Relazioni internazionali, notizie da altri paesi, ingiustizie sparse per il globo.
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Interrotti, lo scorso 7 settembre, i colloqui, concernenti la ricollocazione della base di Ginowan a Nago, tra l'amministrazione della Prefettura di Okinawa, guidata da Takeshi Onaga ed il governo centrale. La rottura si è consumata subito dopo il colloquio intercorso tra Abe ed Onaga. Al termine dell'incontro, il Segretario Generale del Gabinetto, Yoshihide Suga, ha confermato la volontà del governo di riprendere i lavori preparatori per la costruzione della nuova installazione militare per la metà di settembre.
“Userò ogni mezzo a mia disposizione per interrompere i lavori” ha, invece, dichiarato Onaga. Una manifestazione anti-base, che aveva visto la partecipazione di quasi quattromila persone - tra essi il sindaco di Nago, Inamine, ed il deputato comunista Akamine - si era tenuta il 5 settembre.
Di Marco Fantechi
Curdi, come le migliaia di vittime dei gas, lanciati su la città di Halabja (Kurdistan iracheno) dagli aerei di Saddam Hussein, il 16 marzo 1988.
Curdi, come Abdullah Öcalan, leader dei curdi di Turchia, arrestato a Roma, il 13 novembre 1998, espulso e consegnato ai servizi segreti turchi, all'ergastolo nel carcere militare di massima sicurezza turco nell'isola di Imrali.
Curdi, come i combattenti curdo-siriani che hanno respinto i tagliagole dell' ISIS dalla città assediata di Kobane.
Curdi, come le vittime dei bombardamenti "antiterrorismo" turchi degli ultimi mesi.
Curdi, fugacemente apparsi, ed osannati, sui media internazionali, ma, velocemente scomparsi davanti alle molte "Ragion di Stato" che gli si parano davanti.
Curdi, un problema...
Curdi di Siria, che, non solo, non si lasciano scannare delle milizie islamiche del Califfato, ma le respingono armi alla mano.
Curdi di Siria, che instaurano, nelle regioni abbandonate delle truppe governative di Bashar al Assad, un modello sociale che si può definire rivoluzionario.
... Un problema...
"Autonomia democratica" è il modello strutturato, di democrazia dal basso, che regola la vita delle aree sotto il controllo delle forze curde in Siria. Il Rojava. "Una testa un voto" è il principio che regola la vita pubblica del Rojava, sia politica che giuridica, come pure le attività economiche.
Base del percorso sono le Comuni, cellule di zona (50 case,2/3 strade) nelle città e nei villaggi dove si eleggono i rappresentanti. Loro portano le istanze alle Assemblee Rionali che le inoltrano alle Assemblee Regionali. Dai 5 ai 7 rappresentanti per Comune, mandato annuale/biennale, con potere del popolo di eleggere sostituti quando ritenuto necessario.
Rappresentanti uomo/donna per ogni vertice, compresa l'Assemblea del Kurdistan Occidentale(Mgrk) diretta da due personalità, con 33 componenti il Coordinamento Amministrativo.
La maggiore formazione politica presente è il Partito dell'Unione Democratica (PYD) di ispirazione marxista, fondato nel 2004, assieme al suo gruppo militare Forze di Autodifesa Curde (YPG) in alleanza con altri 16 partiti curdo-siriani, formano l' Assemblea Nazionale Curda della Siria (ENKS). Riconosciuta internazionalmente come Alto Consiglio di Unità Nazionale (sede ad Erbil, nel Kurdistan Iracheno semi-autonomo dal governo di Baghdad) partecipa alla Conferenza di Pace di Ginevra del 2013.
Dipendono dal Consiglio i Comitati della Diplomazia, dei Servizi Sociali e della Difesa. PYD è maggioritario nella Regione Popolare del Rojava, ma alcuni distretti sono amministrati da partiti di diversa impostazione ideologica o di altri gruppi etnici. Nelle assemblee, settimanali, delle Comuni, ci sono Commissioni su svariati temi e settori, compresi i Comitati Economici, che redistribuiscono i beni nella comunità e sostegno ai bisognosi e gli Organi di risoluzione dei conflitti, con modalità pacifiche della negoziazione. Nelle città, sono costituite Case delle Donne, Associazioni di assistenza alle famiglie, Centri culturali e artistici. Le attività economiche sono regolate come Cooperative, i cui utili garantiscono il sostentamento a numerose famiglie.
Il sistema anti-capitalista di base adottato, ha bloccato l'aumento di prezzo dei generi essenziali.
Questo sistema si è affermato nelle zone (Cantoni) di Cirze, area petrolifera, Efrin e Kobane, la città sull'Eufrate che ha resistito all'assedio delle milizie jahaidiste. Viene anche praticato nella regione di Aleppo, nelle aree sotto il controllo delle forze curde. Una rete di oltre cento municipalità garantisce i servizi di base, il controllo del territorio e la parità di genere, pratica che ha avuto visibilità internazionale con le foto delle combattenti donne che resistevano all'assedio di Kobane, come ci hanno mostrato (e subito dimenticato!) i media internazionali. Al fianco dei curdi sono anche gruppi di combattenti cristiani, assiri, arabi, yezidi che in questo progetto si riconoscono, contro l'ISIS e i suoi protettori.
Regione Popolare del Rojava... Un bel problema! Contro di loro si è scatenata l'offensiva di chi questo progetto colpisce, la Turchia del neo sultano Erdogan in primis, assieme ai finanziatori/protettori del Califfato, le petromonarchie del Golfo.
Quest'anno si è celebrato il settantesimo anniversario dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki. Da allora il mondo è stato più volte colpito dal rischio di un nuovo utilizzo, sui civili, delle armi nucleari mentre test ed incidenti (il più recente, quello di Fukushima, proprio nel Sol Levante) hanno provocato immensi danni, vittime e suscitato apprensione in miliardi di persone.
Poco nota, in Italia, è la Confederazione delle Organizzazioni delle Vittime delle Bombe A e H (Hidankyo), che raggruppa e rappresenta i superstiti dei due bombardamenti dell'agosto 1945.
Per conoscere meglio questa importante realtà civica abbiamo intervistato il suo Segretario Generale, il professor Terumi Tanaka.
Grande opposizione popolare ai disegni di legge presentati dalla maggioranza conservatrice per l'impiego delle Forze di Autodifesa all'estero. Manifestazioni simultanee si sono tenute in tutte e 47 le Prefetture. A Tokyo, nei pressi della sede della Dieta, con circa 120.000 partecipanti, si è tenuta la protesta più numerosa.
“Uniamoci per far crescere l'opposizione ed ottenere il ritiro dei disegni di legge e le dimissioni del Primo Ministro Abe” ha affermato nel proprio discorso ai manifestanti il leader del Partito Comunista Shii. Presenti alla dimostrazione anche i leader del Partito Socialdemocratico e del Partito Democratico.
Contrario alla nuova legislazione in fase in discussione anche la Federazione Nazionale dei Sindacati dei Lavoratori Portuali. Proteste si sono tenute nei porti di Tokyo, Osaka, Yokohama e Kobe.
Un appello per il ritiro dei disegni di legge è arrivato anche da oltre 300 avvocati ed accademici che, lo scorso 26 agosto, hanno convocato una conferenza stampa.
Tra i giuristi in prima linea contro le politiche militariste di Abe, il presidente della Federazione delle Associazioni Forensi Susumu Murakoshi e l'ex direttore dell'Ufficio Legislativo del Governo Masasuke Omori: “è totalmente inaccettabile che un governo arbitrariamente cambi la tradizionale interpretazione del carattere pacifista della Costituzione” ha dichiarato quest'ultimo.
In ambito scolastico, la città di Imabari (Prefettura di Ehime), lo scorso 28 agosto, ha deciso di eliminare dalle scuole medie cittadine i testi pubblicati dalla casa editrice revisionista Ikuhosha.
Nel settore dei trasporti, lo scorso 31 agosto, il deputato comunista Shozo Majima ha chiesto, insieme ad un gruppo di cittadini di Fukuoka, che la compagnia ferroviaria Kyushu Railway rimetta il personale in 12 stazioni, sulla linea Kashii, che da marzo ne sono sprovviste.
Per l'azienda che gestisce la linea il servizio ai passeggeri e la loro sicurezza possono essere coperti mediante assistenza telefonica e videosorveglianza. Di parere opposto il gruppo civico che ha chiesto il ripristino del personale, per il quale il miglior modo per avere una stazione sicura e funzionale è la presenza di un numero adeguato di dipendenti.
(con informazioni di Japan Press Weekly 26 ago. - 01 sett. 2015)
La protesta reazionaria dei camionisti cileni e la minaccia ai diritti indigeni
A vedere le immagini di camionisti cileni che bloccano le arterie di comunicazione che portano alla capitale Santiago, corre un brivido lungo la schiena. La situazione storica e politica è fortunatamente molto diversa da quella del golpe del '73, ma allora come adesso, il tentativo è quello della destabilizzazione politica in senso reazionario del Paese Sudamericano. Come l'ha definito il quotidiano comunista El siglo, si tratta infatti di un "golpetto destabilizzante" volto a creare ulteriori preoccupazioni al già debole esecutivo a guida socialista.
I proprietari di camion che hanno nei giorni scorsi creato enormi disagi al trasporto e alla mobilità del paese, hanno giovedì raggiunto l'apice della loro azione sovversiva, riuscendo a raggiungere il centro della capitale Santiago, dopo che le autorità hanno ceduto alla loro richiesta di passare di fronte a La Moneda, il palazzo del Presidente della Repubblica. Solo la presenza di una contromanifestazione delle forze della sinistra, ha obbligato il movimento di protesta dei camionisti a transitare rapidamente per le vie del cuore politico di Santiago, senza poterle occupare.
Il prezzo del potere - Erdogan, esercito, ISIS e fascisti turchi contro il PKK nella lotta per il governo del paese
Da un mese è caos totale in Kurdistan. Dopo l’attentato di Suruc in cui hanno perso la vita decine di giovani socialisti turchi, rivendicato dall’ISIS e con ogni probabilità favorito e agevolato dalla Turchia, e la rappresaglia del PKK - l’uccisione di due poliziotti apparentemente affiliati allo Stato Islamico nel sudest della Turchia - l’intera area si è ancora una volta trasformata in teatro di guerra.
Breve passo indietro: il Kurdistan irakeno è conteso fra le forze di difesa curde, tra cui i combattenti del PKK, e lo Stato Islamico. In quella regione, il PKK, la forza comunista e indipendentista fondata da Abdullah “Apo” Öcalan - ora rinchiuso, unico detenuto, su un’isola-prigione turca adibita a carcere di massima sicurezza - ha spesso e a ragione rivendicato di essere stato l’unica forza organizzata a resistere nei giorni della dirompente avanzata dell’ISIS, mentre esercito regolare irakeno e peshmerga governativi si ritiravano abbandonando nelle mani dello Stato Islamico tonnellate e tonnellate di costoso materiale bellico americano. Materiale bellico che l’ISIS riutilizzava scrupolosamente contro il PKK, unico a resistere anche se armato di vecchi kalashnikov, con zero o quasi supporto aereo da parte della coalizione internazionale e le frontiere alle spalle chiuse dall’esercito turco, che permetteva il passaggio all’ISIS ma lo impediva alla guerriglia curda, sabotandone coscientemente la resistenza.
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