Internazionale

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Relazioni internazionali, notizie da altri paesi, ingiustizie sparse per il globo.

Immagine liberamente tratta da upload.wikimedia.org

Venti anni tra le macerie: la mancata ricostruzione della Bosnia Erzegovina dopo Dayton

“Sono stato qui l’ultima volta nell’inverno del 1995, sotto le pallottole. Ricorreva una triste ricorrenza: mille giorni di assedio. E’ difficile confrontare la situazione di allora con quella odierna. Molti edifici distrutti sono stati rinnovati o almeno resi abitabili. Per le strade la gente cammina senza dover temere i colpi dei cecchini. La vita torna a scorrere nelle vene della città, ma non c’è più quella solidarietà tra cittadini costretti a sopportare gli stessi tormenti insieme.

Manifestazioni, lo scorso 14 novembre, a Tokyo, Nagoya, Osaka e nella Prefettura di Okinawa degli Studenti per un'Azione di Emergenza per la Democrazia Liberale (SEALD la sua sigla in inglese) contro la base, in fase di realizzazione, delle forze armate statunitensi di Henoko (Nago).
Alla partecipata manifestazione tenutasi presso la stazione di Nagoya hanno preso parte parlamentari dei quattro principali partiti dell'opposizione: tra essi il leader dei comunisti Shii.
Una politica che “ci ha ricordato l'espropriazione forzata per la costruzione di basi americane con baionetta e bulldozer”: così Takeshi Onaga, durante una conferenza stampa, lo scorso 17 novembre, ha qualificato la decisione del governo di non voler tener conto della contrarietà diffusa alla nuova installazione militare.

Sempre in ambito militare, il Sol Levante, mediante il Segretario Generale del Gabinetto, Yoshihide Suga, ha annunciato di voler competere con la francese DCNS e con la tedesca ThyssenKrupp, nella valutazione concorrenziale bandita dal governo australiano per il rinnovo della propria flotta di sottomarini. E' la prima gara internazionale, nel settore bellico, cui il Giappone partecipa, da quando, lo scorso anno, il governo Abe ha tolto le restrizioni - pressoché totali, anche se talvolta aggirate - che limitavano l'industria bellica nipponica.

In ambito economico, proposte per mitigare gli effetti più negativi per l'agricoltura nipponica del Trans-Pacific Partnership Agreement (TPP) sono giunte anche dallo stesso Partito Liberal-Democratico. In un documento di undici pagine, predisposto dagli organi del PLD, pur ribadendo che “il TPP può creare grandi opportunità per il nostro Paese nell'espansione degli affari e nell'occupazione, in particolare per le piccole e medie imprese” si invita il governo a tutelare la produzione nazionale di riso (quella più immediatamente a rischio dall'apertura dei mercati), acquistando, per le riserve stoccate ai fini di protezione civile, riso straniero, così da fare in modo che questo non interferisca con il prezzo del riso nazionale sul mercato interno. Per quanto concerne il riso, il Giappone, dovrebbe, allo stato attuale, mantenere le attuali tariffe doganali, impegnandosi però ad acquistare 56.000 tonnellate annue di prodotto statunitense ed australiano.

Sul fronte lavoro, una ricerca del Ministero del Lavoro, resa nota lo scorso 12 novembre, ha mostrato come quasi la metà delle lavoratrici interinali in gravidanza o nel periodo successivo al parto hanno subito trattamenti discriminatori sul posto di lavoro. Per la precisione, a subire pratiche lavorative ingiuste sono state il 48,7% delle lavoratrici contrattualizzate da agenzie di lavoro temporaneo, contro il 21,8% delle lavoratrici a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato.
Tra le maggiori violazioni riscontrate vi è linguaggio abusante da parte dei dirigenti seguito da licenziamenti ingiustificati.

(con informazioni di Japan Press Weekly 11 – 17 nov. 2015; ryukyushimpo.jp; reuters.com; japantimes.co.jp)

Giovedì, 19 Novembre 2015 00:00

Un racconto da Parigi

Scritto da

Di Matteo Fratangeli

Parigi: le ore dopo l’attentato nel racconto di Ida, un’insegnante milanese che vive in città: “L’atmosfera è triste, strade deserte”

Dolore, sgomento, paura, rabbia. Sono le emozioni che tutti noi abbiamo provato alla notizia dei tragici fatti di Parigi. 129 morti e 352 feriti sono un bollettino di guerra, una guerra sempre più su scala globale che il terrorismo vuole portare fin sotto le nostre case, nelle strade che percorriamo, nei negozi, nei locali e nei teatri che frequentiamo per trascorrere qualche ora di gioia e di spensieratezza; sentimenti che nella capitale francese sono stati strappati via con la violenza, gettando la popolazione nell’angoscia e nel lutto.
Sensazioni inimmaginabili per noi che viviamo in una società che, fortunatamente, almeno fino ad oggi, si è sentita immune da tali tragedie, e che solo chi sta vivendo quell’esperienza e la sta osservando con i propri occhi può aiutarci a capire.

La catastrofe è in corso, ma è arrestabile. A determinate condizioni prima di tutto politiche.

L’intervento russo nella tragedia siriano-irachena e la terribile strage del 13 scorso a Parigi a opera dei killer fanatici dello Stato Islamico pare stiano cambiando parte delle coordinate insensate, politiche e militari, con le quali Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Unione Europea hanno affrontato da cinque anni a questa parte questa tragedia. Sarà sufficiente quel che si comincia a vedere? Non è detto; non è detto, prima di tutto, che il comportamento occidentale riuscirà a essere coerente. Anzi si può già constatare come non abbia l’intenzione di essere tale.

Venti milioni di firme - da raccogliere entro il Giorno della Costituzione (3 maggio) del prossimo anno - contro la legislazione bellicista di Abe. Questo l'ambizioso obiettivo che si è data una coalizione civica formata da 29 gruppi (tra essi gli Studenti per un'Azione di Emergenza per la Democrazia Liberale). Alla campagna ha aderito anche il Partito Comunista.

Intanto, ad Okinawa, il governo della Prefettura ha depositato, lo scorso 3 novembre, il ricorso, presso il Consiglio per la Gestione dei Contenziosi tra il governo nazionale e le amministrazioni locali, contro la decisione del governo nazionale di ritenere nulla la cancellazione delle autorizzazioni, rilasciate dal precedessore di Onaga, il liberal-democratico Nakaima, ai lavori preparatori per la nuova base militare statunitense di Henoko. Entro 90 giorni, l'organismo dovrà pronunciarsi sulla validità giuridica delle decisioni di Takeshi Onaga.
Nel contempo, circa cento poliziotti antisommossa sono stati inviati a Nago dal Dipartimento Metropolitano di Polizia di Tokyo. “Stanno tentando di forzare il progetto di ricollocazione senza farsi scrupoli” è stato il commento del governatore.

In ambito internazionale, ha generato tensione la presenza di una nave cinese, con compiti di intelligence, nei pressi delle contese isole Senkaku. A riportare la notizia, lo scorso 12 novembre, è stato il Ministero della Difesa di Tokyo. “Il governo attuerà approfondite attività di sorveglianza nelle acque e nello spazio aereo della nazione” ha dichiarato il Segretario Generale del Gabinetto Yoshihide Suga.
“La normale attività della marina cinese in acque di sua competenza è irreprensibile ed in linea con il diritto internazionale” è stata la posizione, diametralmente opposta, del Portavoce del Ministero per gli Affari Esteri di Pechino Hong Lei.
Quest'ultimo ha anche criticato la posizione espressa dal governo nipponico, mediante Suga, circa i lavori effettuati dal governo cinese su una delle isole Spratly (o Nansha, come vengono chiamate in Cina). Le isole Spratly sono rivendicate da vari Paesi (in primo luogo Cina e Vietnam), ma non dal Giappone.
“Il Giappone non è tra le parti coinvolte sulle questioni inerenti il Mar Cinese Meridionale. Storicamente le isole Nansha sono state conquistate dal Giappone ma recuperate alla sovranità cinese dopo la guerra. Quando Cina e Giappone hanno normalizzato le proprie relazioni diplomatiche, nel 1970, il Giappone ha promesso di rispettare i punti contenuti nella Dichiarazione di Potsdam. Il Giappone non ha diritto di fare inappropriati commenti circa la sovranità delle isole Nansha” ha chiarito l'alto funzionario cinese.

Sul fronte lavoro, l'Indagine generale sui diversi tipi di impieghi (realizzata dal Ministero del Lavoro), ha mostrato come al primo ottobre 2014, la percentuale dei lavoratori non stabili, sul totale della forza lavoro nipponica, ha raggiunto, per la prima volta il 40%.
La maggiore quota di tali lavoratori è costituita dai part-time, seguiti dai lavoratori parasubordinati, dai pensionati ritornati al lavoro ed in ultimo dai lavoratori contrattualizzati dalle agenzie di lavoro temporaneo. La stessa ricerca indica come il 38,6% delle aziende rispondenti, abbia indicato l'uso del lavoro precario come necessario a ridurre i costi del lavoro.

(con informazioni di Japan Press Weekly 4 – 10 nov. 2015; ryukyushimpo.jp; ajw.asahi.com e fmprc.gov.cn)

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