Collocandoci nel campo della sinistra, senza credere che questa categoria non abbia più validità, ci interroghiamo sulla necessità di una sua ridefinizione, confrontando opinioni diverse e percorsi eterogenei che sono alla base della nostra esperienza.
Due parole sulle tattiche elettorali. Mi pare che la soluzione Ingroia sia la più razionale e positiva possibile in questa fase: non disperde, include, inserisce argomenti (i sistemi criminali) obiettivamente strategici per l’Italia.
Attenzione! Data la crisi della politica, tutto dura “lo spazio di un mattino” (Berlusconi 20 anni, la Lega non mi ricordo quanto, Segni chi se lo ricorda più, “la gioiosa macchina da guerra”???, l’IDV è solo il fantasma di se stesso, Vendola ha fallito l’OPA e nessuno se lo fila più, il M5S è già in declino) anche a sinistra per quella che, più radicale non si può (i 120mila iscritti al primo movimento per la Rifondazione Comunista, il milione di persone –più o meno- che vi hanno transitato, il movimento dei movimenti), ma la cosa riguarda anche le iniziative minori e più recenti, locali e nazionali… non è il caso di elencarle, qualcuno potrebbe offendersi.
Pochi passi separano, nel pieno centro di Roma, il Teatro Capranica da Montecitorio.
Pochi passi dal luogo scelto per l'assemblea di lancio della propria candidatura, al ritorno dal Guatemala, che adesso l'ormai ex pm Antonio Ingroia dovrà percorrere, attraverso le elezioni del prossimo 24-25 febbraio, per concretizzare l'intento di portare in Parlamento una rappresentanza credibile delle istanze delle battaglie politiche per i diritti del lavoro e contro le cricche e le mafie, oggi assenti dal "palazzo" e impossibilitate a riconoscersi anche in una coalizione di centrosinistra dal profilo programmatico ancora assai incerto.
Immagine tratta da popartmachine.com
Condivido molto le considerazioni di Raul Mordenti nel suo articolo (clicca qui per leggere) e, d’altra parte, mi sembra giusto ciò che sostiene Francesco Draghi nel suo: “…le primarie…meritano…un’ulteriore riflessione…a sinistra…” (clicca qui per leggere). C’è una questione: perché, nonostante condivida l’analisi di Mordenti, non mi toglie dallo stato di disagio in cui mi trovo.
Foto ripresa liberamente da LetteraPolitica.it
Come è tornato così sembra mestamente andarsene. Berlusconi questa volta pare proprio al capolinea, schiacciato dal fuoco di fila di attori politici ed istituzionali sovranazionali che ormai da più di un anno non solo dettano l'agenda politica italiana, ma ne impongono i protagonisti. I sondaggi in caduta libera, il disfacimento del suo blocco sociale e l'implosione del PDL sembrano ormai configurare la fine della sua egemonia politica sulle destre e sul paese. L'Europa ha scelto Monti.
La sconfitta del Cavaliere, dopo un disordinato e breve rientro sulla scena politica, segna la definitiva affermazione del nuovo ordine tecnocratico europeo sulle macerie di una destra italiana da sempre populista e qualche volta apertamente conflittuale rispetto alla retorica europeista declinata all'austriaca, certo non a protezione degli interessi del lavoro o delle fasce più deboli di popolazione, piuttosto per preservare gli interessi immediati del suo blocco sociale.
Berlusconi non ha mai nascosto di non amare l'austerity, troppo poco funzionale al suo modello di potere impastato di demagogia e corruzione. I suoi governi, tranne quando in occasione del primo approfittò del lascito di Ciampi in termini di riduzione della spesa, si sono contraddistinti per una gestione populista delle finanze pubbliche, non finalizzata a piani di rilancio dell'economia o all'espansione del welfare, ma al taglio delle tasse, ai condoni e al mantenimento di un sistema clientelare e corrotto.
Per l'Italia dei Valori l'operazione “centrosinistra” doveva partire da qui, dalle stanze dell'Auditorium al Duomo di Firenze. Non è un segreto, d'altronde, che proprio il vicecapogruppo alla Camera e segretario regionale dell'Idv Fabio Evangelisti (già vicino alle posizioni del transfugo Donadi) lavori per ricucire lo strappo del partito con i “progressisti” di Vendola e Bersani. La Toscana, governata da un centrosinistra modello Unione (dal PD a Rifondazione), pareva dunque il terreno ideale per recuperare i rapporti interrotti; purtroppo, però, il presidente della Regione Enrico Rossi, che avrebbe dovuto discutere con Antonio Di Pietro del “futuro del centrosinistra”, è risultato assente giustificato, costretto a casa dall'influenza.
Malattia provvidenziale, hanno sussurrato in platea i più maligni. E la sensazione, ascoltando la conversazione fra il leader di Idv e la giornalista de “l'Unità” Claudia Fusani, è che l'ex pm e Bersani non abbiano ancora ristabilito alcun tipo di interlocuzione. Di Pietro lo dice chiaramente: “il Partito Democratico (con SEL) pensa di poter approfittare della mancata modifica della legge elettorale per vincere in solitaria con il porcellum”. E sbaglia. Anche perché, come ha ricordato in questi giorni il professor Roberto D'Alimonte, non è detto che con un centro debole e un Berlusconi in ripresa il centrosinistra ristretto a PD e SEL riesca ad aggiudicarsi una solida maggioranza in Senato. Non vorrebbe, Di Pietro, che le porte chiuse del PD portassero ad una “riedizione della “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria”. In questo scenario, piuttosto cupo, non manca però lo spazio per l'orgoglio, di fronte ad un partito che barcolla sotto i colpi degli scandali degli ultimi tempi (dalle case di Report al laziale Maruccio), ma non intende ritirarsi dal campo di battaglia.
Ho atteso il risultato delle primarie del centro-sinistra (!) e l’esito dell’Assemblea nazionale di “Cambiare si può!” per questa riflessione sulla relazione inscindibile tra la struttura sociale come si presenta oggi, i molteplici soggetti dell’azione politica e le istituzioni: in breve tra il cittadino e i vari livelli di potere e quanti hanno occupato lo spazio politico con l’obiettivo esclusivo di detenere il potere ad ogni livello. Indubbiamente la società è molto articolata e non esistono contenitori in grado di rappresentarla in maniera soddisfacente ed adeguata.
Un’estrema frammentazione ha portato alla nascita di soggetti dell’azione politica diametralmente opposti: alcuni che si fondano su interessi particolari e, in certi casi, fortemente identitari; altri con la caratteristica del contenitore omnibus dal quale si scende e si sale a piacimento o per convenienza; altri ancora con forti caratteri e modalità di azione populistiche e fortemente influenzati da interessi personali.
Dai risultati delle primarie di coalizione, con l’affermazione di Bersani, ci troviamo di fronte ad una duplice lettura della linea politica che ha vinto: quella che sostiene il governo Monti con l’adesione alle politiche dell’Unione Europea e delle altre istituzioni comunitarie o una proposta alternativa e molto annacquata di socialdemocrazia europea attenta alle politiche sociali e non assoggettata alla finanza internazionale e al sistema bancario? È lecito chiedersi se la coalizione guidata dal PD dovesse affermarsi alle elezioni politiche si porrebbe come interprete delle istanze che sono la manifestazione della disperazione, dell’emergenza sociale e della paura del domani e che si sono impadronite di settori sempre più ampi della società e tradurrebbe questo in provvedimenti legislativi volti direttamente ad incidere sui problemi del lavoro – disoccupazione e precarietà –, sul sistema pensionistico, sugli investimenti pubblici, sulla riduzione delle spese militari, sull’introduzione della patrimoniale, sull’evasione e l’elusione fiscale, sul sistema bancario e sul potere incontrollato della finanza internazionale.
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