Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.
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Si è conclusa con il botto la rassegna “Cinema Visionaries” del cinema Odeon dedicata ai più grandi registi visionari. Infatti, dopo l’anteprima assoluta di Bologna e il passaggio nelle sale del circuito “The Space”, finalmente il grande pubblico ha potuto vedere gratuitamente la versione restaurata (grazie a Gucci, alla Cineteca di Bologna e a Martin Scorsese) dell’ultimo capolavoro di Sergio Leone, “C’era una volta in America”. È stato presentato il film nella versione originale pensata dal regista per una durata totale di 4 ore e quindici minuti (rigorosamente in lingua inglese con sottotitoli).
Proprio in questi giorni abbiamo nuovamente constatato che il cinema e la realtà sono molto vicini. Prendete il caso delle baby squillo dei Parioli a Roma. Il dibattito mediatico si è acceso improvvisamente a causa del coinvolgimento di Mauro Floriani,marito della senatrice Alessandra Mussolini. La gente ne parla, emette giudizi ma quando è uscito nelle sale il film di Ozon che parlava di queste tematiche nessuno ci è andato a vederlo. Troppo faticoso. L’Italia, si sa, è primatista in confezionare commedie di medio/basso livello. La gente vuole staccare il cervello quando va in sala. Vorremmo ridere,ma purtroppo nemmeno i film fanno più questo effetto.
1) Vittorio de Scalzi, la storia del rock italiano con i New Trolls. Avete ripreso il progetto dei “concerti grossi”, riproponendone altri due in poco tempo: quindi ora ne contiamo ben 4. Ci parli della vostra lunga collaborazione con Bacalov, in particolare dell’ultimo concerto grosso (il numero 3) che avete fatto insieme?
Bacalov è un personaggio grandissimo e uno dei migliori direttori di orchestra: direi che dopo Morricone viene lui. Per farvi capire il genio musicale di Bacalov ho un piccolo aneddoto: un giorno ci disse di aver scritto il “concerto grosso numero 2” e che ce lo voleva far sentire. Lo seguimmo fino a un albergo che aveva un pianoforte nella hall: mentre camminavamo aveva un pacco di fogli pentagrammati e li perdeva ogni 20 metri. Noi li raccoglievamo e lui non faceva una piega: quando arrivò davanti al pianoforte e mise le mani sul piano, lì si creò un silenzio religioso. Bacalov stette in silenzio per 10 minuti finché, a un certo punto si girò e ci chiese se ci fosse piaciuto. Aveva fatto tutto nella sua mente.
2) Andiamo agli inizi dei New Trolls: invece di fare cover come tutti gli altri gruppi voi avete esordito con “Sensazioni”, un pezzo psichedelico. C’era più incoscienza, sperimentazione o cosa?
Per noi era naturale, non lo sapevamo: facevamo così perché ci veniva automatico. Ci piacevano sia i Beatles che i Rolling Stones, ai quali abbiamo pure aperto dei concerti in Italia. Ci avevano colpito tantissimo nel loro modo di stare sul palco, ma non facevamo niente per copiare le loro canzoni, cercavamo di fare le nostre.
Via dei Conciatori è una stretta strada dietro alla più conosciuta piazza Santa Croce. La prima volta che ci sono andato avevo 17 anni, era l’estate del 2006. Tentai di iscrivermi a Rifondazione Comunista. Senza successo. Avrei dovuto aspettare il dicembre dello stesso anno.
Nel 2012 sono stati sgomberati i locali occupati 32 anni prima da Democrazia Proletaria e dai marxisti leninisti, di cui faceva parte Andrea Montagni.
Ho sempre vissuto quelle stanze in modo negativo, attraversate da continui litigi e da una fase discendente, che è passata per la Sinistra l'Arcobaleno e dura ancora oggi.
Nel libro “Le cinque bandiere” ricorrono costantemente protagonisti e luoghi (o eventi) che richiamano l'oggi.
Cercando la definizione di simbolo su un qualsiasi vocabolario di lingua italiana, il risultato sarà più o meno il seguente: “Elemento concreto a cui si attribuisce la possibilità di evocare un valore più ampio rispetto a quello che normalmente rappresenta”. Contestualizzando l'argomento nell'ambito della politica, emerge sin da subito la difficoltà nell'analizzare la complessa storia del simbolismo partitico. Sebbene la definizione di simbolo succitata si adatti perfettamente alla natura dell'iconografia politica, quella dei simboli dei partiti è una storia tortuosa e ricca di spunti per un dibattito non solo politico e sociologico ma persino antropologico.
Non fare filosofia per scherzo, ma sul serio; perché non abbiamo bisogno di apparire sani ma piuttosto di esserlo veramente.
Epicuro
Esatto. La filosofia non è uno scherzo, non è un passatempo per oziosi intellettualoidi che si divertono in malo modo perdendosi in sillogismi, ragionamenti, saggi e fenomenologie dello spirito. Forse tra gli amanti della filosofia ci sono anche costoro, ma la filosofia in sé è qualcosa di più. La stessa etimologia ce lo insegna: il termine infatti è di origine greca ed è l’unione di due parole, φιλος dal verbo φιλεĩν che significa amare e dalla parola σοφίɑ che vuol dire sapienza. Quindi filosofia vuol dire amore per la sapienza e filosofo è colui, appunto, che ama o è amico del sapere, della saggezza. Non è il saggio o il sapiente, non necessariamente, ma colui che tende, aspira alla saggezza o alla sapienza perché la ama. Non è una pratica elitaria da intellettualoidi che si divertono a mandare in tilt le teste dei “profani” con i loro sofismi labirintici e i loro sillogismi logici. O comunque, può anche esserci chi ne fa questo uso, ma non è esso quello più importante e necessario. La filosofia, come qualsiasi attività che mette in gioco le nostre capacità di ragionamento, di critica, che permette di fare un po’ di ginnastica al cervello, che ci misura con idee e autori che ci hanno preceduto o che ci accompagnano tutt’ora, che ci incanta con la portata del loro lume o con la bellezza della loro scrittura, ci aiuta a pensare, ci apre la mente, o ci riempie gli occhi (nel caso dell’arte per esempio).
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