Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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Napolitano si è dimesso. Il re se ne è andato. Se ne è andato il re.
Va bene. Ma facciamo attenzione a non cantare vittoria. Che la permanenza di Giorgio Napolitano al Colle abbia tradito le aspettative di chi festeggiava l'arrivo di un comunista (seppur amendoliano) al Quirinale con un mandato nefasto è poco ma sicuro. Dalla nomina di Mario Monti a senatore a vita per poi consegnargli un “governo tecnico” (speravamo di aver già dato con gli anni '90 e Amato), il governo Letta, il giochino di Renzi e “il sacrificio” del secondo mandato (ha detto che al Quirinale si sentiva in prigione... Consigliamo vivamente un giro a Sollicciano per poter poi parlare con cognizione di causa).
Domenica 11 Gennaio si svolgeranno le primarie per eleggere il candidato del centrosinistra alla Presidenza della Regione Liguria. La sfida tra Sergio Cofferati e la spezzina Raffaella Paita rappresenta un fatto politico di estrema importanza non soltanto per la Liguria: la vittoria dell'ex sindacalista o dell'assessore uscente della giunta Burlando potrebbe dire molto anche a chi si trova fuori dai confini liguri ed incidere sugli equilibri interni al campo progressista.
Sul perché di questa candidatura e sulle prospettive che attendono la Liguria abbiamo intervistato l'ex Segretario della CGIL e candidato in questa competizione Sergio Cofferati.
Il decreto di governo in tema di riordino della materia fiscale, quindi anche di lotta (?) all’evasione fiscale, già mandato dal governo alla Camera dei Deputati perché ne discuta e lo voti è inciampato sulla depenalizzazione del reato quando l’ammontare dell’evasione sia inferiore al 3% del reddito imponibile. Casualmente (?) ciò significa che verrebbe meno il carattere di reato a monte della condanna a Berlusconi per frode fiscale (reato più grave della semplice evasione), quindi che la sua condanna verrebbe annullata, che Berlusconi tornerebbe in possesso dei suoi diritti elettorali anche in vista di elezioni anticipate a primavera.
Di Matteo Mariani
Tra qualche anno avremo macchinisti settantenni alla guida dei treni. Sembra incredibile, ma sarà così.
Fino a qualche anno fa chi guidava i treni, così come altri ferrovieri con mansioni connesse alla sicurezza e che lavorano su turni irregolari, aveva un fondo speciale presso l’INPS e la garanzia di poter andare in pensione a 58 anni.
La pensione anticipata risultava di fondamentale importanza in particolare per i macchinisti, che hanno tuttora un’aspettativa di vita di 64,5 anni, contro quella media di 82 anni della popolazione italiana.
Poi sono arrivati i vari Calderoli (che ha soppresso i fondi speciali) e Fornero, e così i ferrovieri, unica categoria in Italia, si sono trovati ad andare in pensione 9 anni più tardi in un colpo solo.
Un migliaio di persone, il 29 novembre, hanno affollato Piazza Farnese a Roma. Erano esponenti, attivisti, gente comune che ha partecipato alla manifestazione nazionale dell’Altra Europa, per dire no alle politiche di Renzi, per affermare con forza la necessità imminente di andare a costruire un’alternativa credibile allo stato esistente delle cose nel nostro paese, per costruire un’altra Italia. E naturalmente a sinistra.
Per comprendere l’alto livello di astensionismo raggiunto alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria è opportuno rivolgersi a un complesso di processi, operanti a vari livelli. Sarebbe semplicistico pensare che il 60% degli elettori scelgano di non votare tutti per un solo motivo, sia pure contingente e di forte impatto popolare come l’inchiesta sui rimborsi. Per esempio, anche nel 1993 c’erano inchieste eccellenti, ma l’affluenza si mantenne sulle alte cifre degli anni precedenti.
Gli aspetti da prendere in considerazione riguardano – in quello che è a mio avviso l’ordine di influenza – le trasformazioni politiche italiane, gli spostamenti degli ambiti decisionali, i fattori accidentalmente presenti hic et nunc.
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