Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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Le recenti dichiarazioni di Piero Fassino, sindaco di Torino e Presidente ANCI secondo il quale se il Parlamento chiudesse per 6 mesi nessuno se ne accorgerebbe, rappresentano un binomio realtà-provocazione che ha deldrammatico. La centralità del Parlamento sancita dalla Costituzione viene dopo 70 anni messa in discussione e così viene messa in discussione la stessa Repubblica democratica parlamentare (appunto).
Vorrei oggi provare a parlare di università. Non voglio farlo elencando dati su dati per dimostrare quanto le facoltà italiane siano, per i più disparati motivi, diventate poco attrattive e sostenibili per ragazzi e famiglie italiani (non si registravano dati delle immatricolazioni così bassi da un quarto di secolo). Voglio provare a dare un senso al nervosismo che provo tutte le volte che spiego a mia mamma, casalinga con la terza media, che mondo si apre alle sue tre figlie quando ogni sei mesi paga migliaia di euro per le tasse universitarie.
80 euro alle mamme per i primi tre anni di vita dei loro bambini. L’annuncio del premier nel salotto tv domenicale di Barbara D’Urso: “Dal 1° gennaio del 2015 daremo gli 80 euro non solo a chi prende meno di 1500 euro al mese, ma anche a tutte le mamme che fanno un figlio, per i primi tre anni. Si tratta di mezzo miliardo destinato alle famiglie”, ha precisato il Presidente del Consiglio nella trasmissione Mediaset. Matteo Renzi annuncia la misura, che varrà circa 500 milioni di euro, affermando che sa bene cosa vuol dire comprare pannolini, biberon e spendere per l’asilo e che la “misura non risolve un problema ma è un segnale”. La misura, che sarà garantita per i redditi sotto i 90mila euro, sembra una sorta di rivisitazione del bonus bebè di berlusconiana memoria.
Arriva, finalmente, il testo della prima bozza della Carta dei diritti in rete, buttata giù da una commissione di studio messa in piedi dal Presidente della Camera Laura Boldrini e presieduta da Stefano Rodotà, forse la persona più azzeccata per presiedere un tavolo che discute di diritto e di diritti. Ma questa volta si tratta di una questione di diritto all’interno del mondo del web, cosa quantomeno particolare e non priva di difficoltà. D’altronde, non si tratta soltanto di proteggere o estendere dei diritti già esistenti quali quelli della dignità della persona, della sua integrità, della sua sicurezza e via dicendo… Si tratta di capire come sia possibile concretamente applicare tali principi sanciti dalla stessa Unione Europea.
Vorrei cominciare con una lunga citazione che cerca di riassumere gli argomenti di coloro che chiedono l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori.
“Ma un elemento non meno deleterio … è rappresentato dalla rigidità del mercato del lavoro, in gran parte tragico frutto della demagogia sindacalista … . Io credo che l’opinione pubblica, i disoccupati, gli operai stessi, non si siano resi conto ancora del gravissimo danno determinato dall’instaurazione di una politica sindacale ispirata ad un parossistico vincolismo. … È ovvio, infatti, che la cristallizzazione degli organici, praticamente determinatasi in grazie ai mille vincoli …, non consente oggi quel processo di selezione attraverso il quale un tempo si affermavano i migliori ed erano eliminati gli elementi più scadenti; è altrettanto ovvio, d’altra parte, che con tanta maggiore prudenza le direzioni aziendali oggi si avventurano ad assumere nuovo personale, quanto più sanno che ogni sorta di difficoltà si frapporrebbe loro quando per nuove, mutate esigenze d’ordine tecnico-produttivo, dovessero poi diminuirne il numero anche in minima marte. Questo … non può che alterare profondamente la fisionomia della nostra organizzazione economica e, attraverso un assurdo rigidismo provocare … assieme ad un notevole grado cristallizzazione dell’occupazione …, un’ancor più sentita cristallizzazione del peso dei disoccupati, venendo fatalmente meno per molti di costoro tante possibilità, anche temporanee, d’impiego.”
Se un'abilità va riconosciuta a Matteo Renzi, e di riflesso al suo personale dipendente attualmente collocato in posti di governo, è quella di riuscire a dirottare qualsiasi confronto politico lontano dalle complesse questioni tecniche di merito e verso il più facilmente gestibile contesto della propaganda.
La sua capacità di distrazione, di prestidigitazione concettuale, è talmente elevata che fino ad ora nessuno è riuscito a resistere alle sugestioni che ha costruito; il paese, cittadini e corpi intermedi di rappresentanza, si è lasciato intrappolare in lunghe e inutili discussioni sul nulla mentre il governo portava avanti la sua agenda di ultradestra a colpi di leggi delega e voti di fiducia (o entrambi contemporaneamente).
L'annunciata "riforma della scuola", che per adesso è identificabile con il lungo documento in technicolor, il sito web per la “consultazione popolare”, lo slogan “la buona scuola” e qualche annuncio sparato a caso dalla Ministra, merita essere esaminata separando i contenuti tecnici (quasi assenti) dalla forma comunicativa (sulla quale è stato speso evidentemente molto lavoro) e analizzare questa seconda parte, per dare forma visibile alle armi di distrazione di massa usate da Matteo Renzi e dal suo staff, per smascherarne i trucchi.
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