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Dopo la pausa caffè i macchinisti delle Ferrovie ricominciano la discussione. A partire dal 1 settembre dello scorso anno è stato concordato un nuovo contratto lavorativo: “Adesso col nuovo contratto siamo diventati lavoratori a cottimo, cioè più si lavora e più si guadagna, nel bene e nel male. Se da un lato questo può servire al lavoratore che magari ha bisogno di guadagnare un po’ di più per far quadrare i conti in famiglia, dall’altro gli straordinari sono diventati inutili”. Monetizzare tutto serve all’azienda per far ingoiare il rospo: ma quanto è grande questo rospo?
Leonardo Croatto, Dmitrij Palagi
Partiti e sindacati svolgono la loro funzione di rappresentanza su piani separati, questa distinzione di ruoli non fa però venire meno la possibilità di una visione politica comune, che in Italia ha permesso una storia unica in Europa: quella del PCI e della CGIL nel corso del ‘900.
«Considerato che alla luce delle controdeduzioni delle appellanti non è dato rinvenire l’esistenza dei presupposti per la richiesta revoca della cautelare già adottata, attesa la circostanza che la fase di collaudo dell’impianto risulta in itinere, e stante la prossimità dell’udienza pubblica fissata per la trattazione della causa nel merito il 12 luglio, il Consiglio di Stato respinge le istanze di revoca dell’ordinanza cautelare n. 732 del 27 febbraio 2013».
Sono bastate queste poche righe alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato di Roma per bloccare le speranze di tutto il fronte contrario al pirogassificatore di Castelfranco Di Sotto, al centro di una polemica che ormai dura da oltre due anni. La decisione presa dai giudici riguarda questa volta il tentativo, da parte dell'amministrazione di Castelfranco, del Comitato Antinquinamento (forte di diverse migliaia di firme) e di Rifondazione Comunista, di bloccare l'istanza cautelare che lo scorso 27 febbraio aveva concesso alla Waste Recycling di effettuare dei collaudi di prova per l'impianto. Un periodo di prova di 3 mesi i cui risultati saranno inseriti nelle carte che i giudici, sempre del Consiglio di Stato, dovranno vagliare in vista dell'udienza definitiva in merito all'autorizzazione all'impianto, attesa con trepidazione da tutti i protagonisti di questa battaglia legale il prossimo 12 luglio.
Fra le motivazioni che il fronte del “no” portava di fronte ai giudici v'era una contestazione dell’ultimazione effettiva dei lavori dell'impianto. Stando alle motivazioni delle parti avverse al progetto mancavano infatti atti ed opere che potessero far dichiarare ultimati i lavori di costruzione del pirogassificatore: opere di compensazione idraulica, aggiornamento del sistema antincendio, campionamento del terreno “ante operam” e approvvigionamento idrico. Senza dimenticare tutta la parte del progetto relativa alla produzione dell’energia, che ha come elemento portante la turbina oggi incompleta. Elementi che a febbraio avevano portato il Comune di Castelfranco a bollare il protocollo di collaudo come atto «siglato in spregio ai rapporti di leale collaborazione istituzionale», ma che evidentemente non sono bastati a convincere i giudici, i quali non li hanno neppure menzionati nell'ordinanza.
Elemento, quest'ultimo, che ha particolarmente gettato nello sconforto tutti i soggetti che in questi anni, fra autofinanziamento e attivismo, hanno cercato di bloccare un progetto che ha tenuto col fiato sospeso buona parte della cittadinanza, finendo pure per entrare, spesso, nella polemica politica a ben più alti livelli. Non è un segreto infatti che lo stesso presidente della Regione Toscana Enrico Rossi vede di ottimo auspicio l'avvento dell'impianto, più volte difeso in conferenze stampa, iniziative e manifestazioni pubbliche in giro per la Toscana. Un atteggiamento dai più collegato con la filosofia con la quale la legislatura Rossi sta cercando in molte zone della regione di “tenere botta” all'imperversare della crisi economica, sfruttando economicamente la chiusura di filiere produttive e vecchie glorie dell'impianto industriale e manifatturiero toscano, in questo caso il comparto del cuoio e della pelle. Comprensorio che ha visto fra le cause dell'inasprimento del clima intorno a questa vicenda anche i alcuni nomi della passata politica locale (un ex-sindaco) e regionale (un ex-assessore) a vario titolo coinvolti in qualità, oggi, di amministratori della ditta proponente il progetto e della collegata NSE Industry. Tutto regolare, ma sufficiente a scatenare le ire di parte dell'opinione pubblica.
Finito il collaudo, dunque, non resterà che attendere la decisione il prossimo 12 luglio, quando a meno di clamorosi ricorsi alla Corte Europea (spesso chiamata in causa dal fronte avverso al progetto nelle sue assemblee) si dovrebbe dire una parola definitiva sull'intera questione.
IN FONDO ALL'ARTICOLO IL TESTO DELL'ORDINANZA
immagine tratta da Pisatoday.it
Si prospetta un'estate di resistenza all'ex-Colorificio di via Montelungo a Pisa, dove ormai da otto mesi ha sede il Progetto Rebeldia, ora Municipio del Beni Comuni. E' di questa mattina infatti la notizia che l'udienza relativa allo sgombero è stata spostata al prossimo 20 settembre.
Cadono momentaneamente nel vuoto dunque le richieste di J-Colors, multinazionale proprietaria del complesso industriale da anni in disuso, che per tre volte ha fatto istanza di sequestro e dunque di sgombero della ex-fabbrica. Denuncia, a carico di alcuni attivisti presenti al momento dell'occupazione, che nei giorni scorsi era stata oggetto di un respingimento da parte del Giudice per le Indagini Preliminari, che aveva rigettato le richieste del Pm di mettere i sigilli al complesso occupato. Rigetto impugnato dalla Procura.
Altri quattro mesi di ossigeno, dunque, in attesa di sapere se l'istanza del Gip, prima importante vittoria dell'esperienza dell'ex-Colorificio Liberato, sarà riconfermata. Un tempo certo propizio alle sempre più fitte iniziative del Municipio dei Beni Comuni, investito in questo ultimo mese da una nuova ondata di visibilità grazie all'esperienza della lista Una Città in Comune (Ucic), candidata alle elezioni a Pisa e d'ora in poi rappresentata in consiglio dai due neo-consiglieri Francesco Auletta e Marco Ricci, forte di un abbondate 8% di consensi. Ma anche, e soprattutto, mesi utili affinché anche il restante mondo politico “batta un colpo” in merito a tutto l'affaire Colorificio, che con le sue manifestazioni dedicate ai quartieri, le sue iniziative a carattere nazionale (ultima in ordine di tempo la tappa della Commissione Rodotà) e le molteplici vocazioni delle associazioni componenti il progetto, sta effettivamente aumentando la sua influenza sulla città.
Prima della campagna elettorale, infatti, non solo Ucic e l'alleata Rifondazione Comunista si erano impegnate in merito all'esperienza di via Montelungo. Le istanze del Colorificio erano infatti state al centro dell'intesa fra Partito Democratico e Sinistra Ecologia e Libertà. Accordo che certo ha giovato al rieletto sindaco Filippeschi, che grazie a quell'alleanza è riuscito a scongiurare l'ipotesi di un ballottaggio che forse lo avrebbe potuto vedere contrapposto addirittura alla stessa sinistra radicale, se solo quest'ultima si fosse unita sotto un unico candidato sindaco. Insieme ad altri impegni certo interessanti in merito al parco di Cisanello, alla variazione di bilancio a favore del sociale e alla mozione per l’acqua bene comune, l'allora maggioranza s'impegnò anche attraverso una mozione votata nell'ultima seduta del consiglio “a ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione per evitare uno sgombero coatto dell'ex-colorificio, facendosi promotrice di ogni iniziativa possibile che permetta di arrivare a una soluzione pacifica e di favorire un dialogo costruttivo tra le associazioni e la proprietà al fine del raggiungimento di un'intesa fra loro, nel pieno rispetto della legalità e dei valori sociali espressi dalle attività delle associazioni stesse”.
Promesse che in campagna elettorale non hanno avuto mai seguito nei vari dibatttii e confronti fra i candidati. Parole che, c'è da scommetterci, perseguiteranno legittimamente la nuova maggioranza, che dopo questa “proroga” concessa al Municipio dei Beni Comuni dai tempi della giustizia, avrà tutto il tempo di insediarsi, risolvere le consuete prove d'equilibrismo per la formazione della giunta e uscire dallo standby del cambio di legislatura, che avrebbe rappresentato certo una facile giustificazione nel caso tutto si fosse risolto in tribunale questa mattina.
Il fascismo uccide ancora. Il fascismo uccide e aggredisce. Sapevamo che sarebbe successo, sapevamo che soprattutto adesso, in questo contesto socio-economico, il fascismo sarebbe tornato a mostrare il suo vero volto.
La terza Corte d’Assise di Roma ha parlato chiaro: le uniche persone che possono essere ritenute colpevoli per aver ucciso Stefano Cucchi sono cinque dei sei medici imputati; agenti della polizia ed infermieri sono stati dichiarati non colpevoli dal momento che il fatto non sussiste. E’ in questo modo che si chiude il processo di primo grado sulla morte del ragazzo: con l’attribuzione di pene irrisorie per chi non ha curato Stefano. Ma nessuno è parso interessarsi al perché Stefano ci sia arrivato in quelle condizioni tra le mani dei medici.
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