà del mercato rappresenterebbe una condizione naturale e necessaria.
La metanarrazione del capitalismo contemporaneo insomma funziona proprio tramite un processo (ideologico!) in cui ideologia e utopia vengono sempre più delegittimare come categorie filosofiche e spinte ai margini della riflessione politica. Questo oblio permette al neoliberismo di attribuire la falsificazione ideologica solo ed esclusivamente a chi si oppone alle logiche dell’economia di mercato e di raffigurare l’utopia come un sogno perverso destinato al fallimento.

L’atmosfera al Glue è quella tipica delle serate speciali. Attratti da un programma che vedrà esibirsi due fra i migliori gruppi italiani in circolazione, i Be Forest di Pesaro e i Welcome Back Sailors di Guastalla (RE), decine di ragazze e ragazzi in piedi, pazienti, aspettano di fronte al palco l’entrata in scena degli artisti, altri si appoggiano al bancone sorseggiando una birra fredda o se ne stanno fuori a fumarsi rapidamente l’ultima sigaretta prima che il concerto inizi. C’è un palpabile senso di attesa mista ad eccitazione.

Rottura e superamento: il dirompente omonimo album dei Viet Cong

Recensione del gioiello Post Punk del gruppo canadese

Sono bastate le prime note del singolo apripista Continental Shelf, uscito sul finire dello scorso anno, per accendere la curiosità: sezione ritmica compatta e monolitica, linee vocali spartane ma taglienti, intervallate da jingle-jangle chitarristici per un gioco fulminante di lunghe contrazioni e di improvvise distensioni melodiche. Se il biglietto da visita attrae, il party vero e proprio esalta. L’omonimo Viet Cong (Jagjaguwar/Flemish Eye, 2015), primo Full Length Play del complesso Canadese di Calgary è infatti un trionfo di sapienza compositiva, il posto dove ossessioni apocalittiche e cupezze claustrofobiche vengono continuamente squarciate da effimeri ma accecanti raggi di sole, dove compattezza ed ecletticismo, articolazione e minimalismo vanno a braccetto.

Lunedì, 12 Gennaio 2015 00:00

Nel tormentato mondo di Edda: report live

Al Glue l’ex Ritmo Tribale  presenta live il suo ultimo lavoro

“Cosa vuoi che ti dica? Io con l’eroina ho capito cos’è l’amore, l’eroina è la cosa che ho amato di più al mondo, neanche una persona ho mai amato così. Il che ti fa capire che bella persona sono…” 

Edda e le sue perversioni sessuali, Edda che si buca, Edda razzista, sociopatico, misogino, psicotico, Edda che canta i mantra Hare Krishna di primo mattino: rifiuta la  droga, si astiene dal sesso e dal gioco d’azzardo. L’Edda violento, l’Edda vegetariano, l’Edda viscerale e perverso, l’Edda che rifugge ogni forma di piacere corporeo.

Edda è contraddizione e incongruenza. I suoi album affreschi biografici crudi e sanguigni, i suoi testi, spesso ambigui, talvolta disturbanti, quasi sempre conditi di dettagli scabrosi, lasciano poco spazio alla coerenza. Odio, violenza, prostituzione, mal di vivere sono il contesto che incornicia e racchiude il nonsense nervoso e tagliente del cantautore milanese. 

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