Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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È davvero una storia singolare quella del Partito Democratico in questi ultimi dodici mesi. Presentatosi alle elezioni con grande sicumera, ne uscì assai malconcio ed ebbe a subire nei mesi seguenti ulteriori rovesci: dall’impasse sull’eventuale governo Bersani con il M5S alle giravolte Marini-Prodi-Napolitano al governo col Pdl: tutti fenomeni che avrebbero dovuto logorare il partito e che – soprattutto i 101 franchi tiratori contro Prodi e il governo di grande coalizione – sono rimasti indigesti al suo elettorato.
A distanza di un anno, invece, il Pd appare aver rafforzato il proprio capitale di influenza politica, e ciò, al di là dell’energia renziana, sostanzialmente per un motivo di sistema: l’immobilismo dei suoi avversari e le loro minori capacità di fare politica.
I lavoratori della scuola pubblica sono senza contratto da cinque anni.
Suona male, abituati all'imperversante coro di disistima che aleggia nei confronti del pubblico impiego da qualche anno a questa parte insieme a quelle critiche circa la funzione del welfare statale, accusato spesso di tralasciare la sua missione tramite ricorso a tecniche di elusione del lavoro, spiegate da autorevoli commentatori con dinamiche pseudo-antropologiche, a tratti vagamente metafisiche.
Intervista al Direttore Dell'Irpet, Stefano Casini Benvenuti
In occasione della presentazione del rapporto Irpet, “la Toscana oltre la crisi”, ci soffermammo sulle parole del Presidente Rossi che richiamava la necessità di “sostenere le eccellenze“(#1) per trascinare il resto” (cfr. Uscire dalla crisi restringendo il campo degli aiuti?).
Il rapporto stesso sottolineava che intorno alle imprese eccellenti “potrà costituirsi una nuova fase espansiva cercando, da un lato, di far fronte alle loro esigenze e, dall'altro, forzando la loro capacità di trasmettere effetti su resto del sistema”.
Abbiamo chiesto al direttore dell'Irpet, Stefano Casini Benvenuti, di ampliare i tratti di quella che inizia a profilarsi come una nuova strategia di politica economica toscana.
In vista dell'iniziativa di sabato 15 febbraio (clicca qui per l'evento Facebook),
vi proponiamo un'intervista a Carlo Formenti uscita su uno dei nostri numeri cartacei
1) Sei stato tra i primi a utilizzare la definizione di “quinto stato”, ormai molti anni fa…
In effetti ho la responsabilità di aver lanciato il termine in Italia, quando, con alcuni giovani amici, misi in piedi un sito che si chiamava appunto Quinto Stato. Con quel termine mi riferivo ai nuovi strati di classe emersi con la Nuova Economia, gli stessi che altri chiamavano classe creativa, classe hacker o lavoratori della conoscenza. Sostanzialmente si trattava dei tecnici che operavano nella produzione di hardware e software, con un forte riferimento alla
“Che si parli di me, nel bene o nel male, purché se ne parli” frase famosa, fatta pronunciare a Dorian Gray da Oscar Wilde, che ha assunto in politica un valore enorme. L’importante non è il giudizio che di te (o del tuo partito) viene dato, ma il fatto che di te (o del tuo partito) se ne parli. In definitiva meglio l’attacco, la critica spietata, al limite la contumelia, che non l’indifferenza e il silenzio.
Secondo un rapporto dalla commissione lavoro della Camera dei Deputati, in Italia ci sono 7 milioni di “soggetti in situazione di disagio occupazionale”. In questo contesto esiste una questione generazionale che caratterizza il nostro paese: siamo la realtà europea dove per un giovane è più probabile rimanere disoccupato, rispetto alle altre classi di età. Non solo, siamo l'unico caso di tutto il vecchio continente in cui ci sono più "scoraggiati" (2,9 milioni di persone che non cercano più impiego) che disoccupati (2,7 milioni).
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