Giovedì, 09 Gennaio 2014 00:00

Valle del Giordano: centrale per la pace in Palestina

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La trattativa per giungere ad un accordo di pace tra Israele e Palestina fa capolino, sporadicamente, tra i titoli dei giornali. Recentissima la notizia del due di picche ricevuto dal Segretario di Stato John Kerry da parte del governo di Netanyahu: nonostante quel che ne dice il responsabile degli Esteri statunitense, il raggiungimento di una pace definitiva non pare poi così vicino. Il punto di rottura è stato quello relativo alla gestione della Valle del Giordano, parte di quella fetta di territorio palestinese a confine con la Giordania e sotto occupazione israeliana.

Il governo israeliano ha alzato i toni opponendosi ad ogni opzione di ritiro dei coloni che vi si sono insediati e di diversa gestione della sicurezza. Il Ministro degli Interni israeliano Gideon Saar ha affermato che “senza la Valle del Giordano Israele sarebbe privato della sua profondità strategica” e ha ribadito che le colonie presenti sono fondamentali per le attività dell'esercito. Israele ha difatti occupato i territori palestinesi che confinano con la Giordania: solo facendo della Valle del Giordano il suo confine orientale Israele può assicurarsi il completo isolamento dei palestinesi, impedendo il passaggio di armi attraverso il confine ma anche controllando tutti i passaggi strategici per commerci e relazioni internazionali.

Se nessuno può negare l'importanza della Valle del Giordano per quanto riguarda sicurezza israeliana, riconoscere che questi siano gli unici argomenti su cui si basa la disputa significherebbe fare il gioco della potenza occupante. La Valle del Giordano si chiama a questo modo perché è la pianura che si estende attorno ad uno dei fiumi più grandi del Medio Oriente. Da millenni, la presenza di bacini e risorse idriche determina la sopravvivenza di insediamenti e popolazioni; anche se in termini diversi, ancora oggi l'accesso a queste risorse è spesso alla base di conflitti che si protraggono nel tempo. E questo vale anche nel caso del conflitto israelo-palestinese.

Da quando Israele ha occupato la zona a confine con la Giordania, ai responsabili militari è affidata anche l'amministrazione civile: in particolare a noi interessa precisare come a questi sia affidato anche il compito di gestire la concessione di licenze per lo sfruttamento di risorse idriche. Ai pozzi destinati ai palestinesi, i responsabili dell'esercito israeliano hanno posto dei contatori così da controllare e regolare l'utilizzo. Questi ed altri provvedimenti hanno ridotto il popolo palestinese alla sete: gran parte dei palestinesi, a Gaza soprattutto, non è raggiunta dalla rete idrica e i pozzi più antichi, che storicamente hanno soddisfatto il fabbisogno degli abitanti della zona, si stanno prosciugando per lo sfruttamento eccessivo portato avanti da Israele ed in alcuni casi non saranno presto più utilizzabili a causa dell'inquinamento.

Oggi, in un momento storico in cui entrambi i popoli vedono un incremento demografico che non accenna a fermarsi, l'importanza strategica del controllo delle risorse idriche aumenta a dismisura: per quanto questa non costituisca una parte consistenza dei commerci israeliani, l'agricoltura è fondamentale sul piano domestico. E garantire la coltivazione di campi in un territorio arido come quello mediorientale comporta un grosso impiego di acqua, utilizzata ovviamente largamente anche nell'industria. Acqua che Israele può avere solamente sottraendola all'utilizzo da parte dei palestinesi: molti di loro sono storicamente contadini o pastori e il controllo delle risorse idriche li ha ridotti, di fatto, alla fame. Siamo, quindi, legittimati a parlare di occupazione coloniale da parte di Israele e ne sono segni evidenti il controllo totale delle risorse e la volontà di mantenere il popolo occupato appena sopra la soglia delle condizioni di sopravvivenza (come non pensare, in questo caso, al trattamento dei pescatori di Gaza, che non riescono nemmeno più a sfamare la propria famiglia con la propria attività?).

È quindi evidente che dietro la questione della Valle del Giordano non c'è solo un “semplice” problema di sicurezza: Israele è pronto a far saltare i tavolo di una trattativa che, grazie ai media occidentali, aiuta il governo a ripulirsi dall'immagine di criminale internazionale che lo precede e, dall'altra parte, Abu Mazen ha dichiarato che in caso di annessione della Cisgiordania l'autorità palestinese richiederà il riconoscimento internazionale come stato sotto occupazione, facendo riferimento ai confini antecedenti al 1967 e con Gerusalemme Est come capitale.
In poche parole, la fine definitiva di quei tentativi di pacificazione che sono tanti cari (e che fanno tanto comodo) alle potenze occidentali.

Ultima modifica il Giovedì, 09 Gennaio 2014 00:01
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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