Relazioni internazionali, notizie da altri paesi, ingiustizie sparse per il globo.
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I dati che l'Onu restituisce dal monitoraggio del nuovo focolaio di guerra mediorientale iniziato lo scorso 26 marzo in Yemen sono impressionanti almeno quanto l'indifferenza con cui è stato accolto questo conflitto in Occidente.
Le cifre riportano 850mila bambini malnutriti, 21 milioni di civili senza accesso regolare a acqua, cibo e cure mediche. L’UNHCR stima che l'ondata di rifugiati costretti a riparare in altri paesi a loro volta poverissimi sia di 15 milioni di persone, di queste 1,2 milioni sarebbero gli sfollati interni mentre gli altri avrebbero trovato accoglienza in Somalia, nel Gibuti e in Etiopia. L'OHCHR (Office of the High Commissioner for Human Rights) sta invece monitorando il numero delle vittime che è salito a 6.221, ma è in continuo aggiornamento, di queste 1.950 civili e 398 bambini, i feriti sarebbero a quota 22.110.
Approvati definitivamente i contestatissimi disegni di legge volti a consentire un ampio impiego all'estero delle Forze di Autodifesa e che trasformano - di fatto - il Giappone in un Paese in grado, in alleanza con altri, di ingaggiare conflitti.
I disegni di legge (che complessivamente modificano dieci norme) hanno avuto l'approvazione finale della Camera alta della Dieta lo scorso 19 settembre, in un clima di fortissima tensione.
Eh già. I diritti umani. Ma quali esattamente? Di chi ?
Non è un cinismo incancrenito quello che porta a dubitare che sia effettivamente la volontà di difendere la dignità e il benessere di ogni essere umano quanto piuttosto non solo l’esistenza, ma la tolleranza, il sostegno, a situazioni come quella dell’Arabia Saudita.
Una monarchia secolare. Un paese dove le donne non hanno alcun diritto (Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba, dice un antico proverbio)e nel quale qualsiasi attività sessuale al di fuori del matromionio eterosessuale è illegale. La severità è tale che gli stranieri che vngono scoprti portatori del virus dell’HIV vengono inmediatamente rimandati in patria.
Un paese, l’Arabia Saudita dove solo nei primi cinque mesi del 2015 sono state eseguite 90 esecuzioni capitali. Un paese che, secondo le dichiarazione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha luogo il terzo maggiore traffico di esseri umani al mondo.
Domenica 6 settembre gli elettori polacchi erano chiamati a votare sui tre referendum convocati in tutta fretta tra il primo e il secondo turno delle presidenziali di maggio. Il cantante rock Paweł Kukiz aveva ottenuto un sonoro 20% rivelandosi determinante per mandare al ballottaggio (e successiva sconfitta) il Presidente uscente Komorowski, appoggiato dal partito liberale PO. Corteggiando i voti a Kukiz, che provenivano principalmente dai liberali, Komorowski convocò (senza riuscire a salvarsi politicamente) i tre referendum sull’introduzione dello scrutinio uninominale, l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti politici, l’adozione del principio in dubio pro cive nei contenziosi fiscali.
I risultati sono stati in larghissima maggioranza favorevoli ai cambiamenti proposti, ma alla chiamata ha risposto una quota di molto inferiore al quorum richiesto della metà più uno: solo il 7,5% del corpo elettorale – che è più o meno l’ammontare dei voti (indecisi esclusi) di cui è al momento accreditato il movimento di Kukiz.
Eliminato, lo scorso 11 settembre, il tetto di tre anni per i rinnovi contrattuali dei lavoratori interinali. La modifica della legge sull'uso di tali contratti è uno dei punti cardine delle politiche del lavoro della maggioranza conservatrice. Hanno votato contro tutte le opposizioni.
“Non credo ci sia mai stata una così pessima legislazione che, platealmente, aiuta le aziende sfruttatrici che hanno tratto profitto dall'uso illegale del lavoro interinale ed, allo stesso tempo, tradisce i lavoratori in un momento nel quale essi potevano ottenere migliori condizioni” ha affermato il senatore, ed ex sindacalista, democratico Michihiro Ishibashi.
“Il lavoro interinale rappresenta un problema se si guarda alla prospettiva di creare una solida base per l'economia giapponese” ha dichiarato il deputato ed ex ministro del Lavoro nel governo Hatoyama, Akira Nagatsuma.
Sono recentemente usciti due libri sulla lotta dei curdi di Kobanê contro lo Stato Islamico, che decisamente meritano di essere letti e fatti leggere.
Il primo, edito da Edizioni Alegre, titola Kobane, diario di una resistenza, ed è stato realizzato da “staffette di solidarietà”, composte da giovani legati alla rete Rojava calling di associazioni, collettivi, centri sociali e singoli individui, che si sono recate dall’ottobre del 2014 al marzo scorso in questa città. Il secondo libro, edito da Agenziax, titola Kobane dentro, è stato scritto dal giornalista freelance Ivan Grozny Compasso, che si è recato a Kobanê nel dicembre successivo. Ambedue i libri sono reperibili od ordinabili presso le sedi delle edizioni Feltrinelli.
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