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Imponente e maestosa, Aida è l’opera nazionalpopolare per eccellenza, un capolavoro italiano famoso in tutto il mondo e tra i più rappresentati in assoluto.
Ad Aida non manca nulla, amore, guerra, pietà, odio, il travolgente corso collettivo degli eventi e l’intreccio inestricabile delle passioni individuali. Lo scenario esotico e la musicalità spettacolare incorniciano quest’opera intramontabile.
Giuseppe Verdi la compose nel 1871 su pressante richiesta del Chedivè d’Egitto Ismail Pascià per celebrare la precedente apertura del canale di Suez. In verità non molto propenso a scrivere su commissione, Verdi dovette essere convinto da amici francesi, tra cui il prezioso Du Locle, direttore dell’Opéra Comique di Parigi, e infine cedere, attratto dal soggetto del Mariette.
L’atmosfera al Glue è quella tipica delle serate speciali. Attratti da un programma che vedrà esibirsi due fra i migliori gruppi italiani in circolazione, i Be Forest di Pesaro e i Welcome Back Sailors di Guastalla (RE), decine di ragazze e ragazzi in piedi, pazienti, aspettano di fronte al palco l’entrata in scena degli artisti, altri si appoggiano al bancone sorseggiando una birra fredda o se ne stanno fuori a fumarsi rapidamente l’ultima sigaretta prima che il concerto inizi. C’è un palpabile senso di attesa mista ad eccitazione.
Mentre infuoca il dibattito sull’inaugurazione dell’Expo il 1 maggio alla Scala con Turandot (in una lettera individuale la Direzione del Teatro ha chiesto alle maestranze e agli artisti la disponibilità a lavorare, suscitando la contrarietà dei sindacati), va in scena l’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi, tra le prime opere della storia della musica occidentale.
Rottura e superamento: il dirompente omonimo album dei Viet Cong
Recensione del gioiello Post Punk del gruppo canadese
Sono bastate le prime note del singolo apripista Continental Shelf, uscito sul finire dello scorso anno, per accendere la curiosità: sezione ritmica compatta e monolitica, linee vocali spartane ma taglienti, intervallate da jingle-jangle chitarristici per un gioco fulminante di lunghe contrazioni e di improvvise distensioni melodiche. Se il biglietto da visita attrae, il party vero e proprio esalta. L’omonimo Viet Cong (Jagjaguwar/Flemish Eye, 2015), primo Full Length Play del complesso Canadese di Calgary è infatti un trionfo di sapienza compositiva, il posto dove ossessioni apocalittiche e cupezze claustrofobiche vengono continuamente squarciate da effimeri ma accecanti raggi di sole, dove compattezza ed ecletticismo, articolazione e minimalismo vanno a braccetto.
Un vero e proprio evento, un avvenimento unico e memorabile per chiunque riuscirà ad assistervi: il Die Soldaten in queste settimane in scena alla Scala entra da protagonista nell’offerta culturale italiana odierna.
Nonostante l’opera, in coproduzione col prestigioso Festival di Salisburgo (è stato proprio il sovrintendente Pereira a curare il sodalizio tra la città austriaca e Milano), sia già andata in scena a Salisburgo nel 2012, l’allestimento scaligero ha un sapore di unicità. Innanzitutto è la seconda volta in assoluto che Die Soldaten viene rappresentata in Italia, per la prima volta al Piermarini. E poi, la diversità tra il palcoscenico e gli spazi in generale della Scala, campione dei cosiddetti “teatri all’italiana”, e il Teatro Felsenreitschule, la vecchia Cavallerizza dell’Arcivescovado di Salisburgo, ha imposto al regista Hermanis grosse e significative modifiche nell’impianto complessivo della messa in scena. Lo spettacolo che ha debuttato alla Scala il 17 gennaio è, quindi, senza dubbio nuovo.
Al Glue l’ex Ritmo Tribale presenta live il suo ultimo lavoro
“Cosa vuoi che ti dica? Io con l’eroina ho capito cos’è l’amore, l’eroina è la cosa che ho amato di più al mondo, neanche una persona ho mai amato così. Il che ti fa capire che bella persona sono…”
Edda e le sue perversioni sessuali, Edda che si buca, Edda razzista, sociopatico, misogino, psicotico, Edda che canta i mantra Hare Krishna di primo mattino: rifiuta la droga, si astiene dal sesso e dal gioco d’azzardo. L’Edda violento, l’Edda vegetariano, l’Edda viscerale e perverso, l’Edda che rifugge ogni forma di piacere corporeo.
Edda è contraddizione e incongruenza. I suoi album affreschi biografici crudi e sanguigni, i suoi testi, spesso ambigui, talvolta disturbanti, quasi sempre conditi di dettagli scabrosi, lasciano poco spazio alla coerenza. Odio, violenza, prostituzione, mal di vivere sono il contesto che incornicia e racchiude il nonsense nervoso e tagliente del cantautore milanese.
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