Collocandoci nel campo della sinistra, senza credere che questa categoria non abbia più validità, ci interroghiamo sulla necessità di una sua ridefinizione, confrontando opinioni diverse e percorsi eterogenei che sono alla base della nostra esperienza.
Alcuni spunti per una discussione a sinistra
Dopo tante analisi, dopo tante discussioni, dopo tante accuse alla ricerca di colpevoli senza alcuna autocritica, ci ritroviamo di nuovo a commentare una sconfitta elettorale che sconvolge l'assetto del paese: la sinistra in Italia non esiste nelle testa e nel cuore degli italiani. Se anni fa il problema riguardava la cosiddetta sinistra radicale, oggi coinvolge anche il Partito Democratico.
I giovani salveranno l'Italia?
Giochiamo a carte scoperte. La proposta avanzata dal libro I giovani salveranno l’Italia non convince chi scrive questo articolo.
Ogni commento sarà quindi probabilmente influenzato dalla mancata adesione a una sorta di manifesto politico generazionale lanciato da un gruppo di dieci autori e tre autrici, aderenti al movimento Senso Comune.
Il 14 ottobre 1980 è una data fatidica e tragica per la storia della sinistra in Italia. Una di quelle che sono destinate, quasi per caso, a cambiare profondamente e quesi del tutto gli avvenimenti in un dato periodo storico. Vivendo in un paese con pochissima memoria, penso che molti compagni non abbiano ancora capito a cosa mi stia riferendo. Troppo presi a polemizzare tra piccoli partiti, correre a presso al nuovo miracolo che ci salverà tutti.
Sinistra e popolo
Luca Ricolfi ha uno stile compiaciuto, tipico di chi si pone in maniera provocatoria, perché convinto di dover smascherare un sistema di ipocrisia. Sul Sole 24 Ore è tra le firme capaci di scrivere questioni interessanti, finendo per confessare qualche ingenuità diffusa in quello che potremmo definire l’eterogeneo sistema di pensiero egemone (in cui includere anche le incensate e riconosciute voci fuori dal coro).
Quale processo unitario a sinistra?
1. L’incertezza culturale che sino a tutto agosto ha fatto perdere tempo
I due fattori culturali di quest’incertezza: la complessità della crisi sociale e politica italiana, la vischiosità del rapporto tra posizioni liberal-democratiche ed élites della sinistra politica.
Il primo fattore dell’incertezza è dato da qualità, determinazioni e vissuti popolari della crisi sociale italiana (ma, si dovrebbe aggiungere, dell’intera Europa mediterranea e degli Stati Uniti). In breve, si tratta del quesito se questa crisi risalga semplicemente a una caduta delle condizioni di vita popolari causata dalla perdita di posti di lavoro, dalla precarizzazione della condizione lavorativa, dall’abbattimento dei diritti del mondo del lavoro, dalla gigantesca disoccupazione del Mezzogiorno, dunque risalga un po’ alla storia e un po’ a trent’anni di neoliberismo e di libero scambio incontrollati; oppure se a questa caduta si unisca un ulteriore fattore altrettanto decisivo, quello (recuperando a figure di studiosi che di ciò si occupano anche da tempo) della dissoluzione dei “mondi di vita” popolari e dell’impossibilità di ricostituirli, poiché ogni tentativo in questo senso è automaticamente contrastato dalle condizioni sistemiche create da neoliberismo e libero scambio.
La socialdemocrazia europea nel secondo dopoguerra: dal compromesso sociale su base keynesiana all’accodamento al neoliberismo
Agli esordi di quella che si chiamerà Unione Europea ci sono operazioni, che rispondono primariamente a esigenze di ricostruzione delle economie europee occidentali, devastate dalla guerra, quali la Comunità del Carbone e dell’Acciaio del 1951 e il Piano Marshall del 1947, cioè gli aiuti statunitensi, poi evoluto, l’anno successivo, nell’OECE. Anzi tra i precedenti in assoluto va posto l’accordo italo-belga del 1946, che scambiò 50 mila lavoratori italiani disoccupati, da impiegare nelle miniere di carbone e nella siderurgia del Belgio, con rifornimenti belgi di carbone all’industria e alle abitazioni italiane, e che sfociò nella tragedia di Marcinelle dell’agosto del 1956, 262 morti in miniera, a seguito di un incendio. Con quelle operazioni si trattò, dal punto di vista delle borghesie dei paesi europei occidentali, delle loro parti politiche e degli Stati Uniti, non solo di aiutare popolazioni disperate, alla fame, senza casa, ma anche di evitare che queste condizioni, la disoccupazione, inoltre, come in Italia, l’odio nei confronti di chi la guerra l’aveva voluta e ne aveva approfittato, evolvessero in simpatie di massa anche politiche nei confronti dell’Unione Sovietica, eroica vincitrice al prezzo di 25 milioni di morti della guerra al nazismo, più che nei confronti dei pur prestigiosi e munifici Stati Uniti. Dal lato dell’URSS giocava infatti anche la dominante partecipazione comunista e operaia in quasi tutta Europa alla Resistenza.
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