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Articolo e foto di Luca Onesti, sosteniamopereira.blogspot.it
“Quando attraversi Lisbona la domenica mattina, ricordati sempre di bere un bicchiere di ginjinha” canta Mariano Deidda nel suo ultimo disco dedicato a Fernando Pessoa, Mensagem.
Chi è solito passeggiare nel centro della capitale portoghese a poco a poco si costruisce una personale intricata mappa di luoghi e itinerari, e impara ad intermezzare il cammino di piccoli, piacevoli riti quotidiani. Uno di questi consiste nel concedersi una sosta alla liquoreria Ginja sem rival, in Rua Portas de Santo Antão, a due passi dalla centralissima piazza del Rossio, per assaporare un bicchiere di liquore all’amarena, la Ginja appunto, o un bicchiere di Eduardinho, un liquore che la leggenda narra abbia preso il nome da un pagliaccio che lavorava nel vicino teatro Coliseu ed era solito bere una mistura di liquori prima degli spettacoli, per stemperare la tensione.
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Tocca poi a Barbara Orlandi della CGiL Firenze, la quale riporta la forte preoccupazione che avverte il suo ed altri sindacati che affrontano le enormi difficoltà che soprattutto oggi sta vivendo il mondo del lavoro; ma la preoccupazione ulteriore è che in tempi di crisi la tentazione sia quella, pericolosissima, di poter accantonare i diritti fondamentali, della cittadinanza, del lavoro, della libertà, del voto... E continua il suo intervento citando le parole di Yvan Sagnet, sindacalista in CGIL che ha scritto un libro, Ama il tuo sogno, sulla propria esperienza, a cominciare da quella terribile, vissuta come bracciante nel campo di pomodori di Nardò, nel 2011: “Appena arrivati, i caporali requisiscono i documenti ai braccianti e li usano per procurarsi altra mano d'opera, altri immigrati, ma clandestini. Il rischio che i documenti vadano persi è altissimo e quando accade i braccianti diventano schiavi. Le condizioni di lavoro sono agghiaccianti: diciotto ore consecutive, di cui molte sotto il sole cocente. Chi sviene non è assistito e se vuole raggiungere l'ospedale deve pagare il trasporto ai caporali. Il guadagno è di appena 3,5 euro a cassone”. A proposito della sua e di altre migliaia di esperienze simili, Orlandi sottolinea come si debba reintrodurre nel
Intervistato da Sergey Lozunko per “2000”, traduzione a cura di Federico Ghignoli
1) Pjotr Nikolaevich, io e Lei ci incontriamo in un periodo difficile, e ciò che sta succedendo nel Paese diventerà il tema principale della nostra conversazione. Ma vorrei cominciare da questa domanda: perché il gruppo PCU [Partito Comunista Ucraino N.d.T.] negli ultimissimi giorni ha continuato a lavorare in Parlamento? Non lo nasconderò, molti hanno espresso stupore. Più d’una volta ho sentito ragionamenti sul fatto che nel Paese c’è la rivoluzione, mentre i comunisti votano, come se nulla fosse accaduto. Quindi: perché?
La ringrazio per questa domanda. Lo anticipo, la mia risposta non sarà breve. Torniamo alla fine della scorsa settimana: il presidente è fuggito, il premier è assente, il potere locale e gli organi esecutivi sono paralizzati, il Paese è velocemente immerso nel caos, continua la violenza sui dissidenti, all’uscita da Kiev non è chiaro chi acchiappi i “titushki” [forze mercenarie che supportano il governo anti-ribelli N.d.T.], echeggiano inviti al linciaggio dei collaboratori di “Berkut” [unità antisommossa N.d.T.] e dei soldati delle Forze Armate Nazionali, e da allora sono iniziati i saccheggi; che non sono in alcun modo connessi con la politica.
“La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti”
Nelson Mandela
Come tutti i primo marzo, ormai dal 2010 anche quest’anno la prima giornata di questo mese si è svolta all’insegna dei diritti dei migranti. La rete Primo Marzo, assieme a Prendiamo la Parola e alla Rete Antirazzista fiorentina, ha rinnovato la mobilitazione animando piazza dei Ciompi con interventi di vari relatori e con musiche e canzoni per ricordare a tutti noi, che, anche in tempo di crisi, o soprattutto in tempi di crisi, non bisogna smettere di lottare contro discriminazione, razzismo e disumanità, che è proprio forse in momenti come questi che rischiano d degenerare maggiormente. Ed è proprio quando si comincia a dire che “i diritti umani non sono la priorità – prima vengono il pareggio di bilancio, la crescita del PIL, il lavoro!” – che li si uccidono. I diritti
I rimpasti di una giunta regionale non sono un argomento che coinvolge al di fuori della cerchia degli appassionati della politica. La scelta di Enrico Rossi di adeguare il governo della regione Toscana ai nuovi equilibri del Partito Democratico di Renzi ha però una rilevanza particolare, per cui abbiamo voluto intervistare uno degli assessori che non fa più parte del governo regionale. La notizia che commentiamo è qui.
1) Ancora assessore regionale della Toscana, avevi scritto per la nostra rivista, il Becco, un articolo sul rugby e i fenomeni di massa (qui). Alla luce di questo sport come metafora della politica a cui aspirare, come descriveresti il passaggio che ha visto il rimpasto di giunta da parte di Enrico Rossi?
Ci siamo mangiati una meta.
Per usare la metafora del rugby è accaduto una cosa analoga a quello che accade spesso alla nazionale italiana: il secondo tempo è stato disastroso, o almeno lo sono stati gli ultimi minuti.
In un campo reso fangoso e scivoloso dalle piogge renziane il capitano della squadra si è mangiato la meta della vittoria e così rischia di tornare a casa con il cucchiaio di legno.
Quello che è peggio è che mancherà la conclusione ad una serie di azioni che potevano avere una qualche efficacia sociale, seppure nei limiti della capacità di intervento della Regione.
Sono passate poco più di due settimane dalla mattina del 15 febbraio, giorno in cui il Municipio dei beni comuni, uscito dall'esperienza dell'Ex-Colorificio nel novembre scorso, ha deciso di lanciarsi in un nuovo progetto occupando l'ex-caserma Curtatone e Montanara, abbandonata a se stessa da più di 15 anni, se si esclude il suo utilizzo come parcheggio privato da parte di alcuni militari (e amici in occasioni speciali come la Luminara).
Pur essendo passato così poco tempo, molte cose sono state fatte: i militanti del Municipio fin dal primo giorno hanno lavorato instancabilmente per rendere nuovamente agibili alcune stanze degli edifici e soprattutto l'area verde circostante, fiore all'occhiello dello spazio con i suoi 8000 m2 di estensione e da poco inaugurata con il nome di Parco “Andrea Gallo”.
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