Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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In difesa della causa persa del reddito di cittadinanza
Mentre il governo va in difficoltà a causa della sentenza della Consulta che stabilisce l'incostituzionalità dello stop alla rivalutazione automatica delle pensioni per gli assegni superiori a tre volte il minimo stabilito dalla riforma Fornero; mentre si parla ormai pacificamente in ambito internazionale di "bombardare i barconi" tra una preghiera di Papa Francesco e un incontro con Ban Ki Moon, arriva quello che non ti aspetti, ossia la proposta di un "reddito di cittadinanza" da parte di un M5S in evidente difficoltà politica. La proposta, scippata alla sinistra e un po' abborracciata, è stata lanciata in grande stile con la marcia Perugia-Assisi del 9 maggio, i banchetti nel week-end e le comparsate televisive nei talk-show, come quella di lunedì di A. Di Battista a Quinta Colonna dove ha sempre spadroneggiato il populismo destroso di Salvini e compagnia, è il sintomo della disperazione che si palesa con una sfida anche nel territorio nemico. Quello che cercherò di chiarire è che purtroppo l'esito di questa sfida temo proprio sia già scritto.
Il nostro perché
Come molti di voi sapranno, quando ho chiesto suggerimenti relativamente al contenuto di questo intervento, mi è stato detto di parlare “dell’uomo, del socialismo, del capitalismo”. Generiche e dispersive, queste tematiche solo in fase esplorativa richiederebbero ore e ore di discussione, ma sono in realtà anche un ottimo punto di partenza per una piccola riflessione del rapporto che lega la realtà sociale con Il Becco e il suo progetto.
Uomo, socialismo, Capitalismo. Indubbiamente l’unico di questi concetti a godere di una certa salute è il terzo: capitalismo. L’uomo è stato modernamente lacerato nella sua identità individuale, ormai in frantumi o liquefatta, le sue fondazioni metafisiche che lo consideravano soggetto ordinatore razionale del mondo, autocosciente, libero e autonomo sono state prima messe in crisi dai “filosofi del sospetto” e poi disintegrate dalle filosofie strutturaliste e post-strutturaliste; anche il socialismo, con la caduta del Muro di Berlino, quando non considerato un offesa o un insulto, è nel migliore dei casi interpretato come la fine della modernità ovvero come l’infrangersi del sogno di progresso ed emancipazione dell’occidente. A dominare un contesto in cui la storia non è finita ma non sta neanche troppo bene, resta solo il capitalismo.
Guida ragionata all'impianto ideologico della riforma della scuola
Che la vertenza della scuola non sia solo una questione che riguarda il personale che nella scuola opera l'hanno oramai capito un po' tutti. C'è un sentore diffuso, anche in chi non si è letto con attenzione il disegno di legge, anche in chi non ha rapporti diretti con la scuola, che i temi in gioco, che i motivi dello scontro, questa volta siano di portata più ampia delle sole questioni contrattuali, e che riguardino non solo chi nella scuola ci lavora, ma l'intero paese, la sua tenuta democratica.
Ho letto e sentito molti commenti sul disegno di legge, alcuni dei quali molto accurati, ci sono però degli elementi che mi pare siano rimasti un po' sotto traccia, e che invece a me sono parsi di una gravità assoluta. Vorrei provare quindi a fare ulteriore chiarezza sul nodo politico di una riforma della scuola proposta da un governo monocolore PD che oramai si è pienamente collocato su posizioni ideologiche di estrema destra (con buona pace di quelli che “stiamo dentro per spostare l'equilibrio a sinistra”).
Sarebbe errato considerare la sciagurata legge elettorale in corso di frenetica approvazione come un fatto isolato, come una pessima legge tra le altre. L'Italicum rappresenta, non fosse altro che per l'imposizione della fiducia (naturale conseguenza dell'affermarsi di un ministero, quello delle "riforme", che svolge ruoli di competenza parlamentare) l'atto - finale? - di uno scivolamento, di una deriva istituzionale, che trascina il Paese, e si trascina nel Paese, da oltre venti anni.
La fine dei partiti di massa, di quelle organizzazioni che avevano costruito un sistema democratico delle volte zoppicante (si vedano in proposito le innumerevoli trame nere che hanno attraversato la storia d'Italia) ma nel complesso solido, la progressiva perdita di credibilità delle organizzazioni sindacali e di quasi tutti gli altri corpi intermedi della società (dovuta anche a specifiche manovre di indebolimento, per legge, delle tutele sul lavoro, volte a renderele meno incisive ed a martellanti campagne mediatiche), ha aperto le porte ad un sistema istituzionale incentrato sulla predominanza degli esecutivi sugli organi della rappresentanza.
I semi della rivolta
La lunga storia della lotta alle mafie alle ingiustizie e alla disuguaglianza sociale, ha tantissimi attori. Uomini e donne pronti a dare la vita, in pieno spirito socratico, per difendere, ma soprattutto per far valere le proprie idee. Luce abbagliante che deve arrivare alle comunità troppo spesso depresse e represse da ritmi quotidiani e da concezione del sociale come qualcosa di avulso rispetto al contesto in cui si vive. Finiamo per isolarci, per buttarci giù senza una via maestra da seguire. I detentori del potere hanno un unico obiettivo dividere per rendere tutto il resto debole, facilmente attaccabile. Le comunità spesso si sono mosse in impeto d’orgoglio anche grazie alla sapienza e alla temerarietà degli “attori” di cui sopra.
Certo che, tutte le volte che ci provano, ci riescono alla grande. Tutte le volte che il dibattito pubblico viene concentrato (deviato?) in modo da escludere dalla visuale il vero smantellamento dei diritti in questo Paese, noi ci prestiamo facendo gli utili idioti.
Cerco sempre, ultimamente, nel parlare di politica e nel ragionare di cosa fare, di mettermi nei panni di quella che è la stragrande maggioranza delle persone in Italia. Cerco di capire come è che il dibattito politico viene percepito, quali sono le priorità e quale è il reale interesse per le questioni su cui noi invece ci spacchiamo la testa.
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