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Di analisi sul voto delle regionali in Emilia e in Calabria se ne sono fatte tante e quasi tutte concordanti nei territori politici a Sinistra del Pd. E quindi, senza ripetere cose che tutti sanno e sulle quali tutti concordano, vorrei sottolineare una cosa soltanto ma decisiva per chi si batte per la costruzione di un nuovo soggetto politico non minoritario della sinistra. E questa cosa è che l’astensione clamorosa dal voto in Calabria ma soprattutto in Emilia non mostra solo disaffezione e ripulsa per la casta. Certo c’è anche questo. Ma c’è molto, molto di più.
In quella massa di gente che non ha votato, persino in una delle regioni più evolute e sensibili politicamente del nostro paese, si colloca un vero e proprio partito virtuale: quello di coloro che chiedono con l’unico mezzo che hanno a disposizione in questo momento – l’astensione appunto - di poter finalmente godere di una rappresentanza politica che ora non esiste. Questo partito virtuale chiede solo di venire alla luce. Reclama di farlo. E sono chiari, anche se non ancora sufficienti, i segni, nella sinistra Pd e fuori, che aumenta la consapevolezza di questa necessità.
Per comprendere l’alto livello di astensionismo raggiunto alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria è opportuno rivolgersi a un complesso di processi, operanti a vari livelli. Sarebbe semplicistico pensare che il 60% degli elettori scelgano di non votare tutti per un solo motivo, sia pure contingente e di forte impatto popolare come l’inchiesta sui rimborsi. Per esempio, anche nel 1993 c’erano inchieste eccellenti, ma l’affluenza si mantenne sulle alte cifre degli anni precedenti.
Gli aspetti da prendere in considerazione riguardano – in quello che è a mio avviso l’ordine di influenza – le trasformazioni politiche italiane, gli spostamenti degli ambiti decisionali, i fattori accidentalmente presenti hic et nunc.
È la prima volta che avviene nella storia repubblicana e democratica del nostro Paese. Non era mai accaduto negli ultimi 70 anni che a governare una regione fosse uno striminzito 17% degli aventi diritti al voto. Perché è proprio di questo che, aldilà di tutte le possibili considerazioni concernenti la bassa affluenza ai seggi, stiamo parlando: meno di un quinto degli elettori è adesso al governo in Emilia Romagna (mentre in Calabria le cifre sono leggermente, ma non troppo, superiori).
Il Giappone tornerà ad elezioni il 14 dicembre, il premier Abe ha infatti deciso lo scioglimento anticipato della Camera dei Rappresentanti. “Questa elezione chiede se procedere con l'abenomics o fermarla” ha dichiarato l'esponente conservatore.
Premessa. Le periferie metropolitane in Europa e in Italia
Come si è potuto vedere dai recenti fatti di Tor Sapienza e dalle ancor più recenti tensioni nei quartieri popolari milanesi, le periferie delle città metropolitane sono il nucleo di un malessere crescente sempre più difficile da arginare, ormai anche in Italia. Infatti, se nelle grandi metropoli europee la situazione negli anni scorsi è spesso sfociata in riots (nell'agosto del 2011 nelle periferie inglesi ci furono 5 morti e 4000 arresti su 15000 partecipanti, mentre nel 2005 i disordini nelle banlieus francesi coinvolsero ben 300 città portando ai più estesi disordini dopo quelli del celebre maggio '68), in Italia era rimasta sotto controllo. Tuttavia, le periferie restano una realtà magmatica e difficilmente codificabile, le stesse rivolte di massa si innescano in seguito a fatti che generano una risposta emotiva più che razionale nei protestanti (l'uccisione di giovani immigrati da parte delle forze di polizia ha dato il via alle rivolte di cui sopra).
Il risultato, per un suo aspetto sorprendente ma non troppo, delle appena passate elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria consente già a botta calda alcune riflessioni. L’aspetto sorprendente è il tracollo della partecipazione elettorale, essendo esso avvenuto in termini giganteschi in Emilia Romagna e solo un po’ meno giganteschi in Calabria. Si può ben dire che comunque il PD di Renzi ha vinto: ma il fatto che si tratti di una vittoria basata sul tracollo della partecipazione significa che è venuto a termine il periodo in cui attorno al personaggio era coagulata l’aspettativa e la mobilitazione elettorale (non dimentichiamo le primarie che lo elessero segretario del PD) di decine di milioni di persone.
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