Collocandoci nel campo della sinistra, senza credere che questa categoria non abbia più validità, ci interroghiamo sulla necessità di una sua ridefinizione, confrontando opinioni diverse e percorsi eterogenei che sono alla base della nostra esperienza.
Vittima del protagonismo del Premier Renzi e dell'antico rito della frammentazione, la sinistra vive oggi un momento di profonda crisi. Se da un lato Matteo Renzi è riuscito nell'impresa di “rottamare” la classe dirigente del PD, salvo poi perpetuare la logica delle larghe intese, a sinistra del Partito Democratico si moltiplicano le divisioni che rendendo fallimentare ogni tentativo di costruzione di un progetto unitario. Quale futuro per la sinistra nel nostro paese?
Abbiamo posto questo interrogativo a tre protagonisti del variegato universo della sinistra politica: Pippo Civati - anima eretica del Partito Democratico –, Nicola Fratoianni - da pochi mesi Coordinatore nazionale di Sinistra Ecologia Libertà – e Simone Oggionni - Coordinatore nazionale dei Giovani Comunisti.
Un pezzo importante della variegata e frammentata sinistra si è ritrovato dal 23 al 28 settembre nel cuore del centro storico di Reggio Emilia per discutere di come superare marginalità e divisioni.
Partire dalle radici per far crescere le ali: questo il filo conduttore (e l'auspicio degli organizzatori) della festa “Lavori di corsa a sinistra” promossa da Essere Comunisti e primo appuntamento della nascente associazione Sinistra Lavoro, contenitore che si propone come lievito per far crescere un raggruppamento unitario della sinistra nel nostro Paese.
A conclusione del dibattito finale della festa, che ha visto la partecipazione di Claudio Grassi, Nicola Fratoianni e Pippo Civati, abbiamo raccolto le opinioni di uno dei promotori di Sinistra Lavoro: il senatore Cesari Salvi.
Laureato alla Bocconi, un'esperienza da economista per il Fondo Monetario Internazionale, emerso alle cronache politiche sotto il PD di Bersani, eletto per questa XVII legislatura, Viceministro dell’Economia e delle Finanze durante il governo Letta, si dimette, poco dopo l’infelice battuta di Renzi “Fassina chi?”, per divergenze sulla linea politica portata avanti dall'allora solo segretario del PD rottamatore.
“Lavoro e libertà” è un libro-intervista realizzato da Roberto Bertoni, giovanissimo giornalista, classe 1990, e Andrea Costi, esperto di sviluppo sostenibile (a livello ambientale quanto di dignità dei lavoratori). Edito da Imprimatur nell’estate 2014 in seguito al successo del PD alle europee e distribuito nelle librerie a ridosso dei risultati sull’andamento del PIL italiano (deludente rispetto alle previsioni del governo e ritenuto la prima battuta di arresto di Renzi da alcuni commentatori).
Dopo mesi di astio e di decisioni andate di traverso a molti la scissione in SEL è arrivata a compimento. Il casus belli l'oramai celeberrimo “decreto ottanta euro” (seguito ad un altro casus belli che ha sicuramente contribuito a rafforzare le posizioni di Migliore: la scelta della signora Spinelli di rinunciare alla rinuncia, scelta che ha frustrato molti elettori e militanti di SEL).
Pezzi importanti di quel partito (almeno tra i parlamentari, difficile dire l'effetto sugli iscritti) si sono diretti verso il PD provando a tracciare un'incredibile - istantanea - scorciatoia per una sinistra di governo: entrare in un partito che già governa.
Si realizza, almeno parzialmente, una delle due opzioni (l'altra è il settarismo) opposte e speculari che coinvolgono la sinistra italiana da almeno un decennio: il governare tanto per farlo, il governare sempre e comunque, a prescindere dai contenuti, a prescindere dal Nuovo Centro Destra, a prescindere dalla realtà dei fatti.
Le elezioni europee dello scorso 25 maggio hanno sicuramente avuto il pregio di consegnarci una chiara (nonostante la forte astensione) fotografia dello stato del Paese.
Senza dilungarci, lasciando l'analisi del dato elettorale ad altri: il Partito Democratico stravince con più del 40% dei consensi, aumenta i propri voti in assoluto e diviene primo partito tra quelli coalizzati attorno al PSE, riuscendo tra l'altro ad arginarne in gran parte l'arretramento; mentre la lista Tsipras di Spinelli e compagnia riesce a superare il quorum con uno scarso 4,03% (con cento-centocinquanta voti in più rispetto al risultato della Federazione della Sinistra nel 2009) quasi solamente grazie al calo dell'affluenza ed elegge tre europarlamentari, vale a dire Barbara Spinelli, Curzio Maltese ed Eleonora Forenza di Rifondazione Comunista.
E proprio dal dato delle europee è comodo partire per farsi un idea dello stato di salute della sinistra italiana e porsi la fatidica domanda, “che fare?”.
Vi riproponiamo un'intervista all'economista Samir Amin realizzata nel luglio 2011 da Dmitrij Palagi e Mattia Nesti per La Prospettiva. Sono passati tre anni ma la rilettura è più che consigliabile, soprattutto alla luce del dibattito che abbiamo portato avanti in questi mesi su Europa, modello di sviluppo e dimensione politica. Buona lettura.
1) Su diversi giornali e siti si parla di Primavera Araba, così come in passato si è utilizzata l’espressione Primavera Sudamericana. Si tenta anche di collegare questi processi con le varie forme di protesta europee, dagli indignados ai referendum italiani. Nonostante questo collegamento è evidente l’assenza dello spirito di Genova 2001, un senso di unità che in molti riassumevano con lo slogan “un altro mondo è possibile”. C’è stata una perdita di unità ed è mai realmente esistito un movimento mondiale anticapitalista?
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