Collocandoci nel campo della sinistra, senza credere che questa categoria non abbia più validità, ci interroghiamo sulla necessità di una sua ridefinizione, confrontando opinioni diverse e percorsi eterogenei che sono alla base della nostra esperienza.
Le elezioni europee di maggio sembrano rappresentare - fuori tempo massimo – l'ultima occasione per una sinistra debole, frammentata per linee ideologiche e visioni del mondo differenti.
Proprio le differenze sembrano acuirsi tanto più che le organizzazioni politiche diventano magre, povere di iscritti, voti ed insediamento sociale: in una parola assenti dall'immaginario collettivo.
Anche se la formazione di un'unica lista non è affatto garanzia di superamento dell'iniquo ed ingiustificabile sbarramento, più liste nel medesimo spazio politico rappresentano la certezza che nessuna di esse sarà in grado di eleggere.
Immagine tratta da blogs.reuters.com
10 gennaio 2004, Simone Collini intervista Fausto Bertinotti su l'Unità.
«Il segretario di Rifondazione comunista sarà oggi e domani a Berlino, dove insieme ai segretari di altri sette partiti della sinistra europea, firmerà l’atto di nascita di un nuovo partito transnazionale. Il nome sarà semplicemente Sinistra europea.»
Non una nuova internazionale ma un'organizzazione che provi a costruire «un’altra Europa: dei popoli, della partecipazione, della pace».
In vista delle europee del 2004 il nuovo soggetto politico parte con un appello sottoscritto, tra gli altri, da:
Delle 20 formazioni ufficialmente presenti solo 11 sono promotrici attive, mentre altri partiti (tra cui il PdCI di Diliberto) scelgono di rimanere osservatori. Non mancano le polemiche.
I francesi optano per un referendum tra gli iscritti. In Italia molti denunciano l'operazione come un tentativo di liquidare la questione comunista, sostituendola con la non-violenza. Questo è stato messo in conto dai promotori del nuovo percorso:
«C'é una precipitazione, nella scelta concreta che ci accingiamo a compiere. Ci sono alcune forze che avviano la marcia, imboccano una direzione, si assumono una responsabilità» (da Liberazione dell'11 gennaio 2004).
Questa accelerazione non ha ancora sanato le divergenze tra aderenti e osservatori. Non a caso il Partito della Sinistra europea non coincide con il GUE (il Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica), che raccoglie i deputati alla sinistra del PSE (quello di D’Alema, per semplificare in tempi di barbarie).
Nelle fasi iniziali il ruolo degli italiani non è mai stato marginale.
«Quando il PCI, rinominato PDS, decise di aderire all'Internazionale Socialista nel 1991, si ritrovò nel Gruppo Socialista del Parlamento Europeo. Allora iniziò un processo per unire tutte le forze della Sinistra non socialista».
Così si apre la sezione “storia” sul sito dell'European Left.
Dopo un articolato percorso si arriva all’appello del 2004 e al primo congresso, che si tiene nel maggio dello stesso anno, eleggendo all'unanimità Fausto Bertinotti come presidente. L’allora segretario di Rifondazione darà le dimissioni una volta eletto Presidente della Camera nel 2006. Per i primi due anni non è però in dubbio la centralità dell'esperienza italiana, ritenuta all'avanguardia in termini di risultati elettorali e di elaborazione teorica, oltre che di sperimentazione politica (apertura ai movimenti, superamento di molte posizioni storiche del comunismo, dibattito sulla categoria dell'imperialismo, …).
Oggi il Partito della Sinistra Europea ha deciso di candidare Tsipras alla presidenza della Commissione Europea, come abbiamo scritto sul Becco il 19 ottobre del 2013 (quasi per primi in Italia, a confermare quanto scritto nei prossimi paragrafi).
Il giovane politico, che ha sfiorato la vittoria alle ultime elezioni greche, destando scalpore e notizia in tutto il vecchio continente, viene dallo stesso Synaspismos che era a Berlino quel 10 gennaio del 2004. Lo stesso progetto della Sinistra Europea dà spunti decisivi per la nascita di Syriza, che vive forti momenti di difficoltà già nel corso dei primi mesi di vita, senza superare il 5% per numerosi anni, fino alla rapida ascesa del 2012 (quando diventa il secondo partito della Grecia).
I sondaggi prevedono, nella maggior parte dei paesi, un netto avanzamento delle forze della Sinistra Europea alle europee del 2014. I partiti dell'European Left hanno effettivamente registrato un significativo aumento di consensi in tutto il continente "dall'inizio della crisi economica" (per citare un'espressione cara al giornalismo italiano).
L'avanguardia italiana nel frattempo si è dissolta. Non c'è nessun parlamentare italiano che si riconosce in quel progetto nato nel 2004. Gennaro Migliore, all’epoca tra i promotori più convinti, sostiene oggi una linea di avvicinamento di Sinistra Ecologia e Libertà al Partito Socialista Europeo. Bertinotti si è ritirato dalla politica attiva. Rifondazione Comunista è sparita dal livello istituzionale nazionale. A livello diffuso, nella percezione dei cittadini, si ignora il destino di quelle forze che dettero vita all'infelice esperimento de la Sinistra l'Arcobaleno (un tentativo di tradurre a livello nazionale la progettualità ipotizzata su scala europea).
Oggi in Italia si dibatte ferocemente tra i residui di quella che veniva chiamata "sinistra radicale".
Come per l'esperienza di Rivoluzione Civile ci si riduce all'imminente scadenza elettorale concentrandosi sul risultato immediato: far salire qualcuno sulla barca di Tsipras. Si ignora del tutto l'aspetto della progettualità, si preferisce evitare una seria riflessione su quello che è successo nel paese nel corso degli ultimi dieci anni. Sarebbe un ragionamento che coinvolgerebbe dirigenti ormai diversamente collocati, intellettuali, società civile e movimenti organizzati. Gli stessi limiti della Sinistra Europea non sono stati mai superati e non è ben chiaro quali siano le prospettive di un'esperienza che rischia di ripetere su scala continentale la mancata occasione della Rifondazione Comunista italiana.
Rimuovere la storia non aiuta mai, ce lo hanno ricordato gli ultimi appuntamenti elettorali.
Errare è umano, perseverare è diabolico.
Ho appena finito di leggere la trentesima riflessione di fila sulle proteste che hanno animato i telegiornali di questi giorni. Le decine di interventi si aggiungono ad altre decine di articoli che hanno accompagnato le pause pranzo e le ore di veglia notturna.
Più che del movimento reale, forse sono i dibattiti sul web e sulla carta stampata che andrebbero analizzati, per quanto riguarda la sinistra, intesa come blocco alternativo al sistema presente (quindi più che altro si tratta di intellettuali, giornalisti, dirigenti fuori dal Parlamento, punti di riferimento sui social network…).
Quando si verifica una piena eccezionale, l’acqua di un fiume raccoglie lungo il cammino centinaia di detriti che, abbandonati sulle sponde dal caso, vengono trascinati dalla corrente e talvolta finiscono per accatastarsi in un informe castello di scorie.
Un mese fa è successa più o meno la stessa cosa con la vittoria di De Blasio a New York. Il ritorno dei democratici alla guida della metropoli dopo vent’anni di Giuliani e Bloomberg è sicuramente un evento molto significativo. I commenti che, almeno in Italia, si sono sprecati su questo tema assomigliano invece al ricordato castello di scorie. Tralasciamo i facili orgogli nazionali per le origini italiane del nuovo sindaco e andiamo immediatamente al punto politico: De Blasio – o “Bill il rosso” – è stato percepito come l’alfiere di una nuova politica di redistribuzione, equità, giustizia sociale e welfare.
I nodi italiani stanno venendo tutti al pettine, dopo due anni di bluff sulla ripresa, l'occupazione giovanile, i conti in ordine, il cambiamento di posizione della Germania dopo le sue elezioni, gli eurobond, gli aiuti europei, la messa in comune del debito dei vari paesi della zona euro, lo scorporo degli investimenti pubblici dal conto del deficit, ecc. Niente di tutto ciò sta avvenendo; al più, elemosine europee in cambio di ulteriore “rigore”, cioè massacro sociale. L'economia non solo in Italia ma nella zona euro è in recessione e si sta avvitando pericolosamente in quella condizione di deflazione che impedisce a qualsiasi politica economica venga tentata di sortire risultati; la disoccupazione sta accelerando, la miseria popolare pure, il debito aumenta.
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