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Molto si è discusso, e molto ancora si discuterà, circa la Brexit. Con la pistola ancora fumante del referendum, vinto di strettissima misura dai favorevoli all'uscita, è possibile cominciare ad avviare una riflessione che risulterà certamente parziale ma con alcuni punti fermi.
Ad egemonizzare la campagna per l'uscita dall'Unione Europea sono state, quasi esclusivamente, le destre: tanto quelle interne al Partito Conservatore (capeggiate dall'ex sindaco di Londra, Boris Johnson), quanto quelle estreme (dai nazionalisti dell'UKIP di Farage fino ai neofascisti simpatizzanti dell'assassino della deputata laburista Cox) e lo hanno fatto sul loro terreno ideologico: in primo luogo sull'immigrazione.
La Brexit e la crisi della narrazione politica della sinistra
L'egemonia che la destra ha avuto sul dibattito attorno alla Brexit obbliga ancora una volta a chiedersi quale possa essere il ruolo storico della sinistra nel Vecchio Continente. Le difficoltà elettorali e identitarie del Labour Britannico non bastano infatti a spiegare la quasi totale estraneità di una narrazione di sinistra rispetto ai pro e i contro di rimanere in Europa. Se forse è esagerato affermare che il referendum sia stato semplicemente il prodotto di una bega interna al partito conservatore, appare evidente come le destre abbiano completamente monopolizzato la discussione politica riducendola a due posizioni alternative chiare e semplici(stiche): da una parte chi, come Cameron, vuole una Gran Bretagna in Europa per i vantaggi che ne derivano dalla libertà di movimento di merci e capitali e dall'integrazione dei mercati finanziari, e dall'altra chi, come Boris Johnson e Farage, rivendica un Regno Unito indipendente da scelte eterodirette e in grado di esercitare in pieno la propria sovranità.
Instabilità-bis, questa la fotografia che, per la seconda volta negli ultimi sei mesi, ci consegnano le elezioni spagnole. Per quanto concerne la Camera il Partito Popolare del premier Mariano Rajoy si rafforza, rispetto allo scorso dicembre, passando dal 28% (e 123 seggi) al 33% (e 137 deputati). Una marea blu appare sulla cartina spagnola: i popolari sono, infatti, primo partito dalla Galizia fino a Cadice e Granada.
Seconda forza politica i socialisti di Sanchez, che evitano il sorpasso di Unidos Podemos, e, con il 22,6%, ottengono 85 seggi (ne avevano conquistati 90 a dicembre).
Oltre 65.000 cittadini hanno manifestato, lo scorso 19 giugno, a Naha, capoluogo della Prefettura di Okinawa, per ricordare la donna, il cui corpo è stato ritrovato a maggio, violentata e uccisa da un ex marine. “La morte di qualcuno amato lascia alle famiglie una incommensurabile tristezza, dolore e rabbia. Credo sia possibile per Okinawa, se tutti noi ci uniamo, fermare la costruzione della base di Henoko e realizzare una Okinawa libera dalle basi affinché mai più si verifichi un'altra atrocità” ha scritto il padre della vittima in un messaggio indirizzato ai manifestanti.
Per una modifica dello Status of Forces Agreement (l'accordo che fissa lo status giuridico delle truppe statunitensi in Giappone) si è espresso il governatore della Prefettura, Takeshi Onaga.
Si è dimesso, lo scorso 14 giugno, il Governatore di Tokyo, il conservatore Yoichi Masuzoe, dopo che, nelle scorse settimane, si erano levate polemiche circa l'uso di fondi politici per spese personali e per l'incredibile costo, a carico della collettività, delle missioni istituzionali effettuate dall'ex ministro all'estero.
Una mozione di sfiducia, sottoscritta anche dai gruppi di maggioranza (PLD e Nuovo Komeito) era stata depositata martedì scorso. Anche il predecessore, Naoki Inose, liberal-democratico anch'egli, aveva rassegnato le dimissioni dopo essere stato coinvolto in uno scandalo riguardante un finanziamento illecito.
La situazione politica in Perù dopo la sconfitta di Keiko Fujimori
In un clima politico favorevole alle forze politiche di matrice neoliberista e legate a Washington, anche il Perù sembra adagiarsi senza troppa difficoltà al nuovo vento di destra che spira su gran parte dell'America Meridionale.
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