Cultura

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Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.

Immagine liberamente tratta da pixabay.com

Scrive André Gorz, filosofo e giornalista francese, nel suo “L’ecologia politica, un’etica della liberazione”:

“Se si parte […] dall’imperativo ecologico, si può arrivare tanto ad un anticapitalismo radicale quanto […] a un comunitarismo naturalista. L’ecologia non ha tutta la sua carica critica ed etica se le devastazioni della terra, la distruzione di un modo di vita non sono comprese come le conseguenze di un modo di produzione; se non si comprende che questo modo di produzione esige la massimizzazione dei rendimenti e ricorre a delle tecniche che violano gli equilibri biologici. Ritengo dunque che la critica delle tecniche nelle quali si incarna il dominio sugli uomini e sulla natura sia una delle dimensioni essenziali di un’etica della liberazione” [1].

Il mondo in cui oggi viviamo è sempre più “inquinato” (in tutti i sensi!) da un capitalismo sfrenato che risucchia entro la sua sfera inglobante qualsiasi dimensione umana. La tecnica, il consumismo, il denaro elevato a potenza quasi mitica che fa girare il mondo, l’individuo ridotto a pedina o spettatore assente di fronte a una società che sempre più può essere caratterizzata come “società dello spettacolo”, riprendendo l’omonimo titolo di Debord.

La crescita di consensi dell’estrema destra xenofoba e populista costituisce indubbiamente uno degli elementi fondamentali dell’Europa dei nostri giorni. La crisi economica e sociale che ha travolto il mondo occidentale e il processo di crescente impoverimento di larghi strati popolari e dei ceti medi ha investito anche le architetture istituzionali liberaldemocratiche. Sono numerosi i commentatori e gli analisti che evocano scenari “weimariani” di fronte ai successi elettorali delle formazioni più o meno dichiaratamente fasciste e al moltiplicarsi di pratiche, discorsi e atti che richiamano il passato più buio della storia continentale.

Sabato, 25 Gennaio 2014 00:00

Su Il Capitale Umano, un confronto di opinioni

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"Immagine di un paese alla deriva" di Andrea Vitali

Come ha scritto qualche giorno fa Irene Polverini su Il Becco, “Il capitale umano” è un film di un “Virzì che non ti aspetti”. E non mi trattengo dal dire che probabilmente è la sua opera più completa e matura, perché semplicemente diversa dalle sue pellicole precedenti. Il regista livornese si è liberato di quella comicità toscanaccia e dolorosa alla quale eravamo da sempre abituati e (almeno per i fans) affezionati, andando ad abbracciare il drammatico e il noir.

Girato a Varese (e non più nella natale Toscana), “Il capitale umano” è l’immagine perfetta di un paese che va a rotoli economicamente, dove la cultura la si sostituisce costruendo appartamenti e dove non esistono rapporti umani o, meglio, dove ne esistono pochi e fragili. C’è Dino, immobiliarista che si fa fare un prestito a cinque zeri da un amico banchiere, per reinvestirli come quota nel gruppo di Giovanni, speculatore finanziario interpretato da un perfetto Fabrizio Gifuni. Poi, come spesso succede di questi ultimi tempi, i mesi passano e i guadagni sperati non arrivano, il debito deve essere pagato e la casa ci va di mezzo.

Venerdì, 24 Gennaio 2014 00:00

The Counselor, un McCarthy troppo compiaciuto

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Il sesso aumenta il numero di spettatori, si sa. Viene percepito come elemento di provocazione anche sul grande schermo, nonostante appaia abbastanza anacronistico con la diffusione del web tra le nuove generazioni. Quindi rimane l'interrogativo sul perché di tanta ostentazione. Alla fine della pellicola ci si arriva: c'è un autocompiacimento ai limiti dell'insopportabile di Cormac McCarthy, consacrato dal grande pubblico come genio dopo Non è un paese per vecchi (tratto dal suo romanzo) e qui alla sua seconda sceneggiatura, dopo una prima esperienza nel lontano 1996.

Dialoghi che saltano fuori senza motivo, aspetti narrativi dati per scontato senza valide motivazioni, attori capaci che si scontrano senza amalgamarsi, un ritmo incapace di decidersi tra la tensione narrativa (mai ottenuta) e il dramma esistenziale degli uomini (senza raggiungere mai un livello di riflessione innovativo o quantomeno originale).

Spesso si rasenta la noia, senza addormentarsi ma interrogarsi sul senso di passare due ore davanti a questo film, uno spreco di regia e di recitazione.

Quando ci si vuole celebrare si rischia di fare un disastro ed è effettivamente quasi impossibile salvare la storia con un buon Ridley Scott e stelle holywodiane in ottima forma. Sfigura solo Michael Fassbender. Glaciale e splendida Cameron Diaz, che però non fa dell'età un punto di forza e appare invecchiata. Brillante e piacevole Javier Bardem, a causa della storia inutile Penelope Cruz. Il ricordo migliore lo lascia Brad Pitt, una comparsa che in più riprese risolleva lo spettatore (senza però sfuggire dalla discutibile sceneggiatura, che non rende ben chiaro il perché della storia).

Ci fosse qualcosa di realmente innovativo, non importerebbe l'assenza di un senso specifico. Il fascino della lentezza, l'indeterminazione del messaggio, un semplice quadro cinico della realtà (attraverso tonalità surreali): c'era già Non è un paese per vecchi.

Ingiustificate le pretese che stanno dietro a questa operazione cinematografica. Un peccato. Commercialmente è uno stile che paga, perchè la provocazione estetica è meno impegnativa di quella sostanziale.

Il nichilismo è un'altra cosa, non è il vuoto ridondante.

[Voto 5 su 10]

[The Counselor, USA, Gran Bretagna 2013, thriller, durata 111', regia di Ridley Scott]

Immagine tratta da www.comingsoon.it

Giovedì, 16 Gennaio 2014 00:00

Il capitale umano: il Virzì che non ti aspetti

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L'adattamento di un romanzo noir ambientato nel Connecticut poteva sembrare una sfida troppo ambiziosa per Paolo Virzì, che negli anni ci ha abituato a ritratti intimistici e familiari dell'Italia provinciale. 

Il capitale umano si rivela invece, a sorpresa, il suo film più maturo e potente, ottimamente scritto, girato e interpretato.

Un cameriere da catering viene travolto da un SUV mentre torna a casa in bicicletta a notte fonda e viene lasciato agonizzante sul ciglio della strada.  Questo evento drammatico, in un lento affiorare di indizi e dettagli, andrà a incidere sulla vita di due famiglie di diversa estrazione sociale: gli Ossola e i Bernaschi.

Quasi parallelamente, la narrazione di Virzì si dipana in tre capitoli, dedicati ai tre personaggi principali, Dino, Carla e Valeria, e solo nel quarto e ultimo capitolo la trama è completamente spiegata, in un epilogo che non può lasciare indifferente lo spettatore.

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