Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.
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È la stessa produzione che calca le scene ormai da qualche anno quella della "Lucia di Lammermoor" in programma al Teatro alla Scala nelle prossime settimane, sebbene ampiamente “ricostruita” per l’occasione dalle maestranze scaligere. Una regia piuttosto tradizionale, made in USA, della nota Mary Zimmerman.
L’allestimento, di facile consenso per il grande pubblico, può suscitare senza dubbio qualche perplessità tra gli appassionati del genere, ma ha il pregio di non disturbare con stravaganze e velleità un’opera tanto raffinata e melodrammatica.
I nonluoghi venti anni dopo: Augè e la preistoria della società planetaria
Mai come oggi la questione dello spazio diventa un tema politico e sociale di fondamentale importanza. Più il luogo viene annullato dalle tecnologie della telecomunicazione e dei trasporti, più si sente il bisogno di riappropriarsene. È in gioco una continua battaglia per lo spazio che divide chi il territorio può abitarlo e costruirvi progetti di vita e chi dal territorio deve fuggire a causa di guerre, malattie, persecuzioni politiche, catastrofi naturali. Il conflitto moderno è per l’accesso al luogo dove si possa immaginare un futuro, un accesso però spesso negato, in nome di timori irrazionali o di slogan propagandistici che fanno leva sulla paura. Per gli ultimi del mondo, per gli sconfitti della globalizzazione, le frontiere diventano così barriere invalicabili che definiscono una geografia globale della marginalità la cui drammaticità emerge in tutta la sua irruenza emotiva di fronte al moltiplicarsi di desolanti campi profughi o alle sempre più frequenti tragedie che si consumano al largo delle coste di Lampedusa.
Mad Max - Fury road: estasi dei sensi
Nel 1979 esordiva al cinema il regista australiano (figlio di immigrati greci,il vero cognome è Miliotis) George Miller con "Interceptor". La pellicola, malgrado il basso costo di produzione, riscosse un enorme successo mondiale tanto che negli anni successivi vennero fatti due sequel: "Il guerriero della strada" (1981) e "Oltre la sfera del tuono" (1985). Successivamente Miller si è dato a vari progetti: quello che non ti aspetti (Babe va in città), il film tosto (L'olio di Lorenzo sulla adrenoleucodistrofia, rarissima malattia degenerativa), i due cartoni della saga "Happy Feet" che gli hanno sfruttato un Oscar. I livelli di "Mad Max" però non furono mai raggiunti. Rientrò (quasi) nel dimenticatoio generale. Molti non sanno che "Interceptor" nacque da un concorso per cineasti dilettanti. Fu girato con circa 300 mila dollari australiani. Risultato ? Record d'incassi mondiale (oltre 100 milioni di dollari). Entrò nel Guinness dei primati. È rimasto in testa fino al 1999,anno in cui si scatenò il fenomeno (da baraccone) "The Blair Witch Project".
“Ad un tratto nel vuoto della finestra si profilò a mezza vita la figura di un ufficiale tedesco. Era piccolo e con un viso freddo pieno di ferocia. Dopo avermi osservato a lungo mi disse: - Come ti chiami? – Chiodi Pietro. – Che mestiere facevi? – Il professore. – Quanti anni hai? – Ventinove. –“
da “Banditi” di Pietro Chiodi
L’altro intervento della giornata di studi in memoria di Pietro Chiodi su cui vorrei soffermarmi è stato quello di Andrea Mecacci, professore di Estetica presso l’Università degli Studi di Firenze, che ha concentrato il suo discorso su Banditi, il diario dell’esperienza partigiana vissuta da Chiodi. Il libro fa capire chi era quest’uomo, fa comprendere come senza l’esperienza raccontata in queste pagine probabilmente non sarebbe stato possibile neanche il suo magistero, che è innanzitutto un “magistero umano, nel più alto senso del termine”.
“Fuori si sentono voci tranquille di passanti e grida di bambini. Un terribile pensiero mi prende. Perché mi sono impeganato in questa lotta? Perché sono qui quando tanti più sani e forti di me vivono tranquilli sfruttando la situazione in ogni modo? […] Mi ricordo con precisione: una strada piena di sangue e un carro con quattro cadaveri vicino al Mussotto. Il cantoniere che dice: <È meglio morire che sopportare questo >. Sì è allora che ho deciso di gettarmi allo sbaraglio. Avevo sempre odiato il fascismo ma da quel momento avevo sentito che non avrei più potuto vivere in un mondo che accettava qualcosa di simile, fra gente che non insorgeva pazza di furore, contro queste belve. Una strana pace mi invade l’animo a questo pensiero. Ripeto dentro di me: < Non potevo vivere accettando qualcosa di simile. Non sarei più stato degno di vivere ”
da “Banditi” di Pietro Chiodi
Cronache dal Sottosuolo: L’Italian Occult Psichedelia
Su “Nostra Signora delle Tenebre”, la neopsichedelia italiana omaggia il cinema del brivido e le sue colonne sonore
Si è sempre un po’ scettici di fronte a quei lavori volti a inquadrare un’intera scena o movimento musicale. Spesso questi progetti finiscono per dare una idea stereotipata, didascalica, semplicistica o eccessivamente (auto)celebrativa della ricchezza artistica che contraddistingue un particolare contesto musicale. Ma ci sono anche grandi eccezioni, come la storica “No New York” assemblata da Brian Eno, uno spaccato fondamentale della radicale e nichilista scena No Wave newyorkese o le ”Nuggets”, serie di album che raccoglievano il meglio dell’underground garage degli anni sessanta.
Nel suo piccolo, anche “Nostra Signora delle Tenebre” è un esempio di un lavoro che riesce nell’intento di fotografare in maniera precisa e puntuale un movimento intero, restituendone la forza espressiva e la sua ragion d’essere. Il genere in questione, la cosiddetta Italian Occult Psychedelia, è fra i più interessanti emersi dall’underground nostrano negli ultimi anni.
Il disco si presenta sotto le sembianze di un tributo al cinema horror e giallo e alla sue musiche. Non si tratta dunque di un assemblaggio di composizioni estratte dagli album di ciascuno degli artisti presenti in scaletta, ma piuttosto di una serie di rivisitazioni di alcuni pezzi di grandi compositori di colonne sonore quali Ennio Morricone, Nico Fidenco, Stelvio Cipriani Nino Rota, ed Egisto Macchi.
Ne emerge una costellazione di musicisti amanti dell’occulto e del claustrofobico come del trascendente e dell’onirico che stanno rivitalizzando la musica indipendente italiana e che in molti casi stanno avendo anche una discreta affermazione internazionale. Emergono, insomma, i tratti salienti di un movimento all’apice della sua forma e al culmine della sua creatività.
Su queste stesse pagine, è stato a più riprese affermato come la musica popolare sia in una (ennesima) fase di grande rivisitazione degli anni sessanta psichedelici, filtrati tramite nuove sensibilità e un’impostazione prevalentemente “indie”. L’Italia, pur col suo consueto ritardo, non è da meno in questo processo di riscoperta. Rispetto all’Inghilterra dove imperversa un pop psichedelico piacevole ma accessibile (Tame Impala, Temples), la peculiarità italiana sta nel l’oscurità e nello sperimentalismo che contraddistingue buona parte dei protagonisti del movimento. Movimento che, avanguardista e sotterraneo, sebbene abbia dato vita a molte collaborazioni, non presenta comunque quella omogeneità stilistica né quella vicinanza geografica da poter permettere di poter parlare di una vera e propria “scuola”.
Fra gli artisti presenti nella raccolta si possono infatti rintracciare approcci diversi alla materia psichedelica: c’è, chi fa maggior riferimento all’esperienza più vicina alla world music e al kraut rock che fu, con composizioni aperte e oniriche, eteree e allucinate, chi poi guarda con maggiore convinzione ai classici della psichedelica degli anni sessanta mentre altri ancora preferiscono esplorare piuttosto il lato claustrofobico e opprimente, viscerale e rumorista dell’acid rock.
Fra i più apprezzati internazionalmente, si distinguono i Lay Llamas che producono per la mitica Rocket Recordings (che ha in squadra pezzi da novanta come Oneida e Goat), uno delle case discografiche più importanti al mondo in ambito psichedelico. La loro rivisitazione di “Palude”, seconda composizione in scaletta, è una spasmodica danza collettiva, un adrenalinico ed effervescente rituale pagano in onore del dio sole. Altrettanto rinomati fuori dai confini nazionali, gli Heroin in Tahiti (il nome è tutto un programma) presentano una calda e avvolgente “Nuda per Satana” su riff di abbagliante sensualità e ipnotica visionarietà. Al fervore mistico quartomondista si abbandonano però anche i Mamuthones, progetto parallelo di Marco Fasolo (Jennifer Gentle), che crea variegati paesaggi lisergici in cui l’horror vacui si esprime in tutto il suo angosciante turbamento e l’enigmatico e talentuoso Gianni Giublena Rosacroce che presenta qua un “incubo sulla città contaminata”, maestoso trip lisergico che vive di un’impalpabile inquietudine senza fine. Compagni di etichetta di quest’ultimo (la Yerevan Tapes, una delle protagoniste assolute nel dare visibilità al movimento tutto) sono i Cannibal Movie, autori di impressionanti cavalcate allucinogene e di dirompenti fiumi sonori in area post e kraut rock. Sullo sfondo, i nomi tutelari di Ash Ra Tempel e Popul Vuh ma anche i contemporanei Sun Araw, Peaking lights e Goat sono influenze marcate per questi artisti.
Il versante più nichilista e cupo del movimento, esprime invece il suo spirito lisergico tramite un approccio più marcatamente rumoristico. I Mai mai mai sono il prototipo della psichedelia che invece che guardare in alto, verso il cielo, fissa lo sguardo a terra e prova a penetrare il sottosuolo. Anch’essi prodotti dalla Yerevan Records, si presentano qua con una spigolosissima interpretazione di “sette note in nero” sintomatica della loro esigenza comunicativa: perturbanti increspature industriali, oscuri battiti notturni per un opprimente suono dell’oltretomba. Non sono da meno i Father Murphy (“l’alba dei morti viventi”) in cui la mistica occulta si trasforma in un disagio ansiogeno quasi fisico, né gli OvO, impeccabili architetti sonori del vuoto e dell’abisso.
Forme meno estreme ma comunque alternative di neopsichedelia vengono poi da due dei protagonisti più celebri del movimento, Edible Woman (ottimi i loro intrecci di strumentazioni tradizionali e sintetiche) e Jennifer Gentle, in tour coi Verdena, qua nella veste taciturna e riflessiva della sensuale ninnananna Chanson de la nuit.
Second H Sam, Lamusa, Maria Celeste, Slumberwood e Beautiful Bunker arricchiscono un progetto ben riuscito e che immortala un movimento sotterraneo che merita di essere portato alla luce.
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