Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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«C’è un interessantissimo testo (“The Entrepreneurial State”: Lo Stato imprenditore, ma titolato in italiano per conformismo intellettuale Lo stato innovatore), sintesi di una ricerca seria, approfondita, portata avanti da Mariana Mazzucato».
A scriverlo è Stefano Fassina, nel suo libro estivo del 2014, Lavoro e libertà.
Il libro rientra anche tra gli acquisti di agosto di Matteo Renzi da presidente del consiglio, con un’improbabile affermazione nell’articolo dell’Huffington Post che conferma l’osservazione riportata qui sopra: «tra i libri anche “Lo Stato innovatore” di Mariana Mazzucato, quasi uno slogan della politica renziana». Per chiunque legga il libro dell’economista italiana che lavora all’università del Sussex (ed è consulente del governo britannico) sarà chiaro che per ora il governo italiano non ha fatto molto altro nella sostanza oltre a proseguire le politiche che nel libro vengono contestate. In una puntata di Otto e Mezzo, dal titolo “Renzi: liberista o socialdemocratico”, in cui Giavazzi apprezza il governo Renzi, Mazzuccato afferma: da parte di Renzi “non ho ancora sentito parlare di un piano di investimento. [...] Il problema è come far venire il lavoro in Italia. [...] Bisogna parlare di una strategia di lungo termine e per ora non ho sentito parlare di questo”. Il giornalismo italiano però non ha tempo di approfondire, dovendo competere con il livello culturale del lettore medio, per provare a peggiorarlo.
Nonostante sia Ferragosto, nonostante con le riforme costituzionali cerchino di far parlare di tutt'altro, alle volte gli scappa proprio. Un po' perché i dati parlano di un'Italia nuovamente in recessione, un po' perché Alfano, con i degni compari, si è sentito un po' messo da parte ed ha ritirato quindi fuori la storia dell'articolo 18 che, secondo Sacconi, “inibisce la propensione ad assumere”.
Un gran parlare di riforma della Pubblica Amministrazione. Il governo di Renzi, mandando avanti il Ministro Madia, ha fatto proprio il luogo comune per il quale il settore pubblico altro non sarebbe che “il male” assoluto di questo Paese. E quindi a pagare i costi della crisi (e della cattiva amministrazione che stiamo vivendo) sono anche gli stessi lavoratori pubblici, per quanto dovrebbero invece godere di condizioni di lavoro ottimali in quanto dipendenti statali. Per quanto il Ministro Fornero abbia rappresentato un personaggio scomodo, che con la sua riforma delle pensioni ha mandato in subbuglio i piani di vita di centinaia di migliaia di lavoratori e nonostante la “patata bollente” degli esodati lasciata in eredità, questo governo non pare avere intenzioni di discostarsi dalla strada indicata dall'ex ministro.
Appare quasi paradossale che in un Paese che subisce la più grande crisi economica degli ultimi decenni tra i principali argomenti in discussione vi siano: la rimozione di un relitto dall'isola del Giglio, i sempreverdi casi di cronaca nera e la riforma del Senato.
Quest'ultimo tema ha oramai assunto la dimensione di una specie di ossessione nazionale tanto nel ceto politico quanto nella strada: un aspetto che la dice lunga sull'impoverimento del livello di dibattito ed analisi nella società.
1) Ragioneria di Stato, INPS e Confindustria lanciano l'allarme: non ci sono più i margini per tenere in piedi il sistema pensionistico, perché si va in pensione troppo presto rispetto alle aspettative di vita. Un discorso già sentito, anche se in forme diverse. Pare quasi che la pensione sia un privilegio e non salario "sottratto" dalla busta paga per essere recuperato in età non lavorativa. A leggere le pagine del Sole 24 Ore emerge quindi che i lavoratori di ieri e quelli di oggi hanno pagato e pagano troppo poco rispetto a quanto percepiscono o percepiranno di pensione: è così?
Direi che Ragioneria, INPS, Confindustria e Governo, non si comportano diversamente da come hanno fatto negli ultimi venticinque anni. Periodo nel quale hanno fatto peggiorare significativamente le condizioni materiali dei lavoratori e dei pensionati. L’allarme è la forma più efficace per chi vuole piegare i suoi avversari, specialmente se questi hanno le idee confuse sugli argomenti in questione. Il fatto che dopo la cosiddetta “riforma” Fornero si continui sulla vecchia strada è un bruttissimo indice. In questi decenni i conservatori hanno ottenuto tutto quello che chiedevano, ciononostante insistono nel dire che si dovrebbe fare di più.
Stando all’ossessiva campagna pubblicitaria a sostegno di Renzi, questi a Bruxelles, presiedendo il Consiglio dei capi di stato e di governo, lo ha giustamente strapazzato, protetto da una Merkel sorridente e da un Hollande entusiasta. Così l’Italia d’ora in avanti verrà rispettata e beneficerà senz’altro di un allentamento dei vincoli di spesa pubblica, in più le daranno un bel po’ di soldi da spendere per la ripresa dell’economia e dell’occupazione. È vero che un paio di riottosi hanno tentato di mettersi di mezzo, Weidmann della Bundesbank, il finlandese Likainen, commissario pro-tempore all’economia (in sostituzione dell’arcigno ultraliberista Olli Rehn): ma Renzi gli ha imposto di non impicciarsi di cose che non li riguardano. La strada dunque è spianata. In cambio l’Unione Europea vuole dall’Italia semplicemente quelle “riforme” che Renzi stesso vuole, quella che toglie di mezzo il Senato e quella che porta alla legge elettorale antirappresentativa concordata con Berlusconi.
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