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I sondaggi lo danno quasi al 30% e Tsipras di dice convinto della sua vittoria alle prossime elezioni generali. L’ex braccio politico dell’IRA cerca di farsi strada in Europa, senza rinunciare alle proprie radici.
Il Sinn Fein del 2015 si sta affacciando in Europa, gradualmente volgendosi alla sinistra anti austerità.
La grande affermazione di Syriza, nei giorni passati, il grande risalto mediatico che questa bomba a orologeria ha creato nelle menti ben pensanti che pullulano in Europa, fa riflettere; è ovvio. La certezza che la Troika, grande spauracchio dei popoli europei, possa essere combattuta aleggia nei pensieri dei posti di comando di Bruxelles.
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Allora è vero, ed aveva ragione
il buon Salvini, e noi non capivamo.
Quei negri™ indegni vogliono distruggere
la nostra civiltà, che è superiore,
e che sia superiore ben si vede
dal fatto che la criticano loro.
Nella nostra bontà, corroborata
da sorrisi papali e tolleranti
avevamo persino accettato
di offrirgli un posto nella nostra società.
Poi il posto non gliel’avremmo dato,
ma è il pensiero che conta, ben si sa.
E loro, o ingratitudine, che fanno?
Rifiutano le nostre tradizioni,
le nostre radici, che dal cristianesimo
vanno alla piantagione di cotone.
Non è schiavismo, è lavoro 2.0,
fate meglio a farvene una ragione.
Ma pulire le nostre civilissime strade,
in cambio di qualche piatto di zuppa sciapa
e una temporanea residenza
nelle nostre democraticissime contrade,
ohibò, non sembra accetto agli incivili,
ai negri™ che accogliam con carità;
e siamo buoni, ma ciò non ci va.
Volendo esser pagati, questi minano
le basi della nostra civiltà.
Gettiamoli nel buio e nel silenzio,
nei sotterranei delle nostre città
e della nostra immemore cultura.
Facciamone nemici, ricattiamoli
con il dubbio diritto di mendicare,
rendiamoli più poveri e più miseri,
poi lamentiamoci con grida vittimiste
se infine osano opporsi o criticare.
Come gli Stati Uniti uscirono dalla crisi del 1929
Ricordare come gli Stati Uniti operarono, attraverso la Presidenza Roosevelt, di fronte alla crisi del 1929 può forse aiutare perché, con le attuali sue politiche economiche e di bilancio, l’Unione Europea non riesca a uscirne, l’Italia ancor meno, strombazzature renziano-giornalistiche a parte, la Grecia abbia ragione anche economicamente, non solo a nome dell’uscita da una gravissima emergenza sociale. Può forse aiutare a capire, quindi, come solo attraverso il miglioramento delle condizioni di vita popolari e un intervento pubblico molto ampio e molto determinato nell’economia sia possibile bloccare recessione e deflazione e avviare una ripresa dell’economia che è vera, in quanto è anche ripresa vera dell’occupazione, e di un’occupazione ben pagata, stabile, difesa dallo stato, accompagnata da servizi sociali gratuiti, rispettata dai padroni.
Nell’Unione Europea la linea di frattura politica determinata dalla crisi economica divide non tanto la destra dalla sinistra quanto i Paesi nordici da quelli mediterranei: per fare solo un esempio lampante, il governo socialdemocratico danese è assai più rigorista di quello conservatore spagnolo.
Le elezioni greche sono state dominate, come ovvio, dal tema europeo: persino le grandi divisioni di politica interna riguardavano in realtà l’Europa, essendo relative alla continuazione o meno di drastici tagli alla spesa. In assenza di una forte Europa politica, a livello sia di istituzioni sia di identità collettiva, i contrasti politici non riescono ad articolarsi in confronto tra posizioni pan-europee e si riducono a contrasti culturali, quasi etnici, tra sistemi nazionali distinti. (En passant, fatto che di per sé avvantaggia le formazioni di destra.)
Il patto Anti-austerity ad Atene: la “lezione” della sinistra greca
Gli esiti delle elezioni in Grecia sono ormai palesi a tutti: ha vinto Syriza con più del 36 per cento dei voti, 149 seggi in parlamento. Ne servivano 151, per poter arrivare alla maggioranza assoluta e creare un governo monocolore: il giorno successivo alle votazioni Syriza ha bisogno di alleati. Dopo la chiusura del KKE sul piano delle alleanze è necessario cercare sostegno entro le forze politiche anti-austerity, quelle che non sono scese a patti con la Troika e alle quali Syriza ha sempre guardato come possibili interlocutrici (ricordando in ogni momento che alleanze con forze filo-austerity sarebbero state impraticabili). Quelle forze che hanno contrastato le politiche disastrose di Nuova Democrazia e dell’ormai quasi scomparso PASOK. Dopo tantissimi anni il partito di George Papandreou resta fuori dal parlamento: “Chiuso per sempre” si legge sulla porta del comitato elettorale del suo partito, dopo gli esiti delle votazioni nazionali, mentre Atene festeggia(e sullo sfondo di quella notte greca risuonano le note di “Bella Ciao”, mentre Alexis raggiunge i cittadini di Atene per il suo discorso post-elettorale).
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