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L’immortale libertà di Carmen, alla Scala
Fu l’ultimo lavoro musicale di Georges Bizet, la Carmen che è oggi tra le opere più rappresentate al mondo e di cui lui, morto dopo soli pochi mesi dalla fallimentare prima parigina del marzo 1875, non potette assaporare il seguente clamoroso successo.
Un genio di cui si devono ancora indagare i molteplici risvolti, dalla produzione poliedrica ed eclettica, rimasto nella memoria popolare per i tre capolavori Les pêcheurs de perles, L’Arlésienne e la celebre Carmen, appunto.
Si potrebbe fare il paio con altri compositori precoci spentisi in giovane età nel pieno della produzione artistica, eppure Bizet resterebbe a buon diritto un unicum della storia della musica occidentale. Carmen, il suo lavoro sommo, è capace ancora oggi di stupire, commuovere e incuriosire ad ogni rappresentazione, ad ogni esecuzione, ad ogni ascolto: la trama e la musicalità di quest’opera non cessano di porci interrogativi e di darci risposte sempre nuove, come se fosse sempre la prima volta.
Il soggetto è tratto dal romanzo omonimo di Mérimée, ma nel libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy viene radicalmente stravolto, arricchendo i personaggi e ricostruendo ex novo la vicenda d’amore tra Carmen e Don José. Da novella di costume Carmen diventa un dramma quasi verista (e quasi politico, nella Parigi in piena lotta di classe che aveva appena combatto per la Comune), in cui però solo alla fine è permesso mettere in scena la morte, pure continuamente evocata.
Sleepdrunk Seasons #2: i protagonisti della nuova scena islandese
La nuova centralità assunta dalla musica Islandese nel panorama internazionale ha permesso negli ultimi dieci anni un proliferare di formazioni e progetti volti alla sperimentazione nei territori più variegati della galassia rock. Se nel precedente articolo (vedi qua) abbiamo provato a mettere in evidenza gli elementi generali che compongono e costituiscono la nuova generazione islandese, è ora il momento di passare in rassegna i protagonisti di questo movimento.
Una delle tante vie islandesi alla musica alternativa è quella di un pop sofisticato, classicista e fastoso. Protagonisti assoluti di questo genere sono una delle prime band a emergere dal sommovimento culturale avvenuto a metà del decennio scorso: gli Hjaltalín.
Dopo qualche anno di silenzio, Carlotto torna a raccontarci le imprese di Marco Buratti, detto l’Alligatore, figura anomala del noir italiano con un passato da detenuto politico (suo malgrado) e bluesman, e un presente da investigatore senza licenza e viaggiatore nei mondi illegittimi della società italiana a cavallo tra il XX e il XXI secolo.
Fino a qui tutto bene: una storia generazionale destinata a diventare cult
Ricordate un film francese cult del 1995?Si chiamava “L'Odio” (“La haine”) ed era l'opera seconda (ma la prima di successo) di Mathieu Kassovitz. Nel cast c'era anche un certo Vincent Cassel. Un film importante che raccontava la dura realtà delle banlieue (periferie) parigine e dei pittoreschi personaggi che le popolano. Il finale di quest'opera è scandita da una voce narrante che dice: “È la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani... A ogni piano, mentre cade, l'uomo non smette di ripetere: "Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene". Questo per dire che l'importante non è la caduta ma l'atterraggio.”
“La Rivoluzione francese e la teoria comunista sono strettamente legate da profonde ragioni. È in quel grande evento storico che affondano le radici del "socialismo francese", che costituisce, secondo la felice definizione di Lenin, una delle "tre fonti e tre parti integranti del marxismo". È nel corso della Rivoluzione francese che Gracco Babeuf organizza la sua "congiura degli Eguali", primo tentativo genuinamente proletario di prendere il potere. È sempre in quella cesura storica che prende vigore e si tempra l'idea che "libertà, uguaglianza e fraternità" siano parole vuote finché esiste una classe sottoposta allo sfruttamento economico. Su questo concetto si sviluppano le varie scuole di socialismo utopistico cui Marx ed Engels daranno poi il fondamento scientifico. Inoltre lo svolgimento della più grande rivoluzione borghese è stato per lungo tempo l'unico riferimento su cui Marx ed Engels potevano impostare e verificare le proprie ipotesi di strategia per la rivoluzione proletaria, e perciò entrambi la studiarono a fondo.”
Così afferma la nota editoriale che apre l’edizione italiana dell’antologia di scritti di Michel Vovelle, pubblicata in Francia nel 1993 dalle éditions La Découverte e Société des études Robespierristes (una denominazione che è un programma) sotto il titolo: Combats pour la Révolution Francais; ora proposta da Pantarei sotto il titolo: Battaglie per la Rivoluzione francese.
Una nota che condivido, un testo la cui lettura consiglio ai lettori de Il Becco.
L’operetta si presta per definizione ad essere manipolata e reinterpretata ad ogni suo allestimento, e così avviene storicamente quando si mette in scena “Il Paese del sorriso”, Das Land des Lächelns nell’originale titolo tedesco, del noto compositore ungherese Franz Lehàr.
Ad esibirsi sulle sue note sono stati i cantanti, attori e ballerini della Compagnia Abbati, da molti anni in prima fila nella riproposizione di questo genere operistico sempre più dimenticato dai grandi circuiti e che abbiamo potuto vedere al Teatro Fraschini di Pavia, certamente piccolo ma altrettanto pregevole. Corrado Abbati approfitta a piene mani della sua dimestichezza con l’operetta e ci offre uno spettacolo inedito, dai dialoghi frizzanti e attualizzati e con un gusto molto italiano per il cabaret macchiettistico.
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