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L’operetta si presta per definizione ad essere manipolata e reinterpretata ad ogni suo allestimento, e così avviene storicamente quando si mette in scena “Il Paese del sorriso”, Das Land des Lächelns nell’originale titolo tedesco, del noto compositore ungherese Franz Lehàr.

Ad esibirsi sulle sue note sono stati i cantanti, attori e ballerini della Compagnia Abbati, da molti anni in prima fila nella riproposizione di questo genere operistico sempre più dimenticato dai grandi circuiti e che abbiamo potuto vedere al Teatro Fraschini di Pavia, certamente piccolo ma altrettanto pregevole. Corrado Abbati approfitta a piene mani della sua dimestichezza con l’operetta e ci offre uno spettacolo inedito, dai dialoghi frizzanti e attualizzati e con un gusto molto italiano per il cabaret macchiettistico.

Primo di due articoli che si occupano degli ultimi dieci anni di musica islandese

Prima degli anni ottanta, la scena musicale islandese era estremamente chiusa e autoreferenziale: a dominare erano cantautori e complessi di musica tradizionale vichinga, i quali però, al di fuori del territorio nazionale, suscitavano più l’interesse degli etnomusicologi che degli appassionati.

 

 

 

Non un allestimento inedito, è vero, ma alla Scala ogni cosa ha il sapore della novità, tanto più uno spettacolo di balletto sulle musiche settecentesche di Johan Sebastian Bach.

E così va in scena in questi giorni al Piermarini “Cello Suites – In den Winden im Nichts”, del coreografo svizzero Heinz Spoerli, un artista eclettico e insuperabile nel suo genere. Dalle famosissime e sublimi suite per violoncello solo Spoerli ha ricavato, nel 2003 a Zurigo, due lavori ispirati ai quattro elementi primordiali delle filosofie naturalistiche: terra, acqua, fuoco, aria. Con questo spettacolo egli ha messo in danza le suite n. 2, 3 e 6, ispirandosi al principio arioso, al vento.

Live report del concerto del gruppo bergamasco a Firenze

Nel panorama della musica indie italiana, pochissimi gruppi possono vantare una carriera brillante e coerente quanto quella dei Verdena. Emersi, giovanissimi, dall’underground lombardo con un paio di inni adolescenziali di scuola grunge contenuti sul già interessate omonimo album di esordio del 1999, il trio bergamasco ha poi intrapreso un sentiero di crescita musicale coraggioso e complesso iniziato con Solo un Grande Sasso (2001, Blackout) e culminato con l’ambiziosissimo e decisamente riuscito doppio Wow (2011, Universal) e con il nuovo Endkadenz Vol. 1 (2015, Universal).

Dopo più di due secoli riempie ancora le sale l’opera di un ragazzino di sedici anni, straordinaria e piacevole contro ogni aspettativa. Se è pur vero che il soggetto non è entusiasmante e che buona parte della partitura è semplicemente l’esito necessario delle regole di composizione del tempo, vi è già con chiarezza quell’insieme di sonorità cristalline e limpide decisamente mozartiane.

Composto a Milano nel 1772 per il Regio Ducal Teatro, l’antenato della Scala, il Lucio Silla è un’opera seria in tre atti in pieno stile classico: erano 30 anni che Lucio Silla non tornava al suo teatro natale ed è oggi in scena alla Scala in coproduzione col Festival di Salisburgo.

Sposta una sola nota e si immiserisce tutto. Cambia una sola frase e la struttura crolla.” Così viene a dire un estasiato Salieri nel famoso film di Forman, e così effettivamente è di fronte alle composizioni di Wolfgang Amadeus Mozart, genio musicale insuperato, precocissimo e prodigioso, che già da fanciullo componeva su commissione delle più importanti famiglie europee.

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