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La politica estera come terreno esplosivo pericolosissimo delle difficoltà di riadattamento alla realtà mondiale da parte USA
Riflessione generale pessimista ormai obbligata
Il titolo e l’inizio di quest’articolo si limitano a segnalare un problema non di oggi ma ormai acuto della gestione politica degli Stati Uniti, non solo di quella estera ma anche di quella interna. La parte di superpotenza politica mondiale basata sulla superpotenza economica e militare e, conseguentemente, con licenza di uccidere sta volgendo da tempo al declino. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti realizzavano il 40% del PIL mondiale, oggi sono sì e no al 20. Il crollo dell’Unione Sovietica e il collasso della Russia fecero sperare agli Stati Uniti che la prospettiva fosse un mondo unipolare, ma ciò fu presto contraddetto dall’emergenza cinese e, a ruota, di altre grandi realtà della ex periferia capitalistica, tra le quali la stessa Russia. Né l’Europa occidentale, paralizzata economicamente e politicamente da un tentativo egemonico tedesco incapace di egemonia e privo di forza militare, è palesemente in grado di integrare la forza degli Stati Uniti (come mostrano chiaramente le mezze guerre a Libia e Siria, cioè due impressionanti autoreti, e l’incapacità di esistere nella crisi medio-orientale e dinanzi al conflitto Russia-Ucraina, e come Obama appare ormai obbligato a registrare).
Rudy: “Come… qual è il 14esimo emendamento?”
Paul: “Lo Stato non può applicare alcuna legge che limiti privilegi o immunità a un cittadino.”
Avv. Washington: “Né può negare a qualsiasi persona, entro la sua giurisdizione, l’eguale protezione delle leggi.”
Rudy: “E cosa significa?”
Avv. Washington: “Significa che devono trattarvi come qualsiasi altro figlio di putt*na in questo stato.”
Da “Any Day Now”
Ieri sera alla televisione sono incappata in un’ottima pellicola indipendente americana, che non conoscevo affatto, ma che offre stimoli molto interessanti e ancora attuali. Il film, diretto da Travis Fine e che è stato presentato, ottenendo un buon successo all’edizione del Giffoni Film Festival 2013, si intitola “Any day now” ed è tratto da una storia vera, accaduta negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70.
Aperti, lo scorso 2 agosto ad Hiroshima, alla presenza di delegati giapponesi e stranieri, i lavori della Conferenza Mondiale Contro le Bombe A e H.
Il primo intervento, in rappresentanza del Consiglio Giapponese Contro le Bombe A e H, è stato quello del professor Shoji Sawada dell'Università di Nagoya, per il quale, dopo il fallimento della Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione, gli Stati con armi nucleari “sono finiti in un angolo”.
Presente alla sessione che ha coinvolto il movimento internazionale per il bando delle armi atomiche, il vicepresidente del Partito Comunista Ogata, il quale, nel proprio intervento, ha rimarcato la necessità che il movimento capovolga la politica, espressa in aprile dalle potenze nucleari, del “passo dopo passo” per l'eliminazione delle armi atomiche, con una politica di bando totale.
Cocoricò chiuso per quattro mesi: 120 giorni di silenzio basteranno a mettere a tacere il problema droga?
Il tempo è un'invenzione maledetta. Nasciamo con l'idea che tutto debba avere un tempo prestabilito. Così se entro un anno non parli, ti guardano storto. Sei in ritardo. Come se fosse scientificamente necessario dire mamma entro dodici mesi. Cresci e le cose non migliorano. E così a 18 anni devi prendere la patente, entro i 25 una laurea (dipende dai casi) e magari prima dei trenta trovare un consorte. Ci sono tempi entro i quali devi rientrare, altrimenti ti guardano storto, proprio come quel bambino che a un anno non diceva ancora mamma.
35 chilometri di nuovo canale, allargamento ed approfondimento di altri 37 chilometri, meno di 12 mesi per la sua realizzazione, oltre 43.000 lavoratori impiegati, 250 milioni di metri cubi di terre da scavo, 258 milioni di metri cubi di materiale dragato, più di 8 miliardi di dollari di costo di realizzazione, raccolti interamente - ed in pochissimo tempo - tra la popolazione egiziana, mediante speciali, ed estremamente convenienti, buoni del tesoro.
Atene e il mediterraneo, sei mesi dopo
Tornare ad Atene. Tornare dopo circa sei mesi dalle elezioni politiche e dopo un referendum che chiedeva alle persone se avessero voluto continuare ad accettare le politiche d’austerità. Gli esiti di questo intenso percorso sono ormai noti a tutti. Rimarcarne le contraddizioni, probabilmente, non serve. La sinistra greca dovrà, di certo, fare i conti con le delusioni che si sono inevitabilmente diffuse all’interno di Syriza e all’interno della popolazione, dopo l’accordo tra l’Unione Europea e il governo greco. Non è un caso che già si sia annunciato un congresso straordinario del partito, in autunno. Ma il punto è: quale effetto reale le vicissitudini greche stanno già producendo di fronte ai molteplici tentativi di costruzione di una sinistra europea, alternativa all’esistente? È questo il tema che sembra essere sostanziale. Sostanziale rispetto a quella che oggi è la realtà dei fatti.
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