Cultura

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Dalla divulgazione scientifica alle recensioni di romanzi, passando per filosofia e scienze sociali, abbracciando il grande schermo e la musica, senza disdegnare ogni forma del sapere.

Immagine liberamente tratta da pixabay.com

Palazzo Massimo, sede del Museo Nazionale Romano ubicato nei pressi della stazione Termini, ospita un suggestivo percorso museale dal titolo “Mostri. Creature fantastiche della paura e del mito”, a cura di Rita Paris ed Elisabetta Setari, visitabile fino al primo giugno.
Più di cento i reperti archeologici esposti, tra cui elementi decorativi architettonici, mosaici, pareti tombali dipinte, vasellame, statue e statuette, tre tele (un quadro fiammingo raffigurante Medusa, “Creta” di Alberto Savinio e “Perseo libera Andromeda” del Cavalier d’Arpino), antefisse con volto di Sileni e Gorgoni, bassorilievi, protomi a forma di creature fantastiche, unguentari a forma di sirena, ceramiche decorate. I preziosi oggetti appartengono alla cultura greca, italica, romana ed etrusca e provengono dai musei di Atene, Vienna, Los Angeles, Berlino, Basilea e New York.

Ascolti i Misère de la Philosophie e sembra di ritrovarsi in un vortice di sonorità diverse, perfettamente uniformi nel loro insieme. La band piombinese, nata nel 2010, ha qualcosa che colpisce al volo l’ascoltatore: la capacità di legare l’italiano a suoni zeppi di psichedelia e a riff rock che non annoiano, anzi. Già, perché l’italiano è una lingua con una musicalità infinita: basta farla funzionare e non ucciderla trasformandola in una banalità. “L’italiano per noi rappresenta una prova alla quale abbiamo dedicato tutto il nostro lavoro” ci dicono i MDLP. E non voglio mettere un freno alle mie valutazioni positive confessando che il cantautorato del quale sono bagnati i brani di “Ka-Meh”, il loro primo album, non rappresenta per nulla una banalità, bensì un ottimo lavoro, elaborato con attenzione e cura, teso a non annoiare e a non semplificare dei testi dai significati particolari e precisi.

 

Siamo a Los Angeles in un prossimo futuro (anche se in realtà è Shanghai).

Theodore (Joacquin Phoenix) lavora come impiegato. Scrive lettere d’amore via internet per clienti incapaci di comunicare con il/la partner. Un impiego davvero inusuale, grottesco, ma in via di sviluppo. Non riesce però a vivere la sua vita perché ha in corso un doloroso divorzio con la moglie Catherine (Rooney Mara).

Sono fermamente convinto che i problemi del presente siano anche il frutto del fatto che la sinistra, i comunisti, abbiamo smesso di essere anche organizzatori e diffusori di cultura fra le masse, cultura tout court, non solamente cultura politica.

Anche noi ci siamo cullati nel culto di una visione della cultura e della politica tutta giocata sull’immagine, cioè sul fatto che basti “apparire” per “essere”, che la riflessione razionale su fatti e cose, lo studio delle questioni, la ricerca di soluzioni ai problemi della società e del Paese siano da affidarsi esclusivamente agli “esperti” e che alla massa del popolo non rimanga che “tifare” per  le diverse ricette miracolistiche “prét a porter” proposte dall’uomo della provvidenza di turno.

Come ci sono donne e uomini che ingurgitano cibo spazzatura nei fast food in nome del “non perdere tempo a tavola”, così ci sono donne e uomini che ingurgitano qualsiasi politica in nome del “non perdere tempo ad informarsi e pensare”.

Martedì, 11 Marzo 2014 00:00

La sindrome da Oscar

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Domenica 2 marzo 2014 si è verificato l’ennesima ingiustizia perpetrata nei confronti di Leonardo Di Caprio, gigantesco protagonista dell’ultimo film di Martin Scorsese ”The Wolf of Wall Street”. Sono stati proprio quest’ultimo, “American Hustle” e l’affascinante “Nebraska” di Alexander Payne i grandi sconfitti della notte degli Oscar. Anche se David O.Russell aveva già vinto premi importanti con “The fighter” e “Il lato positivo” nelle precedenti edizioni.

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