Altro dato sconvolgente è che circa una famiglia su dieci (9,8%) nel nostro Paese non ha neppure un libro in casa (mentre il 63,5% ne ha al massimo 100).
Come è facilmente intuibile, la propensione alla lettura di una persona è fortemente influenzata dall’ambiente in cui questa cresce e vive. L’Istat riporta, ad esempio, che si legge molto più nei centri metropolitani (50.8%) mentre la quota di appassionati di libri scende al 37,2% nei centri con meno di 2000 abitanti. Oppure che il contesto familiare può risultare decisivo nell’acquisizione dell’abitudine a leggere: tra i ragazzi di età compresa tra i 6 e i 14 anni, legge il 66,9% di quelli con genitori con la stessa passione mentre solo il 32,7% di quelli con genitori che non leggono. Purtroppo, forti differenze restano ancora tra le percentuali di lettori tra Nord e Sud Italia, dove solo una persona su tre ha letto almeno un libro (29,4%, con un percentuale del 31,1% sulle isole).
Come dicevamo, che i dati fossero poco entusiasmanti era prevedibile. La domanda da farsi è perché gli italiani non leggono. E così, a braccio, mi verrebbe da provare ad ipotizzare qualche risposta.
Innanzitutto, perché l’aria che si respira in questo Paese odora sempre meno di cultura. Opere d’arte, chiede e musei ad ogni angolo della strada ma nessuno che ci investa o che veda questo patrimonio come una vera possibilità di rilancio della situazione. Una scuola smantellata anno dopo anno, dove insegnanti super precari sono costretti a girare la penisola come fossero le palline di un flipper e dove l’approfondimento e continuazione dell’insegnamento sono oramai secondari alle necessità di far tornare i conti.
Poi mi verrebbe da aggiungere che anche il mercato dei libri ce ne mette del suo. Letture che in edizioni economiche inglesi ci costano al massimo qualche decina di euro, da noi vedono il prezzo lievitare a vista d’occhio. I prezzi di copertina sono letteralmente raddoppiati nel corso dell’ultimo decennio e nelle biblioteche pubbliche si investe sempre meno (quando non si chiudono o appaltano a privati). Il mondo della lettura, per chi magari non cresce una famiglia che già gli lascia in eredità una bella libreria con scaffali pieni, non è certo dei più accessibili (per non parlare delle speculazioni su testi scolastici e manuali universitari). E proprio a conferma di ciò arrivano i dati che vedono in crescita la produzione, da parte delle grandi case editrici, dei formati digitale delle opere: gli ebook vendono, ovviamente, non solo per la comodità intrinseca del formato ma anche (forse soprattutto?) per il prezzo nettamente ridotto con cui si trovano sul mercato (lo stesso successo non hanno, infatti, le versioni digitali dei quotidiani e delle riviste).
Quindi, che fare? Non saprei, la questione è complessa: parliamo di stili di vita e di abitudini non facili da modificare. Ma intanto potremmo impegnarci tutti nello spiegare a chi non lo sa che i libri sono belli. Lo posso fare io, parlando entusiasta di Philip Pullman al ragazzino che aiuto nel fare i compiti, lo può fare il governo con i comuni, facendo riscoprire quei luoghi misteriosi che sono le biblioteche comunali e mostrando a tutti quanto la nostra scuola sia meritevole di attenzione e investimenti. E forse si potrebbe anche avviare un bella riflessione pubblica sul diritto di'autore, sul copyleft e sui guadagni delle grandi case editrici.
L’importante è che non lo faccia Matteo Salvini, che si vanta di aver letto libri che ancora non sono usciti e rischierebbe solo di confondere le idee a chi, non leggendo, di sicuro ce le ha già confuse di suo.