Collocandoci nel campo della sinistra, senza credere che questa categoria non abbia più validità, ci interroghiamo sulla necessità di una sua ridefinizione, confrontando opinioni diverse e percorsi eterogenei che sono alla base della nostra esperienza.
Sebbene ampiamente entrati nel terzo millennio, il termine "capitalismo" non perde il suo significato primordiale cioè quello di un processo di accumulazione del plusvalore e di riproduzione del capitale stesso. Pur mantenendo integre le proprie peculiarità il capitalismo si aggiorna e acquista nuovi significati in ogni epoca storica, in particolar modo questo è evidente se lo intendiamo come sistema economico-politico teso alla concentrazione del potere nelle mani di pochi a discapito dei molti e in questo contesto alla parola proletariato riconosciamo ancora il valore di differenza di classe.
Le classi borghesi dominanti praticano da sempre la lotta di classe con tutti i mezzi a concreta disposizione, frutto storico-politico mobile e mutevole della lotta di classe stessa; e però da sempre celano che si tratti da parte loro di lotta di classe. Esse non porterebbero, dichiarano, interessi di parte antagonistici rispetto ad altri interessi di parte, sarebbero un'élite di funzionari preposti all'interesse generale della società, riassumibile nella riproduzione allargata della sua base produttiva, di conseguenza della ricchezza a disposizione della società; e se questa loro funzione si accompagna a privilegi materiali e alla disponibilità dello stato, in tutti i sensi, alle loro richieste, è perché se lo sono guadagnato per merito, con il sudore della fronte.
Se la nostra fosse una società di uguali, nella quale le differenze di condizioni economiche e livelli culturali fossero annullate o anche tollerabili; nella quale a coloro che alla nascita, per un qualsiasi accidente della vita o per invecchiamento avessero perduto alcune capacità naturali (vista, udito, parola, mobilità, …) fosse provveduto ad una forte riduzione delle condizioni di svantaggio nei confronti degli altri; nella quale non vi fosse alcuna discriminazione di classe, colore della pelle, religione, orientamento sessuale, … . Allora sì che potremmo fare a meno dei partiti politici!
Deluso, disgregato, disperso eppure sempre indignato, arrabbiato, tradito ripetutamente e rintuzzato, catapultato fuori dal Parlamento, indebolito al punto quasi di diventare invisibile, il popolo della sinistra negli ultimi anni è un universo di profonda inquietudine.
Un colpo dopo l’altro, una mazzata dopo l’altra, un leader dietro l’altro, fino alle dichiarazioni di morte sparate con gustoso compiacimento sul web a caccia di consensi mordi e fuggi!
“… ed elli avea del cool fatto trombetta.”
Dante XXI Canto de L’Inferno.
Nello studio delle lingue con il termine “falso amico” si definisce quella parola o quella frase di una data lingua, che, nonostante la forte rassomiglianza – soprattutto fonetica – con quella di un’altra, ha un significato diverso, talvolta completamente opposto.
È facile dare giudizi a posteriori, spesso è anche ingeneroso, eppure talvolta è necessario. Durante l’ultima campagna elettorale nazionale, negli ambienti della sinistra rimasta fuori al giro dell’Arcobaleno, girava una metafora agghiacciante, che purtroppo si ripresenta frequentemente. Ingroia era l’ultimo treno per riuscire a venire via da una situazione di stallo ed immobilismo.
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