Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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“Il razzismo è una malattia. È un cattivo funzionamento della mente che compromette le relazioni umane, è una malattia psichicamente contagiosa conseguente al fatto che una mente predisposta viene infettata da idee false, patologiche, che producono ostilità verso altri gruppi e verso i loro membri.”
Ashley Montagu
Questo non è un vero e proprio articolo. Piuttosto uno sfogo. Lunedì sera, facendo zapping alla televisione alla ricerca (abbastanza vana) di qualche film, sono incappata in un servizio trasmesso da Piazza Pulita, il programma condotto da Corrado Formigli in onda su La7. Il tema era l’immigrazione, dopo una prima parte dedicata al lavoro. Il video mostrava l’ira di decine di residenti di una palazzina a Marino che protestavano animatamente – per usare un eufemismo – contro la disposizione del prefetto di Roma di adibire alcuni appartamenti del palazzo in gestione ad una cooperativa sociale, a 78 richiedenti asilo. La minaccia di trovare il proprio palazzo invaso da “stranieri che rubano e stuprano bambini” ha scatenato le reazioni più bieche e violente della “brava gente” di Marino. Una mamma dice al giornalista che sua figlia non vuole tornare più a casa e che anche lei stessa è seriamente preoccupata perché “io non sarò più libera di uscire la sera, le mie figlie non potranno più girare in bicicletta, perché si sa che usanze hanno questi profughi”.
La FIFA di uno scandalo annunciato.
Un terremoto, uno sconquasso quello apertosi per la Fédération Internationale de Football Association, conosciuta semplicemente con il celebre acronimo FIFA. L’organo per eccellenza, istituzionalizzato del mondo del calcio, con sede a Ginevra guidato ormai da quattro mandati dallo svizzero Sepp Blatter.
L’organo fu fondato a Parigi il 21 maggio 1904 e si occupa tutt’oggi dell'organizzazione di tutte le manifestazioni intercontinentali di calcio futsal e beach soccer. Gli interessi che girano attorno ad un organizzazione così importante, organizzatrice e promotrice dell’evento sportivo più importante del mondo (il mondiale di calcio) sono innumerevoli.
Nell’era del capitalismo più sfrenato purtroppo non stupisce tutto ciò, come non stupisce il teatrino smascherato, forse con colpevole ritardo, in questi travagliati giorni per il mondo del pallone e non solo.
Lo scandalo è scattato con arresti all’alba della mattinata dello scorso 27 Maggio. Il casus belli determinante riguarda un capitolo d’inchiesta per le tangenti nella Fifa relative all'assegnazione dei mondiali e ad alcuni accordi per marketing e diritti tv, indagine partita addirittura dagli Stati Uniti. Sono stati arrestati nel blitz di Zurigo sette dirigenti dell'organo di governo del calcio mondiale presto estradati negli Usa. La sfondo della farsa è stato il Baur au Lac, l'hotel dove si svolgeva il meeting annuale della Fifa durante il quale il presidente uscente Sepp Blatter affrontava la sfida del principe giordano, Ali bin Al Hussein.
Joseph Blatter risulta indagato dalla stessa Fbi ma per ora non è inserito tra i volti identificati dal dipartimento della Giustizia Usa, i quali sono accusati di corruzione.
Il filone d’inchiesta ha fatto emergere pure il nome di un’importante azienda celebre per la “vestizione” degli atleti.
Tutti temi da sviluppare, tutti temi da far emergere con chiarezza, finalmente.
Blatter è stato rieletto, tutto ciò però non cancella le ombre su un personaggio piuttosto ambiguo, con un modo di intendere il mondo del calcio come un esclusivo affare personale. L’uomo d’affari svizzero non arriva agli alti onori della cronaca (nera), solamente ora dopo quattro mandati presidenziali. Le voci di dissenso durante il suo governo sono state diverse.
Ricorderò sempre una in particolare, fomentata da un acerrimo nemico del sopracitato presidente Fifa. Parole, slogan a firma Diego Armando Maradona. Era l’estate ’94, si giocavano negli Stati Uniti i mondiali di calcio arrivati in quell’occasione alla loro quindicesima edizione. Maradona, poco prima di essere fermato poiché risultante positivo al test antidoping, urlò al mondo dopo uno splendido gol all’incrocio dei pali contro la Grecia, il proprio dissenso verso Blatter quel modo di fare politica e la sua voglia di rivincita e riscatto.
Bisogna fare le dovute premesse, Diego è e sarà sempre ricordato come una persona con forti criticità a volte i suoi eccessi hanno rappresentato la sua rovina, però quell’urlo riuscì a colpire un bimbo di 6 anni. Sono passati ben 21 anni. Il calcio si è completamente chinato alle logiche speculative e ultra commerciali, forse uccidendo la passione insita quando istintivamente vedo e vediamo quando rotola un pallone. Lo scandalo Fifa era assolutamente preventivabile, come era assolutamente preventivabile il legame forte tra i grandi capitali (quelli poco trasparenti e il più delle volte sporchi) e l’organo rappresentativo dello sport più amato al mondo. Non mi stupisce tutto ciò, mi stupisce la voglia di conservatorismo ideologico che alberga in quel mondo e negli universi paralleli che lo circondano. Negli anni anche in Italia abbiamo assistito a scandali di corruzione e truffe indecorose. Il tifo, la passione i colori inflazionati completamente rispetto alla becere logiche di mercato. Qualcuno però, in un lungo bagno d’umilità, ha mai cercato veramente un’alternativa?
La risposta è chiaramente negativa, e lo vediamo anno dopo anno. Società dichiarate fallite, accordi tesi a monopolizzare il mercato dell’offerta mediatica per seguire anche solo per svago una partita di pallone, a noi le briciole di uno sport completamente snaturato. Il calcio, lo sport di squadra per eccellenza ormai diventato la gara dell’individualismo. Le alternative però che il calcio popolare negli anni ha provato a dare ci sono e con mille difficoltà resistono e danno fantastiche risposte. La nostra penisola è costellata di progetti nati esclusivamente dal basso, tesi a far rinascere la vera passione per questo sport. Azionariato popolare, partecipazione collettiva, impegno sociale; tanti esempi: Quartograd, Spartak Lidense, Ardita e così via. Può però bastare?
Sicuramente è un inizio positivo e assolutamente meritorio, è necessario però capire come far sposare questi bellissimi fuochi di “rivolta” con l’attuale stato delle cose che ci circondano, perché il calcio e gli sport in generale tornino veramente ad essere patrimonio di tutti e tutte. Gli organismi di controllo del calcio sia a livello continentale che mondiale subiscono l’influenza eccessiva di super capitali privati, ripartire da una “nazionalizzazione” dello sport sarebbe già un passo avanti. Sicuramente garantirebbe più controllo ed eviterebbe furbate di mercato (diritti tv ecc.)
Chiosa finale; il calcio è uno sport popolare, nelle periferie (come già anticipato precedentemente) di Roma, Napoli e via dicendo è tornato ad assumere la connotazione originaria. I valori veri quello che esso reca sono incontrovertibili, quelli no gli scandali non ce li porteranno mai via.
Nella Guerra di posizioni.
Il 24 maggio 1915 l’Italia, con una mossa strategica (?) decise che era arrivato il momento di entrare in guerra sostenendo e partecipandovi con la storica triplice intesa.
Era il tramonto della belle epoque, una sorta di Pax augustea in salsa primo-novecentesca, era il periodo delle prime vertenze sociali; la Cgil era nata nel 1906, i movimenti dei lavoratori si affacciavano prepotentemente sotto la bandiera socialista e in Russia era stata repressa nel sangue la rivolta del 1905 dopo la Domenica di sangue del Gennaio 1905 a Pietroburgo, preludio della futura rivoluzione bolscevica.
La vittoria in Irlanda del referendum sui matrimoni civili. Un Sì su cui riflettere
Fino al 1993 una coppia omosessuale che si baciava per strada a Dublino o in una qualsiasi città irlandese salutandosi dopo una serata al pub, anche solo con un casto bacio della buonanotte, poteva essere incriminata. Oggi quella stessa coppia omosessuale, appena dodici anni dopo che l’omosessualità è stata depenalizzata, può sposarsi e sette persone su dieci non hanno niente da ridire.
La cattolicissima Irlanda dice sì ai matrimoni gay. Il 62,1% ha votato sì nel referendum sull’introduzione delle nozze omosessuali. I no si sono fermati al 37,9%. I voti complessivi a favore sono stati 1.201.607, mentre quelli contrari 734.300. L’affluenza a livello nazionale è stata del 60,5%. Andando oltre a questo grigio calcolo matematico e statistico, è il risultato a essere importantissimo. L’Irlanda è il primo paese a livello mondiale che per l’approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso richiede il parere del suo popolo attraverso il referendum. In un paese estremamente cattolico, dove la cattolicità non ha solo un valore religioso ma anche nazionalistico, distinzione fondamentale nella lotta fratricida con l’Irlanda del Nord e contro l’eterno nemico inglese, il risultato non era affatto scontato. Superare il dogmatismo cattolico sulla famiglia tradizionale sembrava quasi impossibile, fino al 1993 l’omosessualità era ancora un crimine e vedere l’Irlanda affiancarsi all’eterno rivale britannico nell’estensione dei diritti civili alla comunità omosessuale sembrava utopico.
Il risultato del referendum e la sua grande partecipazione hanno messo a tacere tutti. Troppo facile fare un paragone con la situazione in Italia, quasi avvilente. Tutti i partiti politici irlandesi avevano appoggiato il referendum e hanno applaudito alla vittoria del fatidico “Sì”, dal primo ministro Enda Kenny nonostante dichiaratamente cattolico praticante che ha ringraziato i giovani irlandesi per la spinta data alla vittoria, sino ai leader dei partiti d’opposizione. Nel nostro paese invece Matteo Salvini che, dopo aver posato nudo per il settimanale “Oggi”, non perde occasione per ostentare la sua virilità e mascolinità, sottolineando l’importanza di essere veri uomini rispetto agli omosessuali e la devianza delle donne lesbiche, affermando inoltre la crescita deficitaria di un bambino cresciuto da due genitori omosessuali, ignorando gli anni di studi mondiali e europei medici, psicologici e pedagogici sulle differenze nulle di crescita di un bambino con genitori dello stesso sesso rispetto a un bambino con genitori eterosessuali. La gravità della situazione italiana non sta solo nell’arretratezza in materia di diritti civili rispetto al resto d’Europa (paesi come la nazionalista e cattolica Croazia, la Slovenia e la pericolosa Ungheria di Orban ci hanno sorpassato da anni), vista l’arretratezza politica che abbiamo può anche essere normale, ma sta nell’arretratezza culturale.
A partire dai nostri politici, sino alla vita di tutti i giorni, la comunità lesbica e omosessuale italiana (per non parlare della situazione relativa alla transessualità) è bersaglio di dichiarazioni degradanti, luoghi comuni, additata come un pericolo per la mascolinità dell’uomo italiano, concetto che ci portiamo dietro dall’epoca fascista e affinato con il ruolo patriarcale dell’uomo nella famiglia e la sudditanza della donna, eredità questa della tradizione cattolica. Non vi è alcuna tutela, solo strumentalizzazione politica da parte dei partiti e totale ignoranza sul tema dalla gran parte della popolazione. Gli stessi partiti politici che si ritengono progressisti e dovrebbero fare loro la battaglia per i diritti civili, a partire dal PD che si proclama rappresentante assoluto della sinistra italiana sino agli altri partiti della sinistra, si dimostrano ancora incapaci di affrontare con successo il problema. Questo perché a mio parere gli elementi culturali conservatori della tradizione fascista e cattolica di cui ho parlato prima hanno contagiato ormai da troppo tempo anche quelle formazioni politiche che ideologicamente dovrebbero aprirsi alle lotte per i diritti. La famiglia tradizionale, l’uomo italiano forte e virile, la difesa di una presunta moralità sono elementi ideologici che hanno condizionato il progresso ideologico sui temi della sessualità e dei diritti civili e che hanno segnato anche formazioni politiche di sinistra. Basti pensare al ruolo del Partito Comunista nella battaglia sociale per il divorzio e l’aborto, un partito quello che al suo interno aveva molti elementi sociali conservatori. In questo paese a causa di questa impalcatura ideologica e cultura conservatrice, accompagnati da un misto di bigottismo culturale e ipocrisia, non si è mai seriamente portato avanti una politica di educazione sessuale nelle scuole, certe tematiche sono ancora oggi considerate dei tabù e il ruolo stesso della donna all’interno della società continua a essere traballante. Elementi che possono apparentemente sembrare scollegati, ma che invece si intrecciano in questa lotta comune contro una società estremamente maschilista, conservatrice e arretrata. Non siamo ancora arrivati a capire che il riconoscimento dei diritti civili è strettamente legato al diritto di un cittadino italiano a essere felice e di costruirsi una vita.
Senza portare questi cambiamenti e smetterla di pensare che l’omosessualità sia un problema e un pericolo, non aiuteremo mai tutti quei ragazzi e ragazze che crescono con un disagio enorme una volta resosi conto negli spogliatoi dove praticano sport, nelle scuole, nei locali ecc che gli piacciono persone dello stesso sesso e questa sensazione di diversità inserita all’interno del clima rigido e ostile che abbiamo li porta a sentirsi rifiutati, problematici, malati nonostante ormai l’omosessualità non sia più considerata una malattia psicologica come erroneamente si pensava prima. E vi assicuro che certe esperienze lasciano più segni di qualsiasi patologia mentale e anzi compromettono l’equilibrio psicologico di un ragazzo nella sia crescita. Il problema della mancata educazione o semplice discussione nelle scuole frena questo processo di supporto e di far capire ai nostri ragazzi che i loro coetanei con un orientamento sessuale diverso dal loro non sono nulla di patologico o pericoloso.
Si parla spesso di difendere i giovani, soprattutto lo dice la Chiesa cattolica nel suo sforzo di repressione, ma non si capisce che continuando su questa linea intransigente e senza riconoscere i diritti e le tutele noi i giovani li distruggiamo. In Irlanda tutti quei giovani che si riteneva fossero minacciati da quella che molti cattolici e conservatori chiamano “teoria gender” (come se vi fosse in atto una qualche cospirazione internazionale) erano nelle piazze a spingere per l’approvazione del referendum e hanno festeggiato tutti assieme, senza badare all’orientamento sessuale, per il riconoscimento dei diritti di tutti i giovani a essere felici. In Italia non si capisce che questa lotta va di pari passo con le lotte sociali, si continua a utilizzare la scusa dei problemi economici per mascherare un senso di repulsione diffuso e di conservatorismo ideologico. La contraddizione dell’odio diffuso nei confronti della Chiesa cattolica accompagnato però dalla strenua difesa dei suoi capisaldi. Insieme a una mancata comprensione e mancata acquisizione di uno dei maggiori fondamenti degli stati moderni, la laicità di uno stato rispetto alle istituzioni religiose, e questa mancata consapevolezza è frutto di decenni se non addirittura secoli di profonda collusione politica e economica che hanno instaurato un rapporto di sudditanza tra la Chiesa e molti partiti. In Italia oramai la proposta di legge per i diritti civili è diventata esclusivamente materia elettorale, una vuota promessa che riecheggia annualmente dalle voci grosse del Partito Democratico mai accompagnata da iniziative serie e decise. A sinistra del PD, la perduta credibilità politica di Vendola impedisce che la sua propaganda a favore dei diritti venga recepita e ancora più a sinistra si sono dimenticati che Rifondazione Comunista è stato sinora l’unico partito a presentare un progetto di legge respinto per le unioni civili. Nelle formazioni politiche di destra o conservatrici, si continua con il ripudio e le denigrazioni, rifiutandosi di affrontare la questione in maniera civile e moderna come hanno fatto molti partiti conservatori europei. A dimostrazione del fatto che il problema più che politico è culturale. La Chiesa cattolica in Italia continua con il suo ostruzionismo e le dichiarazioni in merito di Papa Francesco vengono gonfiate dai media oramai preda dell’orgasmo collettivo seguito alla sua elezione al soglio pontificio, dimenticandosi la sua storia all’interno delle istituzioni ecclesiastiche e che le sue frasi sono soggette a più interpretazioni.
Lontane le parole dell’arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda Diarmuid Martin “È una rivoluzione sociale. La chiesa ora deve fare i conti con la realtà”. In questo clima di ignoranza soprattutto e di chiusura mentale è impensabile poter arrivare al traguardo raggiunto dall’Irlanda, un paese che ancora oggi non ha legalizzato l’aborto se non in casi eccezionali, cosa che i nostri giornali e media continuano a ripetere quasi a esorcizzare il senso di vergogna che si prova quando ci si sente sorpassati. Guardando la cartina europea in materia di diritti civili, tutela e riconoscimento delle comunità Lgbt non si può che provare un profondo senso di vergogna e rifiuto, chiedendosi come mai ancora anche l’Unione Europea non intervenga per normalizzare la situazione in tutta l’eurozona e combattere chi ancora ipocritamente ne sostiene la non normalità di questi provvedimenti. Forse perché qualcuno in questo paese proverà un senso di orgoglio a guardare questa cartina dei diritti, sentendosi protetto da una qualche minaccia. Ma basta pensare a queste tristi cose. In fondo questi discorsi mi vengono perché, guardando esultare quei ragazzi sotto il cielo d’Irlanda, se da una parte sono felice dall’altra rosico invidioso. Best wishes to the newlyweds!
Negli ultimi mesi il Paese ha attraversato un periodo di indignazione costante, forse vuota. La Corte dei Diritti di Strasburgo certifica le pratiche di tortura durante il G8 di Genova, segnalando che in Italia non esiste nemmeno una tipologia di reato in grado di disincentivare il ripetersi di simili scempi. Il Primo Maggio 2015 tocca invece ai manifestanti scuotere l'Italia, per via di nuove inutili disordini avvenuti per le strade di Milano.
Cancellare nel(la) città
Le immagini dello scorso primo Maggio duranta una “calda” inaugurazione di EXPO 2015, sono rimaste nelle mente di molti. L’estetica del conflitto ai suoi massimi livelli, nella sua versione meno adatta e meno funzionale alle istanze che quella grandissima massa di individui reclamava a gran voce. I “neri” si sono presi la scena tra fiamme e atti poco qualificanti in barba al vero corteo quello pieno di idee e proposte perché un “no” non vuol dire negazione ma è incipit di proposte antagoniste rispetto al messaggio finto trasmesso in mondovisione da Renzi e i padrini (con accezione negativa) di questa manifestazione.
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