Le notizie legate al contemporaneo, abbracciando società, istituzioni, questioni internazionali e tutto ciò che rientra nella vasta categoria di politica, rubriche e redazionali esclusi.
Immagine liberamente tratta da upload.wikimedia.org
È in Via Battichiodi, presso i locali dell’ex Caracol, che mercoledì 30 gennaio si è svolta l’iniziativa dei giovani comunisti pisani su precarietà e reddito, su tematiche che sempre più, soprattutto in questo periodo di campagna elettorale, diventano cruciali e determinanti per le così definite agende politiche dei partiti e delle coalizioni in campo. Precarietà e diminuzione dell’efficacia dello stato sociale diventano, oggi, non solo temi di propaganda politica, ma anche problemi reali che prendono vita in modo sempre più violento nella realtà di tutti i giorni. Ed ecco perché l’iniziativa è stata rivolta, in particolare, a coloro che hanno riempito i locali dell’ex Caracol: i giovani, nuovi funamboli della società contemporanea, coloro che rimangono in bilico tra la necessità e la speranza di poter accedere al mondo del lavoro. Al tavolo dei relatori sedevano esponenti sia del mondo giovanile, della rappresentanza universitaria e dei movimenti come Guido Cioni di “Sinistra per…” e Maria Scermino di “Io voglio restare” sia un esponente di rilievo del partito di Rifondazione Comunista, Roberta Fantozzi, capolista al Senato per la lista Rivoluzione Civile; a moderare è Stefano Carlesi, responsabile regionale lavoro dei GC.
A nemmeno due mesi dalle elezioni per il rinnovo della Camera bassa del parlamento il nuovo premier Shinzo Abe procede spedito nella realizzazione del proprio programma conservatore: tra le misure recentemente portate avanti la decisione di stilare le nuove linee guida per la difesa nazionale prevedendo un consistente aumento del budget destinato alle Forze di Autodifesa e contestualmente un incremento del numero di addetti di 18.000 unità.
Una prova muscolare quella del governo a guida Liberal-Democratica innanzitutto nei confronti della Cina per tentare di chiudere qualsiasi spiraglio negoziale sulla contesa territoriale per le isole Diaoyutai/Senkaku e nei confronti della Corea del Nord che si accinge a realizzare nuovi test missilistici.
Sul fronte nucleare, mentre TEPCO annuncia di voler chiudere la fase delle compensazioni in favore delle vittime dell'incidente nucleare di Fukushima, il premier Abe nomina membri del Consiglio sulle politiche economiche e fiscali (un organismo governativo con importanti funzioni consultive) l'ex dirigente TEPCO Kobayashi e l'ex presidente di Toshiba (azienda che ha nel proprio business la costruzione di reattori nucleari) Sasaki.
Sempre in ambito nucleare buone notizie arrivano da dove non se ne attenderebbero: Japan Press segnala il caso di una cooperativa agricola di Fukushima che ha deciso – utilizzando fondi governativi ed una parte delle compensazioni ricevute dalla TEPCO – di investire in energia solare, casi come questo sono in aumento e segnalano la volontà di buona parte del popolo giapponese di avviare una fuoriuscita dall'atomo.
In ambito welfare il nuovo ministro Tamura ha annunciato un piano per la riduzione del 10% dello standard minimo di sussistenza, primo passo per poter tagliare i fondi ai programmi di solidarietà sociale. Il professor Kanazawa dell'università Bukkyo di Kyoto ha dichiarato ad Akahata: “in Giappone tra le famiglie con un reddito inferiore al livello minimo di sussistenza, solo il 20% riceve assistenza sociale. Nonostante ciò, il governo intende rivedere negativamente il programma di assistenza sociale”.
Come già annunciato inoltre il governo ha avviato nella riunione del Consiglio dei Ministri dell'undici gennaio scorso un imponente piano di infrastrutture ed aiuti alle imprese.
Forti mobilitazioni sindacali si registrano nel contempo nel settore dell'industria elettronica, in particolare i lavoratori della Sony di Sendai nella Prefettura di Miyagi - territorio pesantemente colpito dalla catastrofe del 2011 - contestano il piano di ridimensionamento messo in atto dalla multinazionale che ha portato il numero di addetti nello stabilimento dai 2.000 del 2010 agli 800 attuali. Secondo quanto denunciato dai parlamentari del Partito Comunista Giapponese e dalle organizzazioni sindacali vi sono da parte dell'azienda forti pressioni per convincere i lavoratori ad accettare prepensionamenti. Analoghi ridimensionamenti stanno riguardando NEC, Sharp e Parasonic.
(con informazioni di Japan Press Weekly 9-15 genn. 2013 e 16-22 genn. 2013)
Le ultime dichiarazioni con le quali il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha citato “La canzone del maggio” di Fabrizio De André (“Il nostro Maggio ha fatto a meno del vostro coraggio”) hanno fatto infuriare molti, non solo gli ammiratori del cantautore genovese ma soprattutto tutti coloro che vivono sulla propria pelle le conseguenze della pessima gestione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, di cui il sindaco è sicuramente tra i maggiori responsabili.
Lo scorso lunedì, il 28 gennaio, il Sindaco ha riscaldato il Consiglio Comunale affrontando sue dei temi scottanti del dibattito sulla politica locale: il tema degli oltre trecento dipendenti comunali fiorentini, i quali da febbraio si vedranno togliere 100 € dalla busta paga per andare a sanare il danno erariale di 50 milioni di euro causato dal contratto integrativo firmato, e quello, appunto, Maggio Musicale.
Renzi ha deciso di affrontare direttamente il tema dei licenziamenti: il giorno di ieri, 31 gannaio, è stato l’ultimo giorno utile per il ritiro dei provvedimenti di licenziamento e il momento dal quale il Ministero dei Beni Culturali ha potuto nominare il Commissario che si occuperà della vicenda della Fondazione del Maggio Musicale. Il sindaco ha proposto una piattaforma che prevede, in cambio del ritiro degli otto licenziamenti risalenti allo scorso 31 dicembre (leggi qui) un aumento di ore di lavore per i dipendenti del Maggio. Tecnici ed operai dovrebbero lavorare per 15 minuti in più al giorno e rendersi disponibili ad accettare una maggiore flessibilità per quanto riguarda gli orari. Il tutto, neanche a dirlo, a parità di stipendio. Per quanto riguarda invece orchestrali e membri del coro e del corpo di ballo, la proposta di Renzi prevede la rinuncia a quattordici giorni di ferie all’anno per i primi e sette per i secondi. I membri del personale amministrativo vedrebbero scattare invece il regime dei contratti di solidarietà. Da notare come la riduzione degli stipendi dei manager per una somma di 150.000 euro annui, nei piani di Renzi, scatterebbe una volta che i sindacati avrebbero accettato la piattaforma.
La proposta discussa da CGIL e CISL in un’assemblea con tutti i lavoratori del Teatro. Nel frattempo che attendiamo di sapere se le associazioni dei lavoratori riterranno accettabili i sacrifici proposti dal sindaco in cambio del ritiro dei licenziamenti, è bene ricordare che i problemi del Teatro del Maggio Musicale non sono solo quelli relativi ai suoi dipendenti, come farebbero credere i provvedimenti proposti. La pessima situazione che si è venuta a formare non è dovuta, come afferma Renzi, al fatto che la quella del Maggio è una della Fondazioni che lavora meno in Italia ma piuttosto alla pessima gestione dei conti. E’ proprio questo il motivo che, da una parte, ha spinto le istituzioni a richiedere il commissariamento (con tanto di dichiarazioni amareggiate del Presidente della Regione Enrico Rossi) e, dall’altra, la Procura di Firenze ad aprire un’indagine sulla gestione dei conti, oramai diventati un buco nero che risucchiano qualunque tentativo di risanamento.
E’ assurdo pensare che i problemi della Fondazione possano essere risolti andando a tagliare sul personale: sono proprio i lavoratori del Maggio Musicale che ne fanno una delle istituzioni artistiche più prestigiose, portatrice di un patrimonio di conoscenze e competenze che rendono la città di Firenze una capitale della cultura a livello mondiale.
La questione è quindi, evidentemente, tutt'altro che chiusa. E possiamo assicurare al sindaco che di certo i lavoratori del Maggio non fanno a meno del loro coraggio.
Che io sappia, le prime esperienze latino-americane di democrazia partecipata non sono venezuelane ma brasiliane, attivate, sotto il nome di “bilancio partecipativo”, da amministrazioni locali (di stato federato o comunali) in mano alla sinistra, in particolare al suo principale partito, il PT (Partito dei Lavoratori) di Lula e Dilma Rousseff (sono rispettivamente il precedente e l’attuale presidente del Brasile). Le località più note di quest’esperienza sono lo stato di Rio Grande do Sul e la sua capitale Porto Alegre, per avere questa città ospitato i primi tre Forum Sociali Mondiali. Ma io ebbi la fortuna di conoscere con molto anticipo l’esperienza brasiliana, a San Paolo, prima ancora che Lula vincesse la sua prima presidenza.
Nei suoi termini generali l’esperienza brasiliana è fatta così. La maggioranza di sinistra, in uno stato o in un comune che sia, si impegna a determinare parte della propria spesa (il 20-25% circa, esattamente quella che non va in costi fissi già esistenti, come servizi sociali, servizi pubblici, assistenza, salari, stipendi) sulla base delle richieste della popolazione. Queste richieste vengono definite attraverso un itinerario fatto di assemblee popolari di ogni tipo (di quartiere, paese, ecc.; sindacali, di partito, da parte di altre forme associative, ecc.; di donne, giovani, studenti delle varie scuole, lavoratori delle fabbriche e degli uffici, ecc. ecc.), che trattano sia l’uso della totalità della spesa a disposizione che quello della parte impiegabile su un determinato territorio o in risposta a un determinato tipo di problemi. Naturalmente il risultato esorbita la cifra globale a disposizione.
Ben 108 pagine per ribaltare due anni di sentenze. E' con questo libello che la Regione Toscana ha deciso di impugnare la sentenza del Tar sul pirogassificatore Waste Recycling fra Castelfranco Di Sotto e Santa Croce sull'Arno.
Dopo l'annullamento dell'autorizzazione al contestatissimo impianto, decretato con la sentenza dello scorso 23 dicembre e a seguito dei ricorsi effettuati dal Comune di Castelfranco, dal Comitato e da Rifondazione Comunista. La Regione a sorpresa prende iniziativa nel tentativo di salvare l'impianto in attesa della decisione del Consiglio di Stato [A MARGINE IL TESTO DELL'IMPUGNAZIONE]. Tutto questo, si noti, prima che la stessa azienda abbia presentato alcunché.
L'ultima e definitiva decisione in merito al pirogassificatore, infatti, sarà pronunciata dal terzo grado di giudizio fra alcuni mesi, probabilmente nel 2014, a seguito della già annunciata volontà dell'azienda di ricorrere. In attesa di quella data, che segnerà una volta per tutte la fine di una diatriba durata oltre due anni, la sentenza del Tar di dicembre impone, nei fatti, uno smantellamento delle strutture. L'impianto (lo ricordiamo) era stato completato, malgrado il processo fosse in corso, in virtù di una sentenza del Consiglio di Stato di maggio. Mentre il processo sulla legittimità dell'autorizzazione si stava ancora sviluppando, in parallelo il procedimento sulla “sospensiva” dei lavori di costruzione del pirogassificatore era, nel corso del 2012, andato avanti, vedendo prima prevalere in toto le ragioni dei ricorrenti “contro” e poi, in Consiglio, assistendo al parziale riconoscimento dei diritti dell'azienda a chiudere gli appalti con le aziende interessate alla costruzione. In parole povere il Consiglio di Stato aveva riconosciuto all'azienda il diritto a finire l'impianto, fermo restando che esso non poteva essere attivato finché non fosse finito il processo.
Adesso, a sentenza pubblicata, non resterebbe che smantellare tutto coerentemente con la decisione dei giudici, anche con l'eventuale pendenza di un ricorso. Ed ecco che in questi giorni entra in scena la Regione Toscana, che fa formale richiesta di appello nel tentativo di ottenere una sospensione dei lavori (questa volta di decostruzione) in attesa che anche il Consiglio si esprima sulla vicenda. Una decisione che potrebbe avvenire già a metà febbraio.
Fra le ragioni messe in campo dagli avvocati della Regione vi sarebbero quelle legate, in particolar modo, alla natura sperimentale dell'impianto. Asse portante dei ricorsi, il fatto che l'inceneritore potesse essere definito sperimentale aveva rappresentato per i giudici una ragione sufficiente affinché l'iter effettuato venisse considerato nullo. L'autorizzazione, infatti, è stata data dalla Provincia, mentre secondo il Tar avrebbe dovuto essere a carico della Regione. Non a caso buona parte del ricorso verte direttamente o indirettamente su questo punto, nel tentativo di evidenziare come “la pirogassificazione sia oramai una tecnologia matura e consolidata nel mondo”.
Sdegno, ovviamente, da parte di comitati e ricorrenti, che nel migliore dei casi si limitano a porre domande (evidentemente retoriche) al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
«Apprendiamo con immenso sdegno che la Regione Toscana ha impugnato la sentenza del Tar. Toscana che nel dicembre scorso aveva annullato l'autorizzazione per l'impianto di incenerimento rifiuti di Castelfranco di Sotto – scrive l'avvocato Luca Scarselli dell'Unione Inquilini, organizzazione che appoggiava il ricorso di Rifondazione Comunista. – Non comprendiamo questo “accanimento terapeutico” in favore di due società private. Il caro presidente Rossi deve oramai rispondere a varie domande e visto che non ha ancora mantenuto la sua promessa di un incontro pubblico, gliele rivolgiamo direttamente. Ci chiediamo perché la Regione Toscana difende così spudoratamente un impianto così piccolo, definito da un grande esperto come un “semplice forno per pizze”? Dove sta l'interesse regionale in tutto ciò? Non dovrebbe forse la Regione ed il suo presidente avere un atteggiamento imparziale?Forse dobbiamo tragicamente e polemicamente annunciare la morte della imparzialità? Difatti, abbiamo visto tanto. Abbiamo visto il presidente Rossi “mettere la faccia” in un simile impianto ed i cittadini stupefatti chiedersi il perché. Abbiamo visto il presidente Rossi presentarsi ad una conferenza stampa congiunta con la società Nse Industry, in cui lavora l'ex assessore regionale Agostino Fragai, e sponsorizzarla nella misura in cui fa una società di scarpe sponsorizza un giocatore di calcio. Ed ora vediamo la Regione Toscana che prende l'iniziativa per impugnare la suddetta sentenza del Tar, e vogliamo sottolineare che la Regione Toscana prende l'iniziativa per l'impugnazione (!!), dovesse questo particolare sfuggire ad i cittadini. Non si preoccupi caro sig.Rossi non vogliamo insinuare niente e nei confronti di nessuno, ma solo pretendiamo delle rispose visto che siamo cittadini e non sudditi».
Evidentemente sorpreso anche il Comitato Antinquinamento:
«Dopo la vittoria che avevamo ottenuto presso i tribunale della toscana, sapevamo che la ditta Waste Reciclyng prima o poi avrebbe nuovamente fatto ricorso al consiglio di stato a Roma: è nei suoi diritti, ma mai avremmo immaginato che a notificare il ricorso sarebbe stata la Regione Toscana con la firma del suo presidente Enrico Rossi. – spiega Aurora Rossi, presidente del Comitato – Quale è il suo interesse? Certo, a meno di un mese dalle elezioni politiche, deve essere grosso e noi vogliamo saperlo! Venga a spiegarcelo, caro presidente Rossi il perché lei continua a difendere e con tanto accanimento una industria privata. E’ tanto tempo che la aspettiamo, aveva promesso di venire, ma evidentemente o ha paura o non ha spiegazioni da darci, ma ora scusi , ma noi vogliamo saperlo, perché lei ha varcato il segno! Lei continua a favorire una ditta privata spendendo soldi pubblici! Sinceramente, lei crede che sia’ questo il suo ruolo di presidente di regione? Lei dovrebbe avere altre cosa da fare o da pensare che non siano la Waste Reciclyng o la NSE costruttrice di inceneritori! Con questo nuovo ricorso la regione toscana ha chiesto la sospensione della sentenza del Tar e il tempo in cui verrà trattata potrebbe essere già la prima settimana di febbraio, nel caso in cui poi il consiglio di stato a Roma sospendesse la sentenza del TAR, l’inceneritore potrebbe essere messo in funzione. E questo è sbalorditivo! Perché questa mossa? Dove è l’interesse comunitario? Che interesse ha la regione toscana nella figura del suo presidente Enrico Rossi perché la ditta Waste Reciclyng di Castelfranco di Sotto ottenga a tutti i costi il permesso ad incenerire i rifiuti? Lascio ai lettori ma ancora di più agli elettori delle prossime elezioni, le deduzioni e le risposte. E’ certamente possibile capire l’interesse della ditta, ma non certo quello di Enrico Rossi! Inoltre, nella precedente sentenza il TAR aveva sentenziato che era la Regione Toscana ad essere competente al rilascio dei permessi per l’incenerimento dei rifiuti, e non la provincia, come in effetti era avvenuto; ora con questo ricorso la regione smentisce se stessa e noi restiamo sempre più stupefatti di chi ci amministra e dalle continue scelte di certi politici».
Intanto su Facebook, nel tam tam su internet e negli indirizzari, circola da ore un appello a ribellarsi e manifestare la propria contrarietà alla decisione della Regione.
United Colors Of Commons, il titolo di una tre giorni organizzata per “rigenerare dal basso una nuova idea di società”, al Colorificio Liberato di Pisa. Numerosi gli spazi di riflessione, iniziativa, socialità e dibattito, per provare a tenere insieme una visione di insieme, fatta di proposte ed esperienze concrete.
Come Il Becco siamo stati invitati a partecipare all’appuntamento di sabato (Disinformiamoci: tracce di ricerca per un'informazione desde abajo). Ovviamente eravamo presenti, anche durante gli altri giorni, per ascoltare e capire. Abbiamo preferito non intervenire direttamente perché poco è il vissuto da raccontare e molto è quello che dobbiamo capire, rispetto alle nostre possibilità e capacità.
Molti gli elementi utili che sono emersi, anche in relazione al nostro progetto, a partire dal ruolo di internet (“come il meteorite per i dinosauri, rispetto alla carta stampata”, per usare le parole di Ramonet che sono state citate).
Gli esempi concreti sono molti e altri vengono richiamati (come nel caso di la Repubblica, nel pieno della crisi della carta stampata ma incapace di andare in attivo anche con il proprio sito, nonostante le numerose visite). La chiusura di Carta, Liberazione e la situazione de il manifesto raccontano di un terremoto che ha fatto crollare anche un pezzo della sinistra italiana.
Gigi Sullo (DKm0) parla di un modello che deve essere completamente ripensato, creando proposte editoriali che abbiano il loro cuore sul web e utilizzino il cartaceo come stampella o supporto (evitando la trappola della distribuzione nelle edicole).
Gli fa eco Anna Pizzo (sempre di DKm0), che torna sulla necessità di rinunciare a quelle che chiama "resistenze culturali e ideologiche del mondo dell’informazione", evidenziando la peculiarità di una filiera i cui meccanismi sono di difficile comprensione e sostanzialmente non controllabili.
Il Collettivo Desinformemonos esce dall’Italia, descrivendo un progetto che dal 2009 ad oggi ha messo insieme giornalisti, attivisti ed intellettuali dei movimenti sociali di molti paesi nel mondo (dal Messico all’Italia, dal Giappone alla Grecia, passando per quasi tutti i continenti). Il punto di forza è il rifiuto del potere, attraverso un giornalismo di base che rifiuta il principio della neutralità (e quindi dell’obbiettività), facendo della comunicazione anche una forma di organizzazione delle varie forme di resistenza e protesta.
Ci sono realtà di “altra economia” (Comune.info) che hanno sentito la necessità di non farsi raccontare ma dirsi direttamente, creando una comunità virtuale che è rete di esperienze e non soggetto, necessaria per superare definitivamente l'idea di chi crede che forme di economia alternative siano un passatempo, anziché un’alternativa. Ci sono poi esperienze di “altra politica” (AltraCittà), nate nelle politiche amministrative, fuori dai partiti. In entrambi i casi emerge la necessità di uscire dall’arcipelago di “isole”, provando a costruire un sistema che viva nella complessità delle numerose esperienze nate, guardando a un modello di sostenibilità economica fatto di appuntamenti di autofinanziamento e sottoscrizioni che facciano dei lettori parte attiva (coinvolta) dei progetti di informazione e comunicazione.
Vilma Mazza interviene per Global Project ma ha una storia che viene dalle radio libere. Insiste sulla necessità di utilizzare la multimedialità, facendo dell’informazione di parte una pratica capace di finanziarsi con appuntamenti come quello del festival di Sherwood, che ha dietro 30 anni di attività.
Si evidenzia la necessità di non rinchiudersi nell’illusione dell’autosufficienza, accentando l’idea della parzialità di ogni progetto, da collegare ad altri, rifiutando la pratica dell’autoinganno, che talvolta accompagna alcuni movimenti.
IlCorsaro.info evidenzia il rischio di far dipendere l’informazione da singoli canali economici: se agli inserzionisti pubblicitari si sostituisce un partito o un movimento, il problema del riferimento ai finanziatori, anziché ai lettori, resta immutato.
Altri interventi (come quello legato alla Val di Susa) hanno toccato il tema della territorialità.
Sono poche le risposte definite che sono emerse, su come definire il mestiere del giornalista e come rendere praticabile l’informazione come professione, senza diventare voce di qualche padrone. Il quadro sullo stato attuale è però stato disegnato in modo preciso. Comprendere la realtà e riuscire a porsi le domande giuste è il punto di partenza per ottenere delle risposte.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).