Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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Periodicamente i mezzi di comunicazione, in particolare alcune trasmissioni televisive parecchio seguite, pongono all'attenzione pubblica casi di suicidio di imprenditori o commercianti per sopraggiunte cartelle esattoriali, o comunque di imprenditori, commercianti o artigiani ancora vivi ma in lotta con il fisco.
La narrazione è sempre la stessa: un imprenditore (presentato come buono) vessato dal fisco, da un lato, mentre dall'altro, lo Stato ed Equitalia che, crudeli e senza cuore, lavorano alacremente per farlo fallire, o addirittura ne causano la morte.
Il racconto presentato così è semplice, lineare, sarebbe mostruoso mettervisi contro. Eppure in tutti questi racconti, che sfruttano a piene mani l'avversione di larga parte del mondo piccolo-imprenditoriale alla tassazione (in qualsiasi forma e misura), manca l'indicazione del comportamento alternativo che avrebbe dovuto assumere lo Stato o l'ente riscossore.
Oramai da molti anni, tutti i principali Paesi capitalistici hanno prodotto legislazioni sul lavoro sempre più svilenti, con l'obiettivo di permettere alle imprese di competere sui mercati nazionali ed internazionali comprimendo i salari ed avendo a disposizione una massa di disperati pronti ad accettare ogni condizione.
Una strategia perfettamente in linea con la voracità del sistema capitalistico, un sistema sociale ed economico incapace, per sua natura, di autolimitarsi. Una strategia perfettamente miope, che impedisce, in ultima analisi, lo sviluppo di un solido mercato interno per beni e servizi e che mette, tanto a livello nazionale quanto a quello internazionale, i lavoratori “l'uno contro l'altro come merci nella concorrenza”.
Di Alex Marsaglia per il numero cartaceo di dicembre
L'ultimo studio di ampia portata che tentò di delineare l'impatto del progresso tecnologico e di altre forze come la direzione scientifica del lavoro sullo sviluppo del capitalismo, nell'accezione monopolistica è quello di Harry Braverman nell'ormai lontano 1974. In “Lavoro e capitale monopolistico. La degradazione del lavoro nel XX secolo” l'autore descriveva gli effetti sul processo lavorativo del neocapitalismo, appoggiandosi alla concezione di questo definita nel 1966 da Paul A. Baran e Paul M. Sweezy ne “Il capitale monopolistico”. Nella prefazione al libro di Braverman, lo stesso Sweezy ricordava come non vi fosse altro argomento tanto importante per il capitalismo come quello di nascondere la verità sulla natura del lavoro e la composizione della classe lavoratrice, rimproverando “l'ingenuità di aver tranquillamente bevuto il mito di un enorme declino della percentuale di forze di lavoro non qualificate negli ultimi cinquant'anni”.
La storia è piena di strane coppie. Nella vita reale, nello spettacolo, nella letteratura, nel mito e anche in campo motoristico e dell’industria meccanica o di altri rami mercelogici: Castore e Polluce, Eurialo e Niso, Cosma e Damiano, Bibì e Bibò, Romolo e Remo, William Hanna e Joseph Barbera, Oscar Madison e Felix Unger, Franco Franchi e Francesco Ingrassia, René Goscinny e Albert Uderzo, Stanley Jefferson Laurel e Oliver Norvell Hardy, Pat Garrett e Billy the Kid, Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi, Sundance Kid e Butch Cassidy, Horace Smith e Daniel Wesson, Bonnie Elizabeth Parker e Clyde Chestnut Barrow, Sussi e Biribissi, Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, Guido Scarnicci e Renzo Tarabusi, Paul Simon e Art Garfunkel, William Harley e Arthur Davidson, Settimio Baschieri e Guido Pellagri, Digerini e Marinai. Ci sono anche coppie più tradizionali: Orfeo e Euridice, Elena e Paride, Piramo e Tisbe, Tristano e Isotta (lei era di una grande famiglia di industriali i Fraschini), Werher e Lotte, Dante Alighieri e Beatrice Portinari, Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti, Abelardo e Eloisa, Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, Napoleone Bonaparte e Josephine Beauharnais, Francesco Petrarca e Laura de Nove cg. de Sade, …
Le vicende del commissariamento del'Ilva, della sua gestione non proprio brillante, e adesso della sua vendita (pur non essendo, tecnicamente, stata espropriata) rappresentano lo spreco di un'opportunità che lo Stato, qualora non fosse stato guidato da personaggi animati da cieca furia liberista, aveva il dovere di cogliere.
La giusta preoccupazione degli operai dello stabilimento di Cornigliano (bloccato dagli stessi in queste ore) ci mette di fronte alla lucida visione d'insieme, sulle problematiche industriali italiane, che viene fuori dal “semplice” timore per il proprio posto di lavoro.
In Xylella veritas?
Ci sono regioni di questo paese trainate (non è un eufemismo) da prodotti tipici e altamente riconoscibili. Territori caratterizzati da tempo immemore, luoghi da dove arrivano specialità vere e proprie. Uno dui questi è il Salento, l'ultimo lembo della Puglia riconosciuto e tra i più importanti produttori d'olio italiano, competitivo su tutti i mercati, da sempre. Quell'economia, come purtroppo abbiamo imparato ad apprendere è minacciata da una “misteriosa” presenza; il batterio della Xylella. In tanti si sono espressi sulla tragica situazione che attraversa le campagne del Salento, momenti bui per una comunità che vive anche grazie all'olivocultura e che oggi si vede costretta a “ripensare” il proprio futuro.
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