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Di Matteo Mariani
Tra qualche anno avremo macchinisti settantenni alla guida dei treni. Sembra incredibile, ma sarà così.
Fino a qualche anno fa chi guidava i treni, così come altri ferrovieri con mansioni connesse alla sicurezza e che lavorano su turni irregolari, aveva un fondo speciale presso l’INPS e la garanzia di poter andare in pensione a 58 anni.
La pensione anticipata risultava di fondamentale importanza in particolare per i macchinisti, che hanno tuttora un’aspettativa di vita di 64,5 anni, contro quella media di 82 anni della popolazione italiana.
Poi sono arrivati i vari Calderoli (che ha soppresso i fondi speciali) e Fornero, e così i ferrovieri, unica categoria in Italia, si sono trovati ad andare in pensione 9 anni più tardi in un colpo solo.
Mentre l'esaltazione economicistica del "modello americano" tocca il suo apice coi fasulli dati di crescita del Pil nel terzo trimestre dell'anno, l'orrore del sistema repressivo delle classi dominanti viene totalmente celato agli occhi della società civile, lasciata a cullarsi nei reminescenti sogni consumistici.
In direzione ostinata e ostinata.
Palazzo Boyl sgomberato torna “regno del degrado”.
L’atmosfera natalizia, quel brio di festa che circola solitamente nell’aria dicembrina, ha regalato nella mattinata odierna alla città di Pisa; ai suoi cittadini e alle sue cittadine l’ennesimo doloroso sgombero di un luogo simbolo di incuria degrado e mala gestione civica. Palazzo Boyl, liberato dal Municipio dei Beni Comuni, lo scorso 22 Novembre torna ad essere il “regno dei piccioni” o degli acari, fate voi.
La vigilia di Natale è stata accompagnata, oltreoceano, dalla notizia della crescita del PIL statunitense del 5% nel terzo trimestre dell'anno. Abbiamo visto in televisione il Presidente Obama festeggiare, circondato da bimbi danzanti, augurando buone feste a tutti, dato che del disastro del 2008 gli USA sono completamente usciti.
di Luca Onesti
Quest’anno la Mostra do Cinema da America Latina, organizzata dalla Casa da America Latina di Lisbona, è arrivata alla quinta edizione. È questa una delle poche occasioni in cui si può avere accesso ad un cinema vivo e di grande qualità come quello latinoamericano: il sistema di distribuzione cinematografico infatti tende a nascondere interi continenti, riducendoli ai pochissimi autori o film che trovano una diffusione nelle sale europee. Quest’anno non ho potuto seguire la Mostra in tutte le sue giornate (si può consultare il programma completo cliccando qui) e, oltre a segnalare il bellissimo film cileno Las analfabetas (Cile, 2013, di Moisés Sepúlveda, nato come spettacolo teatrale e interpretato dalle stesse attrici, Paulina García e Valentina Muhr, è la storia di una donna analfabeta di 50 anni che prova ad imparare a leggere con l’aiuto di una giovane professoressa), mi limiterò a raccontare la retrospettiva che quest’anno la Mostra ha organizzato sul documentarista brasiliano Eduardo Coutinho, curata dalla programmatrice della Mostra Maria Xavier (l’abbiamo intervistata l’anno scorso per Sosteniamo Pereira, qui) in collaborazione con Nuno Sena (programmatore dell’IndieLisboa, abbiamo intervistato anche lui poche settimane fa per Il Becco, qui).
L’11 settembre 2001 un gruppo armato legato al potere talebano in Afghanistan si impadronì negli Stati Uniti di quattro aerei di linea e riuscì a scaraventarne due contro le Twin Towers di New York, uccidendo tremila persone. Tra i numerosi effetti politici di quest’atto ci fu la partenza di una discussione tra i governi europei e nelle sedi dell’Unione Europea, oltre che sul da farsi in termini di prevenzione rispetto a rischi conformi per le proprie popolazioni, anche su ciò che andava considerato formalmente “terrorismo”. Si trattava infatti di dare una base legale adeguata ad azioni di prevenzione, forme di indagine, poteri degli inquirenti, misure di repressione, ecc. Il Parlamento Europeo, di cui ero allora membro, passò alcuni mesi a discutere, con scarsi risultati: l’unica cosa su cui c’era convergenza unanime era che atti distruttivi di vite civili che partivano da motivazioni politiche, come l’attentato dell’11 settembre, erano da considerare
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